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Non nascondere
la tua povertà

Dal Vangelo secondo Luca (6,17.20-26)
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante.
C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea,
da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.

Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando
e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame,
a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché,
ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

La nostra vita e la Parola
vg 10feb22Beatitudini. Ascoltiamo questa domenica la versione di Luca delle beatitudini. A dire il vero sono molte le beatitudini nei vangeli e in tutta la Scrittura, ma in questo brano ne sono raccolte quattro che vengono contrapposte a quattro “guai” che sono quattro lamenti funebri. Come i profeti aiutavano il popolo a leggere gli avvenimenti secondo lo sguardo di Dio che illumina l’esito finale di un certo modo di vivere, così le beatitudini sono una lettura della vita dell’uomo che tiene conto dell’azione di Dio. Forse è proprio utile interrogarci su quello che è l’esito della nostra vita, delle scelte che facciamo, delle sicurezze su cui ci appoggiamo.
La storia della salvezza è piena di persone che si sono rifugiate in Dio, che hanno avuto fiducia della sua parola e, al contrario, di uomini che invece hanno confidato in se stessi e nelle proprie alleanze strategiche. Ma per leggere il senso degli avvenimenti è necessario avere un punto fermo che è l’epicentro della realtà, che è il discriminante per comprendere ciò che è utile: questo è il regno di Dio che è Gesù Cristo stesso. O io accolgo questa vita che è giunta a me per mezzo della fede nel Figlio di Dio oppure devo conquistarmi la vita con i mezzi e gli strumenti che ho a disposizione: il possedere (“voi ricchi”), essere soddisfatti (“voi sazi”), divertirsi (“voi che ridete”), essere amati dagli altri (“diranno bene di voi”).
La nostra povertà. Chi ha la propria esistenza tutta presa da questo auto-procurarsi la vita non può che rimanere chiuso dentro a quel recinto: non accoglierà la parola di Cristo e non potrà attendere e ricevere la salvezza che viene dall’altro. Qui non si tratta di essere fortunati o di trovarsi, per qualche congiuntura astrale, dalla parte giusta al momento giusto, ma di riconoscere onestamente e umilmente la fallacia e inconsistenza delle nostre vie per aprirsi a ciò che possiamo accogliere.

Senza la fede, senza l’incontro con Cristo, anche le beatitudini assomigliano a un manifesto ideologico, simile a tanti altri che sono stati sbandierati nella storia dell’umanità. Ma il vangelo non è una ideologia più perfetta di altre e nemmeno un progetto da realizzare dopo averlo attentamente studiato. È a partire dall’incontro con il regno di Dio che ogni uomo può vivere l’esperienza di quella beatitudine che è riservata a coloro che non nascondono a se stessi la loro povertà, la loro fame, il loro pianto e quel vuoto che si manifesta come ricerca di approvazione.
Don Andrea Campisi

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