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Dal Medio Oriente alla GMG di Cracovia. Per non sentirsi più soli

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Da Beirut, da Gerusalemme, da Gaza, da Amman, da Betlemme, da Haifa, da Baghdad, da Erbil, da Aleppo: tutti con un grande desiderio nel cuore: vedere e toccare Papa Francesco, ascoltare le sue parole e essere, nel contempo, abbracciati dal mondo. Alla Gmg di Cracovia ci saranno anche i giovani del Medio Oriente con tutto il loro carico di difficoltà da vivere quotidianamente a causa di tensioni, guerre, conflitti, instabilità, paura. Sulle orme di san Giovanni Paolo II, di santa Faustina, per testimoniare ai loro coetanei del mondo "che si può vivere la speranza cristiana anche nelle condizioni difficili che ci troviamo a vivere. Non occorre fuggire, emigrare per poter vivere il dono della gioia cristiana nei luoghi dove siamo nati".

Per qualche giorno si lasceranno alle spalle le loro terre segnate dalla guerra e dalle violenze inaudite dello Stato islamico (Siria e Iraq), da conflitti irrisolti (tra israeliani e palestinesi), dall’instabilità e da migrazioni più o meno forzate (Libano e Giordania).
Non è nemmeno la paura di attentati e del terrorismo a fermare i giovani mediorientali nella loro strada verso la Gmg di Cracovia. in fondo, dicono ridendo, “ogni giorno viviamo nella paura di essere colpiti”. Voleranno a Cracovia dove “orgogliosi mostreranno i loro vessilli, e uno in particolare quello con la Croce di Gerusalemme, simbolo della Terra Santa. Tutti uniti sotto la Croce”.
Per molti di loro essere tra i giovani di tutto il mondo è “il modo migliore per scacciare la paura di restare soli, di essere abbandonati ad un destino duro da capire, soprattutto quando davanti hai violenza, tensioni, instabilità e insicurezza” racconta suor Maria Ester Bisharat, che guiderà i giovani da Israele, che insieme a quelli dalla Palestina, formeranno il gruppo dalla Terra Santa.
“Non c’è paura che tenga, il terrorismo non può vincere. La nostra presenza deve servire anche a scacciare la paura dei giovani che vengono da tutto il mondo. La gioia e l’attesa sono molto più forti”.

Dalla Galilea si muoveranno nei prossimi giorni circa 200 giovani di rito latino e greco cattolico. A questi va aggiunto un numero imprecisato di coetanei appartenenti ai movimenti ecclesiali.
I giovani palestinesi saranno altri 200, in gran parte da Gerusalemme e Betlemme. Cinque o sei sono di Gaza. Potranno partire grazie al permesso concesso dalle autorità israeliane. La grande novità è che anche i giovani palestinesi, nonostante i blocchi israeliani, potranno partire dall’aeroporto di Tel Aviv, evitando il tragitto fino ad Amman, in Giordania.
Due i vescovi accompagnatori, monsignor George Bacouni, vescovo dell’Arcieparchia di Acri, Haifa, Nazaret e di tutta la Galilea e monsignor William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme e vicario patriarcale per la Palestina.
Ad attendere il gruppo dalla Terra Santa la diocesi polacca di Szczecin, per il gemellaggio che precede la Gmg.
Il viaggio in Polonia è stato preceduto da una lunga preparazione spirituale e, spiega suor Bisharat, “ci siamo accorti che i nostri giovani hanno grande sete di Dio. In questo tempo abbiamo visto tante confessioni. Siamo missionari della sacralità di questa Terra e i nostri giovani si sentono stimolati. Dico che stiamo già vivendo la grazie della Gmg”. I giovani di Terra Santa sono ora in attesa di sapere “se e quando visiteranno Auschwitz. Molti di loro – rivela la suora – non volevano andare ma poi hanno capito. Vedendo il dolore dell’altro, magari riusciremo a capire quello che accade oggi nella nostra Terra. Gli ebrei hanno sofferto tanto e ciò che fanno ora sono più reazioni che scelte”.
“A Cracovia speriamo di trovare il cuore dei giovani libero dai pregiudizi. I cristiani mediorientali sono arabi ma questo non vuol dire terroristi. Vogliamo trasmettere la nostalgia di Dio che abbiamo dentro di noi. Cerchiamo l’abbraccio di tutti i fratelli, senza paure e pregiudizi”.

