«Biblia» in Santa Brigida
Al via nel salone di Santa Brigida il primo dei quattro incontri del ciclo “Biblia”. Il libro del Qoèlet – conosciuto in precedenza anche col nome di “Ecclesiaste” - è stato infatti al centro della discussione tenutasi nella serata del 4 febbraio, con mons. Giuseppe Busani, parroco di Castel san Giovanni.
Il libro – tra i più controversi ed aperti ad interpretazione nell’intero panorama delle Sacre Scritture – è stato affrontato da mons. Busani seguendo una suddivisione per aree tematiche. L’obiettivo del libro, come dice l’autore in apertura, è cercare di esplorare e ricercare con saggezza il perché delle cose. Il contesto storico – culturale in cui viene redatto il libro – III secolo a. C. - è quello che vede l’incontro tra tradizione ebraica e cultura ellenistica, e che contribuisce a dare al testo la sua conformazione peculiare: “Chi scrive si trova a dover operare un discernimento tra la sua religione ebraica e le provocazioni che provengono dalla cultura filosofica greca – ha spiegato mons. Busani –. Ne risulta una lettura interessante, in quanto “critica” verso tutte e due queste visioni della realtà. In sostanza si lascia provocare dal mondo “nuovo” greco al fine di reinterpretare la propria tradizione di fede. La preoccupazione del Qoèlet – ha aggiunto – è quella di essere attento all’esperienza concreta, quindi all’esplorazione, alla ricerca, non dando niente per scontato ed uscendo dai luoghi comuni. Il filone del libro è per il relatore quello che porta dalla scoperta della finitudine dell’esistenza da parte dell’uomo – idea che nel tempo a portato ad etichettare il libro come scettico, pessimista o addirittura nichilista – al raggiungimento della “gioia nel cuore”, che arriva necessariamente passando per ciò viene chiamato “timore di Dio”.
“In Qoèlet emerge l’esperienza umana del limite – ha evidenziato mons. Busani -, un’esperienza che non porta al pessimismo o al nichilismo, bensì ad aprire la vita a relazioni più grandi. Il limite, diventa un appello alla relazione, e non è da intendersi meramente come sconfitta della ricerca. Qoèlet – ha continuato - non ha paura di andare controcorrente, fa una ricerca audace, ha le domande della cultura greca ma non ne è succube, ha la tradizione ebraica ma non la dà per scontata. È un realista, ma al contempo un uomo di fede, un relativista credente, ovvero uno che ha il senso del limite ma lo vuole vivere in modo relazionato”. Ecco quindi spiegato il significato del “timore di Dio”, visto come “una relazione rispettosa, ma stupita, con Dio. Non si usa la conoscenza di Dio per arrivare ai propri scopi – ha insistito mons. Busani – ma al contrario è necessario lasciarsi sorprendere. Per vivere con gioia bisogna passare dalla logica del profitto alla logica del dono. Infatti, chi si affanna ad afferrare tutto, scopre che tutto è vano e inutile.
Diversamente – ha proseguito - chi considera l’opera di Dio come dono non meritato, scopre che la vita non è poi così brutta. Ecco l’atteggiamento del timore di Dio: questo termine significa, in definitiva, non la paura verso il Signore, ma piuttosto che l’uomo deve ridimensionare le proprie pretese di assolutezza, pur tuttavia non rimanendo inerte. Si tratta di un affettuoso rispetto, ma soprattutto della capacità di lasciarsi sorprendere da Dio, non afferrandolo per poi strumentalizzarlo.
L’uomo che vive così – ha commentato mons. Busani - citando il versetto 19 del capitolo 5 del libro- “non penserà troppo ai giorni della sua vita, perché Dio lo occupa con la gioia del suo cuore”. Dio occupa quindi con la “gioia del suo cuore” lo spazio che l’uomo lascia libero dalla sua pretesa di volere pensare troppo al presente, al passato e al futuro.
Questi i prossimi appuntamenti con le letture dell’Antico Testamento nel salone di Santa Brigida a Piacenza; orario, ore 21:
Lunedì 11 febbraio “Salmi” relatore Don Paolo Mascilongo
Lunedì 18 febbraio “Giobbe” Don Paolo Caminati
Lunedì 25 febbraio “Genesi” relatrice prof.ssa Donata Horak.
Pubblicato il 6 febbraio
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