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Valentina Tamborra: «la fotografia, una scelta di vita»

bimbi rifiuti

“La scelta non è mai tra un disvalore e un valore. Scegliere significa avere davanti due cose di valore e optare per quella che, tra le due, ha maggior valore per te". Ha risposto così, la milanese Valentina Tamborra, quando don Pietro Cesena, parroco dei Santi Angeli Custodi di Borgotrebbia a Piacenza, il 25 novembre nel salone parrocchiale, le ha chiesto di raccontare la scoperta della sua vocazione.

Valentina è fotografa, fotoreporter, autrice freelance e giornalista pubblicista. È docente di fotografia all’Istituto Italiano di Fotografia di Milano e collabora con IED e NABA per workshop e lezioni. Collabora inoltre con ONG e enti come Medici Senza Frontiere, Croce Rossa Italiana ed Emergenza Sorrisi. I suoi progetti, mescolanza di immagine e narrazione, sono spesso oggetto di mostre; la prossima si terrà al Museo di Roma in Trastevere.

"Avevo il mio stipendio, ma cercavo di incontrare l'altro"

“Lavoravo nel mondo della pubblicità - ha continuato Valentina - e avevo il mio stipendio mensile che mi permetteva di vivere tranquillamente. Eppure, era una vita che non mi riempiva. Sentivo che qualcos’altro mi chiamava. Non ero certa che a chiamarmi fosse la fotografia ma sapevo di voler raccontare storie. Volevo incontrare l’altro per ascoltarlo e poi raccontarlo. In quest’epoca che ci vuole tutti bocche parlanti, io volevo essere occhio e orecchio. Così, per un po’ ho vissuto in una surreale doppiezza, divisa tra quella che sentivo essere la mia vocazione e giornate d’ufficio per le quali non provavo interesse alcuno. Cercavo di far convivere le due cose ma, a un certo punto, ho deciso di scegliere una volta per tutte la pienezza, la totalità del mio essere e, così, mi sono licenziata. Vedete - ha detto guardando sorridente i presenti - prima o poi si diventa quello che si vuole diventare. L’istinto di sopravvivenza spesso ci tiene lontani dalla meta ma, se si ha una strada designata, alla meta in qualche modo si arriva. È solo questione di tempo".

Un cambio di prospettiva

Le storie e i volti che Valentina ama raccontare e immortalare si trovano ai confini del mondo. Come lei stessa ha detto, le storie più interessanti sono quelle quotidiane a cui nessuno da peso, quelle ai margini. MARGINE, una parola che accomuna tutti i suoi viaggi e che si porta dietro fin da bambina. Cresciuta in un quartiere milanese di confine, sa bene quanto il confine sia scomodo e possa fare paura ma sa anche quanta solidarietà e apertura verso l’altro si possa trovare.
“Non è un muro di cemento, ma una frontiera valicabile, permeabile, un luogo di incontro e non di divisione. Basta pensare a quanto sia facile ritrovarsi improvvisamente nei panni di chi sta dall’altra parte” - ha ribadito la fotografa-. È stata in paesi di guerra, in miniere 2mila metri sotto il permafrost, nei paesi più poveri del mondo, tra le macerie lasciate dai terremoti e, in una delle più grandi discariche, in Kenia, ha visto bambini essere identificati con i rifiuti di cui si cibavano.
“Io documento il dolore degli esseri umani perché è necessario che se ne parli e cerco di farlo con dignità, ossia con la consapevolezza di aver di fronte persone vive, non manichini. Il mio compito principale è pero restituire la bellezza, la dignità, la resistenza che ho trovato ovunque, soprattutto nei luoghi più terribili. Pensi che l’altro non possa che essere disperato e, invece, intanto che lo immortali ti accorgi di quanto sia sereno e felice. Ricordo sempre Polin, una donna africana che cantava lodando il Signore per averle donato una baracca di lamiera di quattro assi. È un lavoro il mio o, per meglio dire, una vita che impone un cambio di prospettiva".

Cittadina del mondo

È una vita che presenta il conto e, il prezzo da pagare, come ha spiegato Valentina, non è basso. “Sono passata dal vivere secondo certezza al vivere nell’incertezza. Devo procurarmi da lavorare giorno dopo giorno e non esiste tempo libero, né festività perché ogni giorno può essere quello buono per esserci per l’altro e mettersi in ascolto. Sono spesso assente dai momenti importanti dei miei cari, a migliaia di km da loro. Mi sento cittadina del mondo e so di avere una casa ovunque io vada, ma la solitudine la provo. Ho bisogno anche io di un orecchio teso ad ascoltarmi e di qualcuno che faccia da contenitore al posto mio, ma non è sempre facile trovarli. È una vita che non ti permette di essere debole e i problemi devi risolverteli da sola. Ogni giorno poi mi scontro con l’etica, chiedendomi cosa sia giusto e cosa sbagliato. Detto questo, è una scelta di vita che rifarei all’istante perché sono sempre dove il mio cuore vuole essere e, se anche morissi ora, morirei felice e senza paura, certa di aver vissuto pienamente".

Elena Iervoglini

Pubblicato il 29 novembre 2021

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Nella foto, uno scatto di Valentina Tamborra

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