Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Papa Francesco dietro le quinte

La vaticanista Cristiana Caricato è intervenuta all'inaugurazione della mostra su papa Bergoglio a Palazzo Gotico

caric ud12novossrom

“Misericordia” per la vaticanista Cristiana Caricato (nella foto sotto, al centro) è la parola chiave del pontificato di Francesco, eletto nel marzo 2013 alla guida della Chiesa universale.
Vaticanista di TV2000, la Caricato è stata una degli ospiti alla serata di inaugurazione della mostra “Parole e gesti”, dedicata a papa Bergoglio e organizzata dall’Associazione “Ingenua Baldanza” a Palazzo Gotico a Piacenza. La mostra, legata al Meeting di Rimini, prosegue fino a fine marzo.
Laureata in filosofia, la Caricato conduce il programma di informazione ecclesiale “Mosaico”. Ha seguito da vicino i grandi eventi del pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e oggi quotidianamente racconta l’attività e il magistero di papa Francesco.

— Quali sono le parole chiave di questo pontificato?
La prima parola è “misericordia”. Si tratta del dono di essere guardati con amore, che papa Francesco considera salvifica per l’essere umano. A questa parola si accodano una serie di gesti emblematici, come la visita nelle carceri.
Un’altra parola fondamentale è “consolazione” ed è legata all’idea di Chiesa come “ospedale di campo”, che lui ha espresso più volte, già fin dalle sue prime interviste. La Chiesa viene vista nella sua essenza di madre, che deve prendersi cura dei suoi figli e nello stesso tempo li deve consolare, cercando di alleviare le fatiche, i i bisogni, le urgenze, con l’amore di una madre. Consolazione dunque, è questa empatia, questo compatire, cioè essere-con, il povero, l’ultimo, l’emarginato, lo scarto.

— Col suo andare incontro all’umanità, il viaggio è un gesto molto significativo di per sé. Qual è l’impatto che i viaggi del Papa hanno soprattutto sui giovani?
Francesco non è il primo Papa che viaggia. A partire da Paolo VI, che è stato il primo Papa viaggiatore, il viaggio è diventato un elemento imprescindibile, una caratteristica essenziale dell’azione pastorale dei Pontefici.
Nel caso di papa Francesco, però, i viaggi sono espressione di questa “Chiesa in uscita” che ha bisogno di andare nelle periferie. Non è tanto il viaggio in sé, quello che forse esprime la sua pastoralità, quanto il luogo, le destinazioni dei suoi viaggi, che sono sempre destinazioni periferiche.
Il Papa che viene dalla fine del mondo - come lui stesso si è definito - va negli angoli più sperduti del mondo e sceglie sempre, nei continenti, luoghi dove esiste una periferia non solo esistenziale, ma reale. In Europa, ad esempio, il primo viaggio è stato in Albania, mentre non ha ancora visitato le grandi nazioni come Germania, Francia, Inghilterra o Spagna.
I prossimi viaggi prevedono ancora periferie: Bulgaria, Romania, Paesi dell’Est dove c’è un’emarginazione reale rispetto ai grandi poteri e alla scena internazionale. Poi c’è anche l’amore per il Medio ed Estremo Oriente, tipico dei Gesuiti. Abbiamo visto i viaggi nelle Filippine, Bangladesh, Sri Lanka... tutte mete che sono fuori da un certo circuito.
In tutti questi posti il Papa ha sempre manifestato una capacità di guardare agli ultimi, agli scartati e alle varie situazioni di estrema povertà che ovunque ha incontrato.

Caric— Papa Francesco e San Giovanni Paolo II sono due personalità molto diverse tra loro, eppure entrambe molto amate nel mondo giovanile: saprebbe dirci perché?
Anzitutto, perché c’è un’autenticità di testimonianza, oltre ad un carisma personale. Non è un caso che uno sia diventato santo e l’altro venga già considerato tale, ancora in vita. Hanno entrambi questa capacità di attrazione che gli viene dal saper conoscere i cuori dei giovani nella loro profondità, capendone ragioni e aspirazioni.
Tuttavia c’è una cosa che differenzia il rapporto con i giovani di queste due grandi figure: papa Francesco considera i giovani, ancora una volta, come qualcosa di scartato, diversamente da Giovanni Paolo II. Il suo interesse per i giovani, nasce dalla consapevolezza che nel mondo di oggi sono una categoria che viene emarginata, frustrata nei propri sogni e desideri, da un mondo adulto che impedisce loro di sognare ed esprimere tutta la loro potenzialità.
Nei suoi discorsi ai giovani ritorna con insistenza questo concetto, insieme a quello dell’alleanza intergenerazionale, con gli anziani, altra categoria scartata da un mondo che preferisce la funzionalità all’essere. Quindi, in questo senso, l’interesse per i giovani di Bergoglio, è diverso rispetto a quello di Woytjla.
Giovanni Paolo II individuava in loro gli alleati, le sentinelle del mattino che avrebbero dovuto annunciare il Vangelo insieme a lui, con forza; invece Francesco vede nei giovani una generazione di persone frustrate, scartate, emarginate, tradite dal mondo adulto, che hanno bisogno di un appoggio, per ritrovare lo slancio dei sogni, dei desideri e della costruzione del futuro.
Dunque la posizione di papa Francesco è molto più in polemica con il mondo adulto, di quanto non lo fosse Giovanni Paolo II.

