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Mons. Busani: l'evangelista Giovanni, un testimone amato e indispensabile

busani

In Collegiata a Castel San Giovanni si è tenuto il primo incontro del percorso biblico dedicato alle figure del Nuovo Testamento.
Il relatore, mons. Giuseppe Busani, parroco della comunità castellana, ha dato avvio al ciclo di incontri con una prima serata volta a presentare, con la lettura di alcuni brani neotestamentari, la figura dell’evangelista Giovanni come “testimone gioioso e coraggioso, perché affezionato” e indispensabile per la Chiesa.
“Giovanni, nei primi dodici capitoli del quarto Vangelo, è sempre chiamato 'l’altro' – commenta Busani – e sta sempre con altri discepoli". È presente sin dall’inizio, ma la sua è una presenza anonima, defilata: non sta al centro, ma lascia il posto e assorbe tutto ciò che può imparare da Gesù.
“Vive una ferialità silenziosa: è come una spugna, sempre legato agli altri, e chiama anche noi a essere così". 
Nel tredicesimo capitolo, però, qualcosa cambia: Giovanni non è più “l’altro”, ma “il discepolo amato”. Proprio nella notte del tradimento, in una situazione di grande difficoltà sia per Cristo sia per gli apostoli, Giovanni splende come colui che si lascia sempre amare senza ostacoli, che “vive perché rivolto all’Altro”.
Si china sul petto del suo Maestro e, in questo legame, solo lui riceve la rivelazione: Giuda lo tradirà. Ai piedi della Croce poi, grazie alle parole di Gesù che creano legami, Giovanni entra nella Sua famiglia e diventa anche lui figlio di Maria: è l’inizio della Chiesa. Il giorno dopo, mentre corre verso il sepolcro, Giovanni è sia “l’altro”, sia “il discepolo amato” e, a differenza di Pietro che osserva solamente, lui vede e crede. Infine, al lago di Tiberiade, Gesù conferma la necessità di una figura come Giovanni, che deve rimanere fino alla fine.
Serve cioè “uno che resta anonimo, ma vive di relazioni e testimonia la fede come contatto, affetto e relazione". Si completa così il triangolo delle immagini della vera Chiesa: Maria, Pietro e Giovanni. Proprio quest’ultimo, conclude mons. Busani, “è la figura del discepolo, del credente: siamo chiamati a diventare così, come lui. Si lascia amare, non pone ostacoli e ci rivela come vivere il rapporto con Gesù, in una relazione più affettiva che conoscitiva".
 

Pubblicato il 10 ottobre 2019

 

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