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Come rileggere oggi il Vaticano II?


 venuto



Coniugare “Tradizione” e “Progresso” nella fase post-conciliare. È questo il percorso, non senza ostacoli, presentato sabato mattina da don Francesco Saverio Venuto nella sala degli arazzi del Collegio Alberoni. La recezione del Concilio e le sue interpretazioni negli anni successivi alla sua chiusura sono stati l’argomento della prima tappa del percorso diocesano “Il sogno del Concilio”, che ha come obiettivo la riscoperta del valore ecclesiale del Concilio Vaticano II a 61 anni dalla sua apertura.

Tre tappe
Don Francesco Saverio Venuto, presbitero della diocesi di Torino dal 1998 e storico della Chiesa, attraverso un profilo storico in tre tappe “ermeneutiche” ha evidenziato come la recezione di un evento complesso e importante come il Concilio Vaticano II sia stata un’operazione tutt’altro che lineare. Il Vaticano II senza dubbi ha rappresentato uno degli avvenimenti più significativi della storia più recente della Chiesa e sua parte integrante è la sua recezione negli anni successivi. Essa è parte del Concilio, poiché è il tempo in cui la Chiesa ha ricevuto, interpretato, applicato, esplicitato e sviluppato questo importante avvenimento. Questo vale non solo per il Vaticano II ma per tutti gli eventi conciliari della storia, come già riconobbe il cardinal J. Newman a proposito della fase post-Vaticano I: “Gli eventi posteriori ad un Concilio devono essere considerati come completamento a parte integrante del Concilio stesso”.

L’obiettivo del Concilio: l’aggiornamento
Se questo è il punto di partenza, ha sottolineato don Francesco, si deve anche riconoscere nella relazione Tradizione - Progresso, la dinamica costitutiva della vita stessa della Chiesa nel suo sviluppo storico e, quindi, anche per i suoi eventi conciliari. Fu questa relazione, infatti, a divenire l’oggetto specifico della riflessione del Vaticano II. Già il dibattuto termine “aggiornamento”, coniato da Giovanni XXIII nei suoi principi generali, fu ritenuto già dall’allora teologo Joseph Ratzinger mancante di un criterio applicativo, prestandosi a molteplici e approssimative interpretazioni. Papa Roncalli infatti, si limitò ad indicare nella esplicitazione della dottrina e nella sua trasmissione il “compito” primario del Concilio.
È proprio intorno al significato di “aggiornamento” e alle sue complicanze alternative che si è caratterizzato il percorso ricettivo post-Vaticano II, che Don Saverio Venuto ha schematizzato in tre periodi.
Il primo dal 1965 al 1968, fu da subito segnato da fenomeni apertamente in contrasto con l’intenzione conciliare di segnare un inizio di rinnovamento umano e religioso. Intenzioni non accompagnate da istruzioni esecutive precise portarono ad una sempre più radicale contrapposizione riduttiva della relazione Tradizione – Progresso. Una posizione enfatizzante la Tradizione, ridusse la portata teologica del Concilio fino a deprezzarlo a semplice Concilio pastorale. Viceversa l’accentuazione dei fattori ritenuti “rivoluzionari” vide nel Vaticano II la nascita di una Chiesa ex novo. Tutto questo mentre la Chiesa era attraversata da un forte movimento di contestazione che fece sorgere l’interrogativo se il Concilio fosse direttamente o indirettamente il movente e l’origine della contestazione ecclesiale.

Dal 1968 al ’78
La seconda fase, secondo don Francesco va identificata nel periodo tra il 1968 e il 1978, in cui fu la crisi della Chiesa e la sua eventuale correlazione con il Concilio a catalizzare ideologicamente il dibattito sul Vaticano II. Il tradizionalismo “accusò” il Concilio di aver rinunciato al suo carattere dogmatico, favorendo la confusione. In direzione opposta, il progressismo continuò ad esternare delusione e sospetto di “inversione di marcia” in merito ai pronunciamenti di Paolo VI, esiliando le letture più moderate e ponderate dell’evento conciliare.

Il dibattito più recente

Fu il periodo tra il 1978 e il 2005 a configurare il dibattito riguardante il Vaticano II in chiave più “generosa”, sottolineando l’originalità del Vaticano II in relazione ai concili precedenti e alla sua collocazione nella storia della Chiesa. Il Sinodo Straordinario del 1985 segnò una tappa importante nella recezione dell’evento conciliare a vent’anni dalla chiusura. I vescovi espressero un giudizio complessivamente positivo sul periodo post-conciliare, attribuendo la crisi ecclesiale non al Concilio ma alle sue semplificazioni e selettive letture del testo conciliare, senza voler tuttavia fornire un’interpretazione “ufficiale” del Vaticano II.
Pare dunque evidente come soprattutto nella fase post-conciliare, l’intento di Giovanni XXIII e dei suoi successori di coniugare Tradizione e Progresso abbia incontrato ostacoli e resistenze. Tuttavia di fronte ad una ermeneutica di “rottura”, sostenuta paradossalmente da fazioni opposte, non si può non vedere nel Vaticano II come il più recente testimone della tutela e custodia del patrimonio della fede, poiché in gioco c’è molto più di uno scisma, conclude don Francesco, ovvero l’estraniamento dei fedeli dalla Chiesa.


Pietro Dotti


 
 Nella foto, da sinistra, padre Nicola Albanesi, il vescovo di Fidenza mons,. Ovidio Vezzoli e lo storico della Chiesa don Francesco Saverio Venuto.

Pubblicato il 30 gennaio 2023

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