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Suor Antonella, alla ricerca di un «oltre» nel Carmelo

Suor Antonella

Antonella Bernini, 35 anni, ha fatto il 6 gennaio la professione solenne nell’Ordine delle Monache Scalze della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Il nome da lei scelto è suor Antonella Teresa Sincletica della Carità di Cristo.
A presiedere la celebrazione nella chiesa di via Spinazzi 36 a Piacenza è stato il provinciale dei Carmelitani padre Fausto Lincio.

Ad accompagnare suor Antonella in questo passaggio i familiari, gli amici della Caritas diocesana e di altre realtà in cui ha prestato servizio e di Borgonovo, suo paese natale, rappresentato, fra gli altri, dal parroco don Gianni Bergomi e dal sindaco Pietro Mazzocchi.

La professione solenne – sintetizziamo le parole di padre Lincio – esprime un “oltre” che suor Antonella ha incontrato. La sua vita era piena di tante esperienze positive, ma a un certo punto ha sentito il desiderio di un di più, di un salto, di un incontro personale, profondo e e definitivo con Cristo.
I voti di povertà, castità e obbedienza sono un modo di vivere, attraverso Cristo, il rapporto con la realtà e indicano qualcosa che siamo chiamati a vivere tutti. Ci richiamano che i soldi (povertà), il sesso (castità) e il potere (obebdienza) – ambiti della vita dell’uomo – possono essere vissuti non per affermare se stessi ma nella dimensione del dono.
In questa solennità dell’Epifania i doni che i Magi consegnano a Gesù – l’oro, l’incenso e la mirra – ci richiamano anch’essi a vivere in una logica di amore: l’oro nel rapporto con le cose, l’incenso nel rapporto con Dio e la mirra – l’unguento con cui si ungevano i defunti – che esprime la “ferita mortale” che portiamo dentro di noi. Questa ferita – ha aggiunto padre Lincio – è il nostro limite umano, la nostra piccolezza. Finché teniamo tutto ciò per noi, lo vivremo come qualcosa che ci schiaccia; se invece consegniamo a Dio la nostra ferita, saremo guariti e accompagnati dal suo amore.

suore

Al termine, lo scrittore Matteo Corradini, originario di Borgonovo, ha dedicato a suor Antonella una sua riflessione sul tema dei Magi, che riportiamo.

«IL DONO DELLA STELLA

Mi piacciono i re magi.
Arrivano da Gesù senza merito della fortuna. E senza essere predestinati. Arrivano in tempo perché sanno guardare il cielo. Sanno vedere nelle mille stelle una sola stella importante. E quella stella importante diventa mappa, strada segnata, voglia di uscire di casa.
Arrivano perché guardare il cielo in quel modo significa già andare.

Mi piacciono i re magi.
Perché li descrivono come grandi lettori. Ma soprattutto perché non si presentano a mani vuote, sono convinti di dover portare dei regali.
Mi piacciono perché non sanno che il dono è già tutto avvenuto: è stato il viaggio che li ha portati fino a lì. A far visita a un neonato. Il regalo è stato il panorama che si è trasformato nella loro strada. È stato quel giorno che si è trasformato nella loro storia.

Anche Gesù ha già fatto un regalo a quei tre, senza che se ne siano ancora accorti: quel cielo trasformato in segno, in richiamo, non sarà più lo stesso cielo. Ci vedranno per sempre una stella diversa.

Anche Antonella ci ha visto qualcosa. C’è un panorama diventato per lei strada segnata, la sua strada. C’è un nome che le ha cambiato il nome. C’è una stella diversa dalle altre che brilla per lei. Forse quella stella brillava già nei suoi occhi quando sgambettava da bambina, o quando partecipava a tutte quelle fragili follie che accadevano in parrocchia, non lo sapremo mai.

Tra le statuine del presepio, ce n’è una che mi attrae. Non la si vede sempre, ma spunta solo ogni tanto: è un individuo a piedi, il cui unico motivo per far parte del presepio è tenere per le briglie il cammello di uno dei magi, più spesso quello del saggio canuto Baldassarre. Guardo la statuina e penso che in fondo quell’uomo fortunato, senza avere un uguale desiderio né la medesima intuizione del suo re, senza conoscere le stelle e la geografia, si è trovato testimone dello stesso incontro, dello stesso dono. È uno come gli altri? Non lo sappiamo. Però è stato utile, ha condotto il cammello lasciandosi indicare una via. È arrivato tra i primi alla grotta, ha partecipato a quella felicità: glielo si legge in quel suo volto segnato più dallo stupore che dalla fatica.

Ecco perché siamo qui. Perché Sincletica è una regina maga, e noi siamo portatori di cammelli. Siamo certi di poche cose, ma di questa sì: desideriamo accompagnare il dono di Sincletica, perché è un dono anche per noi.

Desideriamo camminare con lei, perché la sua strada è strada anche per noi. Desideriamo fare silenzio con lei, pregare con lei, perché il suo silenzio è anche il nostro, la sua preghiera è anche la nostra.

Desideriamo guardare il suo cielo, perché nel suo cielo c’è una stella che ci somiglia. E nel nostro cielo, sempre, ci sarà una stella che in fondo al cuore chiameremo Antonella».

Pubblicato il 6 gennaio 2020

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