Grande attesa anche tra i 200 giovani iracheni in partenza per Cracovia. Soprattutto adesso che hanno saputo che reciteranno la preghiera del Padre Nostro in lingua aramaica, quella di Gesù, durante la Via Crucis con Papa Francesco. A rivelarlo al Sir è il vescovo ausiliare di Baghdad Basel Yaldo, che guiderà, insieme al confratello Bashar Warda, arcivescovo di Erbil, il gruppo formato anche da dieci sacerdoti e sette religiose.
I giovani voleranno il 20 luglio alla volta di Wroclaw per le “Giornate nelle diocesi” per poi arrivare a Cracovia. La maggior parte proviene dalla Capitale irachena, gli altri dalle città di Erbil, Kirkuk, Dohuk, tra loro anche giovani della Piana di Ninive, fuggiti dai villaggi durante l’invasione dello Stato islamico
. “Il portabandiera del gruppo indosserà l’abito tradizionale iracheno – dice mons. Yaldo -. A Cracovia testimonieremo la nostra fede, quella di un Paese in guerra. Ai giovani del mondo chiediamo preghiere e solidarietà. I nostri giovani non devono sentirsi soli, abbiamo bisogno dell’abbraccio spirituale della Chiesa universale. Andiamo a  Cracovia anche per guardare alle sofferenze del nostro Paese e raccontarle ai giovani del mondo. Spero che potremo tutti toccare con mano che si può vivere la speranza cristiana anche nelle condizioni difficili che ci troviamo a vivere. Non occorre fuggire, emigrare per poter vivere il dono della gioia cristiana nei luoghi dove siamo nati”.

Il Paese dei cedri sarà rappresentato da 1200 giovani, di tutti i riti e diocesi, anche appartenenti a dei movimenti ecclesiali. Tra loro anche pochissimi rifugiati siriani e iracheni che sono riusciti ad ottenere il visto di ingresso. Per tutti il gemellaggio con la diocesi polacca di Opole, vicino Czestochowa e Cracovia.
“L’attesa è grande – dice padre Firas Wehbe, coordinatore della pastorale giovanile libanese – ci metteremo sui passi di san Giovanni Paolo II, visitando i suoi luoghi più cari. Entreremo anche ad Auschwitz per pregare per la pace”.
Tre anni di preparazione alle spalle e ora il sogno si sta per avverare grazie anche al supporto della Chiesa cattolica in Libano. La parola chiave di questo tempo è stata “misericordia”. Spiega padre Wehbe: “il nostro Paese è messo a dura prova dalle tensioni regionali e dall’elevato numero di profughi e rifugiati siriani e iracheni. Dobbiamo essere misericordiosi verso il prossimo. La nostra testimonianza a Cracovia sarà anche quella della speranza, di cui tutto il mondo ha bisogno, non solo in Libano e in Medio Oriente. Vogliamo restare nella nostra terra, vivere qui in fratellanza”.
Tra i giovani libanesi anche due disabili ai quali i giovani hanno offerto, grazie a una raccolta fondi, viaggio e partecipazione.

Cento i giovani giordani a Cracovia. “Purtroppo con noi non ci saranno giovani rifugiati siriani o iracheni. Non hanno avuto il visto” dice padre Ala’ Musharbash, cappellano della pastorale giovanile del Paese. “Stiamo ultimando i preparativi. A breve terremo un incontro con l’ambasciatore di Polonia in Giordania, per conoscere meglio questo Paese europeo”.
In Polonia i giovani giordani seguiranno le orme di san Giovanni Paolo II e di santa Faustina, l’apostola della Misericordia. “Andiamo per vivere una grande testimonianza di fede, per ricevere e dare speranza – afferma il sacerdote – viviamo in un Paese segnato dalle tensioni della guerra in Siria, accogliamo tanti rifugiati. Il nostro desiderio più grande è testimoniare la nostra fede ai giovani del mondo e la generosità del nostro popolo. Veniamo anche per dire all’Europa di accogliere i rifugiati in fuga”.

Aleppo chiama Cracovia. Dal Paese afflitto da cinque anni di guerra civile sono attesi a Cracovia alcuni gruppi di giovani. Almeno questo risulta dal Sistema delle iscrizioni alla Gmg. Tuttavia, secondo quanto riferito dal Comitato organizzatore polacco, “fino ad ora le iscrizioni non sono state finalizzate e pagate. Ciò non vuol dire che non ci saranno pellegrini siriani. È possibile che siano iscritti all’interno di gruppi di altre nazioni”.
Sicuro, invece, è il fatto che i giovani siriani di Aleppo, città martire simbolo della guerra, stiano organizzando con i salesiani una Giornata della Gioventù locale, il 29 e 30 luglio, in contemporanea a Cracovia. “Nonostante la guerra – dicono i Salesiani della città – vogliamo lanciare un forte messaggio di speranza a tutto mondo, noi siamo gente di pace e vogliamo la pace”.
Tutto questo mentre la situazione sta degenerando: “siamo nelle mani del Signore e sotto la pietà di chi ha le decisioni. Sappiamo che abbiamo un calice amaro da bere... e quanto amaro!”.

Daniele Rocchi

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