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«Non puntiamo il dito contro gli adolescenti»

 don Paolo carrara

“Gli adolescenti sono croce e delizia per tutti gli educatori! Hanno momenti di slancio e poi di distacco. A volte non ti salutano neanche più… Ma questo appartiene alla natura stessa dell’adolescenza”. Sono le parole di don Paolo Carrara, presbitero della diocesi di Bergamo, insegnante di Teologia Pastorale presso la Scuola di Teologia del Seminario di Bergamo, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bergamo e il Ciclo di Specializzazione della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. Il sacerdote bergamasco ha guidato l’incontro, il 23 febbraio, “Credo in Dio ma non credo nella Chiesa” del Corso per Educatori, organizzato dal Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile Vocazionale.


“Non bisogna puntare il dito contro gli adolescenti - ha affermato don Carrara - perché sono indifferenti o disinteressati, ma guardando a loro è opportuno ripensare a noi stessi e chiedersi cosa significa una chiesa con e per gli adolescenti”.

Oggi la figura del padre simbolico del passato - per il religioso - è stata sostituita dalla madre virtuale che, pur lavorando, ha il controllo totale sul figlio con le chiamate, le chat e il registro elettronico.

Siamo di fronte ad uno scenario del tutto nuovo - per don Carrara - e gli adolescenti capiscono se hanno davanti una presenza di educatore significativa o se c’è una maschera. Ci vuole una comunità adulta importante e rilevante.

“Mi arrangio io con Dio”, dice l’adolescente e ogni mediazione da quella rituale a quella dei ruoli oggi è in crisi. “I ragazzi vogliono - ha evidenziato don Paolo - informazioni in diretta senza intermediazioni”.

UNA CHIESA PER GLI ADOLESCENTI 

È necessario - per il teologo - un ripensamento pastorale. La cultura odierna - ha affermato il sacerdote - incide molto sull’immaginario e l’emozioni più forti le trasmettono le serie TV e i cantanti.
La proposta pastorale deve entrare nella dimensione fondamentale della vita con le sue luci e le sue ombre. “È qui che bisogna raccontare Gesù, - ha sottolineato il pastoralista -, far comprendere che lui è presente nelle croci e nei problemi dei giovani. Dentro ogni adolescente c’è un mondo, c’è una serie di slanci e di potenzialità. In alcuni riconosciamo un desiderio di Dio, in altri un sogno di fraternità, in altri un desiderio di vita diversa. La chiesa non può scappare da queste situazioni che i ragazzi vivono e deve saper offrire un loro racconto vivo di Gesù di Nazaret”.

UNA COMUNITÀ ADULTA

“Un adolescente non è capace di una sintesi, - ha affermato il sacerdote di Bergamo - ma va aiutato a vedere che c’è una bellezza, radicata nella fede, nella comunità cristiana”.
La comunità adulta deve esprimere una vita cristiana affascinante e il giovane - per don Carrara - deve entrare in contatto con la suggestione di figure radiose.
É questa la provocazione che - secondo il presbitero - l’adolescente deve sentire per scoprire che la vita diventa bella nel momento in cui si esce dal proprio guscio.

Pubblicato il 25 febbraio 2021

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