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Lesbo, il Papa: "Ho visto tanto dolore!"

aereoLesbo

“Ringrazio quanti hanno accompagnato con la preghiera la visita che ho compiuto ieri nell’Isola di Lesbo, in Grecia”.
Sono le parole pronunciate dal Papa dopo il Regina Coeli di domenica 17 aprile, in cui ha fatto cenno al viaggio-lampo del 16 aprile, già entrato nella storia.

“Ai profughi e al popolo greco ho portato la solidarietà della Chiesa”, ha riassunto: “Erano con me il Patriarca Ecumenico Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos di Atene e di tutta la Grecia, a significare l’unità nella carità di tutti i discepoli del Signore”.
“Abbiamo visitato uno dei campi dei rifugiati”, ha proseguito: “Provenivano dall’Iraq, dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Africa, da tanti Paesi... Abbiamo salutato circa 300 di questi profughi, uno ad uno. Tutti e tre: il Patriarca Bartolomeo, l’arcivescovo Ieronymos ed io”.
“Tanti di loro erano bambini”, la sottolineatura del Papa: “Alcuni di loro – di questi bambini – hanno assistito alla morte dei genitori e dei compagni, alcuni morti annegati in mare”.

“Ho visto tanto dolore!”, il grido da Lesbo: “E voglio raccontare un caso particolare, di un uomo giovane, non ha 40 anni. Lo ho incontrato ieri, con i suoi due figli. Lui è musulmano e mi ha raccontato che era sposato con una ragazza cristiana, si amavano e si rispettavano a vicenda. Ma purtroppo questa ragazza è stata sgozzata dai terroristi, perché non ha voluto rinnegare Cristo e abbandonare la sua fede. È una martire! E quell’uomo piangeva tanto...”.

Intanto sono state rese note le storie delle tre famiglie di profughi siriani che il Papa ha portato con sé in Italia.
Le riporta il quotidiano Avvenire sul suo sito www.avvenire.it .

“Hasan e Nour sono due sposi, entrambi ingegneri di Damasco, con il figlio di 2 anni. Vivevano in una zona periferica della capitale, Al Zapatani, molto a rischio perché viene bombardata continuamente. Insieme al bambino sono fuggiti verso la Turchia, dove hanno preso un gommone per arrivare a Lesbo”.
La seconda coppia è composta da “Ramy e la moglie Suhila, entrambi cinquantenni, hannno tre figli. La famiglia viene da Deir Azzor, la zona conquistata dal Daesh. Lui era insegnante, lei sarta, e sono fuggiti perché la loro casa è stata distrutta. Sono arrivati in Grecia nel febbraio 2016 passando per la Turchia”.
Infine, la terza famiglia “è quella di Osama e Wafaa e dei loro due figli. Vivevano in una frazione di Damasco, Zamalka, la loro casa è stata bombardata. La mamma ha raccontato che il bambino più piccolo si sveglia tutte le notti, è terrorizzato da qualsiasi cosa, e aveva smesso per un po’ di tempo anche di parlare”.

“Tutte le carte sono in regola: i documenti, lo Stato vaticano, italiano e greco hanno dato il visto. Sono accordi presi dal Vaticano con la collaborazione della Comunità di Sant’Egidio. Sono ospiti del Vaticano e si aggiungono alle due famiglie già ospitate dalle parrocchie vaticane” ha affermato Papa Francesco conversando con i giornalisti durante il volo di ritorno da Lesbo a Roma, rispondendo a una domanda sui dodici profughi musulmani siriani portati sull’aereo.
Perché privilegiare tre famiglie musulmane?
A questa domanda Francesco ha risposto: “Non ho fatto distinzioni tra cristiani e musulmani, queste tre famiglie hanno le carte in regola e si poteva fare. C’erano due famiglie cristiane che non avevano i documenti in regola... Tutti e dodici hanno la documentazione in regola. Non è un privilegio, tutti sono figli di Dio”.

Sempre durante il volo di rientro in Vaticano, interpellato sull’eventuale fine di Schengen e del sogno europeo il Pontefice ha riconosciuto l’esistenza in Europa di “ghetti” e ha risposto: “Non lo so, ma io capisco i popoli che hanno una certa paura. Dobbiamo avere una grande responsabilità nell’accoglienza e uno degli aspetti è proprio come si integra questa gente. Ho sempre detto che fare muri non è una soluzione, abbiamo visto il secolo scorso la caduta di uno di questi muri... Non si risolve niente. Dobbiamo fare ponti, ma i ponti si fanno intelligentemente, col dialogo, l’integrazione. Io capisco un certo timore, ma chiudere le frontiere non risolve niente, perché quella chiusura alla lunga fa male al proprio popolo e l’Europa deve urgentemente fare politiche di accoglienza, integrazione, crescita, lavoro e riforma dell’economia. Tutte queste cose sono i ‘ponti’ che ci porteranno a non fare muri”.

Il Papa ha poi preso dei fogli con i disegni che gli sono stati regalati dai bambini del campo profughi di Moria: “Dopo quello che ho visto, che voi avete visto, in quel campo rifugiati, c’era da piangere. Ho portato dei disegni per farveli vedere. Ecco: Che cosa vogliono i bambini? Pace. È vero che nel campo hanno corsi di educazione, ma che cosa hanno visto quei bambini... Qui si vede un bambino che annega”, dice mostrandolo. “Questo hanno nel cuore. Hanno in memoria questo e ci vorrà del tempo per dimenticare. Uno ha disegnato il sole che piange”, dice Francesco: “E se anche il sole è capace di piangere, anche a noi una lacrima ci farà bene”.

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