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I Corali, padre Davide da Bergamo cambiò volto alla vita musicale della Basilica

Laura Bonfanti Luigi Swich Pietro Coppelli copia


I Corali di Santa Maria di Campagna sono stati illustrati dall’esperto Luigi Swich, nella  Sala del Duca, per “I Giovedì della Basilica”
, appuntamento inserito nel programma di Celebrazioni dei 500 anni del santuario mariano a cura della Comunità francescana e della Banca di Piacenza. Dopo il saluto del condirettore della Banca Pietro Coppelli, Laura Bonfanti, introducendo il relatore, ha ricordato come la collezione di antifonari e i graduali conservati dai Frati Minori annoveri circa 30 volumi, alcuni dei quali esposti anche nella mostra dell’aprile scorso, che contengono le parti cantate della liturgia e, in passato, erano abitualmente collocati nel coro sopra un leggio (il cosiddetto badalone), per far sì che tutti i cantori potessero leggerli. «I volumi più antichi - ha proseguito la dott. Bonfanti - sono su pergamena mentre quelli più recenti su carta, spesso racchiusi entro una coperta di pelle con fregi in bronzo. La grande cura con cui venivano realizzati è testimoniata anche dalle preziose decorazioni a mano che li adornavano: ne sono un esempio gli eleganti capolettera e le raffinate miniature dai vivaci colori, alcune realizzate con foglie d’oro».

Il dott. Swich, ispettore onorario delle province di Piacenza e Parma per gli organi storici, ha spiegato che «il ricco fondo musicale, custodito dai Frati, è stato costituito tra la fine del Settecento e tutto l’Ottocento prevalentemente a cura di padre Davide da Bergamo» che, arrivato nel 1818 nel convento piacentino, nei suoi 45 anni di permanenza in questa comunità religiosa cambiò volto alla vita musicale della
Basilica operando di fatto anche come attivissimo maestro di cappella. «In Santa Maria di Campagna - ha riferito il dott. Swich - la cura del culto sotto il profilo musicale era prevalentemente basata sul canto gregoriano e sull’organo, mentre la musica cosiddetta figurata o polifonica veniva ritenuta necessaria solo in sporadiche occasioni (quaresima, Quarant’ore, anniversari di canonizzazione di santi francescani, festa dell’Annunciazione, celebrazioni legate alla casa regnante dei Farnese), per le quali anziché ricorrere a un musicista fisso e stabilmente remunerato si preferiva ingaggiare un maestro di cappella della città, per lo più della cattedrale, con relativi strumentisti. Ma non si pensi affatto a un livello qualitativamente basso».

Entrando nel dettaglio, l’oratore ha spiegato che la comunità francescana piacentina ritenne all’epoca necessario, per la preghiera quotidiana collettiva, dotarsi di grandi codici pergamenacei destinati sia ai canti dei salmi nella liturgia delle ore - ovvero le otto ore canoniche nella quali ogni comunità monastica e conventuale si ritrovava in coro per pregare cantando: mattutino (prima dell’alba), lodi (all’alba), ora prima (6), ora terza (9), ora sesta (12), ora nona (15), vespri (al tramonto) e compieta (prima di coricarsi) - denominati Antifonari sia ai canti della messa. In quest’ultimo caso i codici prendono il nome di Graduali, in quanto contengono sia le parti fisse (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Benedictus, Agnus Dei e Ite missa est) che le parti mobili (Introito, Graduale, Tratto, Alleluja, Offertorio, Communio).

Pubblicato il 13 maggio 2022

Nella foto, da sinistra Laura Bonfanti, Luigi Swich e Pietro Coppelli.

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