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Don Marco Pozza e la cultura dell'accoglienza

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“Il Samaritano, nella parabola del Vangelo di Luca, vide l’uomo incappato nei briganti e ne ebbe compassione, allo stesso modo, a Piacenza 40 anni fa, qualcuno è passato accanto a persone disabili e si è preso cura di loro”: sono le parole di don Marco Pozza, intervenuto a Piacenza il 26 novembre nella chiesa di San Giuseppe Operaio, per celebrare il 40esimo anniversario di AS.SO.FA, l’associazione piacentina vicina ai disabili e alle loro famiglie.

Accoglienza e integrazione

L’incontro, coordinato da Lucia Bianchini, realizzato per affermare la cultura dell’accoglienza e dell’integrazione rispetto a quella dello “scarto” di cui soffrono disabili e carcerati, ha avuto come ospite don Marco Pozza, figura molto nota in ambito televisivo, un sacerdote della diocesi di Padova, cappellano del carcere di massima sicurezza “Due Palazzi” e conduttore di alcuni programmi in cui ha avuto come coprotagonista lo stesso papa Francesco.

Chi è il mio prossimo?

Abbiamo conosciuto, insieme a mia moglie Rosetta, don Marco e affascinati dal suo carisma lo abbiamo invitato a Piacenza - ha detto Giancarlo Bianchini, presidente di As.so.fa., insignito del premio Antonino d’Oro 2016, che, con passione e generosità, ha speso finora la sua vita nell’educazione dei giovani, nella politica e nel volontariato.
“Chi è il mio prossimo? La cura data e ricevuta”, tema della serata, è stato sviscerato con enfasi e attrazione da don Pozza che ha commentato il brano evangelico del “Buon Samaritano”.
“È facile essere prossimo di un parente, di un amico, di un personaggio famoso, ma di uno per cui provi odio, è molto difficile” - ha affermato il sacerdote a cui è stato affidato il compito di cappellano in un carcere di massima sicurezza.

Episodi di morte e di vita

Don Marco ha posto alla riflessione dei presenti tanti episodi che ha vissuto nella sua esperienza come quello di un uomo con tanti ergastoli da 25 anni in galera, che si è reso conto del male che ha fatto e ne sta prendendo le distanze. Come quello di un uomo semplice, che accompagna il sacerdote in carcere nella celebrazione della messa ed ha capito, a suo modo, la grandezza dell’eucaristia. O come quello di un giovane che ha tolto la vita ad una ragazza e dalla sua testimonianza è nata una delle 14 stazioni della Via Crucis al Colosseo guidata da papa Francesco, in cui ha narrato la sua morte interiore, superata dall’incontro con persone che gli hanno ridato fiducia.

Storiacce

La testimonianza di don Marco si è incentrata su racconti di omicidi, di stupri, di violenze, di abusi su minori: “storiacce”, come le definite il sacerdote.
In questo contesto è emersa la forza del Vangelo e del cristianesimo come incontro con qualcuno che si prende cura e consente di confidare nella misericordia del Padre.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 27 novembre 2021


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