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Il Vescovo a Cives: siamo tutti interconnessi

cevolotto

Si è concluso il ciclo di lezioni Cives, il corso di educazione civica voluto dall’Università Cattolica di Piacenza e dalla nostra Diocesi, ospiti della serata il Vescovo di Piacenza e Bobbio Mons. Adriano Cevolotto, l’avvocato Roberto Rovero, in rappresentanza della Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano e la Professoressa Anna Maria Fellegara Preside della Facoltà di Giurisprudenza ed Economia dell’Università Cattolica di Piacenza.
Il “cambiamento” è stato il filo conduttore del percorso 2020/2021 che ha visto intervenire numerosi ospiti dal mondo dell’economia, della ricerca e del sociale. La recente pandemia ha sicuramente accelerato le normali dinamiche evolutive, dalla riduzione del pendolarismo alla trasformazione dei nostri rapporti sociali ma, come la peste del XIV secolo che ha cambiato radicalmente il destino dell’umanità, aprendo le porte al Rinascimento, anche il Covid-19, che sta già trasformando il nostro mondo, ci chiediamo se sia destinato per certi versi a migliorarlo. Sebbene il coronavirus non abbia colpito la salute mondiale in modo così catastrofico come la peste bubbonica, sicuramente ci costringerà ad un definitivo cambiamento.
Un virus può essere “democratico” rispetto a chi infetta - ricchi o poveri - ma gli effetti che produce sono tutt'altro che equi tra i membri svantaggiati o privilegiati della società e delle nazioni stesse. Il lock-down a livello internazionale e l'effettiva sospensione dell'attività civica e commerciale in interi Paesi, ha fatto da specchio sul funzionamento dei nostri sistemi economici, sociali e politici ed ha forzato l'inizio di un discorso globale su come questi dovrebbero modificarsi. Il Covid-19 ha rivelato le traballanti fondamenta su cui è costruito gran parte di ciò che diamo per scontato nel mondo sviluppato, evidenziando anche i forti contrasti tra i sistemi sanitari nazionalizzati e quelli finanziati dalle assicurazioni private. Dopo gli interventi degli studenti dell’Università Cattolica e del Liceo colombini di Piacenza alla serata conclusiva di Cives, sono intervenuti gli ospiti.

Impegnarsi insieme 

“La fondazione è da sempre impegnata sui temi del welfare, della ricerca, della cultura e oggi con l’impatto del covid ha dovuto riflettere sui suoi scopi per cecare un sistema adeguato che possa permetterci di attraversare questo momento così complicato - afferma l’avvocato Rovero -. Riteniamo che la soluzione non possa essere cercata da soli, ma muovendosi tutti insieme, con un’idea ed una volontà comune collaborando con le associazioni, la curia e le istituzioni, cercando di creare sistemi per aiutare in questa situazione davvero complessa. Abbiamo creato un fondo per la povertà per chi si trova in grave difficoltà, constatando che la pandemia ha aggravato seriamente le differenze sociali. Da soli non si può fare nulla, serve una rete e scopi comuni ed una modalità di realizzazione degli scopi, non è sufficienze la beneficenza ma serve un supporto ed un aiuto per superare questa situazione che crei prospettive e progetti. La Fondazione in particolare ha investito molto nella cultura piacentina e nell’arte, perché pensiamo che attraverso di essa si possano creare sentimenti condivisibili, lo sviluppo culturale del territorio è un nostro obbiettivo che non può prescindere dall’unità delle istituzioni, bisogna immaginare sviluppi futuri creando e sostenendo progetti comuni, scopi comuni attraverso una valorizzazione del territorio della cultura e del bello”.

Università innovazione e miglioramento sociale 

“L’Università cerca d’interpretare autenticamente il proprio ruolo nel contesto del territorio -sostiene Anna Maria Fellegara – e credo abbia una dimensione centrale nella diffusione delle innovazioni e una precisa responsabilità nel doversi interrogare sulla direzione e sul modo con cui raggiungere gli obbiettivi fissati. Il suo compito è quello di accompagnare le nuove generazioni, vere protagoniste del futuro, nella complessità che le attende, saranno richieste specifiche competenze e nuovi profili professionali, sulle spalle dei nostri ragazzi graverà la responsabilità del mondo nuovo, per questo a tutti loro deve essere garantito accesso alle conoscenze e la consapevolezza del compito che li aspetta. Ritengo sia necessario domandarsi, con i diversi interlocutori sociali, cosa serva maggiormente alla loro formazione, innovando le facoltà, reinterpretando le esigenze delle imprese e degli studenti stessi. Nulla sarà come prima e anche l’Università è chiamata al cambiamento. Le città che sul loro territorio non hanno sedi universitarie saranno destinate ad una retrocessione ad un impoverimento culturale, ad una mancanza di stimoli per tutti, perché facendo sistema si realizza un trasferimento di conoscenze sul territorio, una produzione di sapere e di pensiero critico. Difendo gli investimenti sulla ricerca, sostengo maggiore attenzione per gli studenti e rivendico la centralità dell’Università. La povertà non si può combattere solo con misure di sostegno, ci sono diversi modi di spendere i fondi a disposizione, si possono anche sciupare oppure si possono cogliere occasioni come quella dell’innovazione, che attraverso l’Università entra nelle imprese e crea miglioramenti”.

 La pandemia mette in luce le debolezze  umane

“È indispensabile scegliere il cambiamento - sostiene monsignor Cevolotto -, la fatica più grande a volta è quella di riconoscere ciò che necessita di una risposta, ma non è sempre facile perché talvolta incontriamo resistenze diffuse nelle istituzioni. L’attesa di tornare alle nostre abitudini è solo un’utopia, dobbiamo vigilare sulle resistenze passive sia personali che strutturali ed è imprescindibile motivarci sui modi in cui questi cambiamenti dovranno essere sostenuti e governati. In questo momento ci accorgiamo di essere tutti sulla stessa barca in una condizione che ci accomuna nel dramma ma anche nella possibile soluzione dei problemi. Nessun ambito può essere pensato a se stante, una crisi sanitaria è diventata anche una crisi sociale, economica, esistenziale e religiosa, questa unità che è emersa negli aspetti critici ci dimostra che anche le soluzioni possono essere ricercate tutti insieme. Qualunque iniziativa deve essere presa dalle diverse istituzioni intorno allo stesso tavolo, pur con competenze differenti, perché nessuno può procedere da solo ignorando o creando separazioni. Superare i tradizionali individualismi nell’idea di comunità, individuando competenze professionali e morali attorno a cui costruire progetti, questo è fare convergenza. L’esperienza della pandemia ha messo in luce alcune debolezze umane non riconducibili solo ad una sfera personale, le nuove povertà emerse non sono associate solo alla dimensione professionale e lavorativa ma siamo tutti coinvolti, per questo si rende necessario immaginare un futuro nuovo, anche se la progettazione sembra essere resa quasi impossibile, ciò che importa è avviare dei processi guardando la realtà in un modo diverso, attrezzandoci in maniera diversa, anche dal punto di vista della formazione, della flessibilità strutturale e personale, iniziando dei percorsi che strada facendo si orienteranno a seconda di quello che la realtà ci offrirà e ci premetterà di perseguire. Questo tempo ci sta purificando da tante tradizioni e pesantezze, spero che cambi la mentalità di tutti coloro che operano e si attrezzino le nuove generazioni ad assumere nuovi atteggiamenti. Siamo tutti interconnessi e nemmeno la Chiesa può o sottrarsi a tutto questa realtà”.


Stefania Micheli   

Pubblicato il 30 marzo 2021

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