— Lei nota due approcci al mondo giovanile molto diversi in questi due Pontefici.
Certamente: bisogna considerare anche che Giovanni Paolo II e Francesco provengono da situazioni storiche e anche personali completamente diverse. Anche nella loro biografia, l’approccio al mondo giovanile è molto diverso: Giovanni Paolo II è stato un animatore giovanile, ha sempre vissuto con i giovani; Bergoglio invece, da gesuita, ha un approccio più mediato. Ha lavorato con i giovani seminaristi, ma mai con i gruppi giovanili e poi, soprattutto, sono cambiati assolutamente i mondi.
Le barriere che il mondo giovanile oggi trova, anche solo per entrare nel mondo del lavoro, nel mondo adulto, nell’autorealizzazione di sé, sono molto diverse rispetto a quelle di 20-30 anni fa.

— La geopolitica della Chiesa è molto cambiata: trent’anni fa Piacenza aveva ben cinque cardinali, oggi neanche uno. Com’è cambiato il collegio cardinalizio negli ultimi anni?
È cambiato nel senso dell’universalità. Si è iniziato con Paolo VI. Con Francesco si riscontra anche un ulteriore passo in avanti: le sedi cardinalizie non sono più quelle storiche. Abbiamo Cardinali che vengono da Paesi che molti neanche conoscono o da situazioni marginali sulla scena internazionale.
È sempre il concetto di periferia, che viene legata, attraverso il titolo cardinalizio, al centro, a Roma. Quest’operazione del Papa fa riflettere sul senso della porpora, che è un titolo che viene dato ai maggiori collaboratori del Pontefice, chiedendogli però il sacrificio del sangue, il sacrificio del martirio, che è il significato più profondo del color rosso porpora, che i cardinali indossano.
Il Papa interpreta questo ruolo di principe della Chiesa non come quello di funzionari o di una supremazia ecclesiale, ma come un ruolo di profondo servizio, legato a situazioni non solo marginali, ma di vera e propria persecuzione, come nel caso della porpora al Nunzio in Siria, mons. Zenari.
Il Papa mostra particolare attenzione a chi veramente si trova in zone del mondo lacerate da guerre, violenza, terrorismo o persecuzione o confronto con fondamentalismi religiosi o posizioni ideologiche, come accade in Cina e cerca di dare riconoscimento a queste situazioni di sofferenza. Tutto questo ovviamente, poi incide nella geopolitica della Chiesa, perché nel momento del Concistoro o di un ipotetico Conclave, il collegio cardinalizio avrà una rappresentatività completamente diversa rispetto anche a pochi anni fa.

— Potrebbe darci un suo giudizio su come giornali e TV parlano di Papa Francesco?
La luna di miele ormai è finita da tempo. Dall’entusiasmo e dall’euforia inziali per questo personaggio estremamente carismatico, perfetto comunicatore, direi che ora siamo entrati in una fase più critica, in cui ha inciso sicuramente lo scandalo degli abusi sessuali commessi dai sacerdoti. Quando si vuole attaccare la Chiesa, si attacca sempre il membro del corpo più debole, quindi anche papa Francesco deve affrontare le conseguenze di una pressione mediatica legata a questi scandali.
Ciononostante, lui riesce ancora ad ottenere un grande consenso personale. Spesso i media lo vedono in opposizione ad una Curia e ad un pezzo di Chiesa ancora troppo tradizionalista e addirittura, a volte ostile o comunque refrattaria ai processi di riforma che lui ha innescato. Credo si tratti di una rappresentazione un po’ troppo schematica e riduzionistica, come quando si pensa a lui solo come al Pontefice dei poveri, riformatore, rivoluzionario, isolato. Cosa questa, che non è assolutamente vera. La situazione è molto più complessa e non sempre le parole e i gesti del Pontefice sono correttamente interpretati dai media.

— Lei segue da vicino le vicende del Santo Padre: come vede il Pontificato di papa Bergoglio?
Senza dubbio è un Pontificato riformatore, che ha espresso una nuova dinamicità all’interno della Chiesa, che non è ancora però completamente strutturato, proprio per i ritardi che si sono verificati e che tuttavia sono comprensibili in un’istituzione che si concepisce nell’ordine dei millenni, non dei secoli. L’impegno di papa Francesco ha riproposto un ritorno all’essenzialità e alla semplicità dell’annuncio e della testimonianza evangelica. Questa forse è la cosa più difficile da capire da una modernità, che invece vive di situazioni complesse e se ne alimenta.

— Un aspetto che le è particolarmente caro di Francesco?
Ciò che mi colpisce è la sua attenzione ad ogni singola persona, questa sua capacità di rimanere parroco, pur nel suo ruolo istituzionale. Così come la sua predicazione in Santa Marta, che è un vero e proprio Magistero quotidiano e che è la vera grande novità del suo Pontificato; nessun altro Pontefice l’ha fatto con questa sua sistematicità. Poi sicuramente, la sua capacità di mettersi accanto agli ultimi, di abbracciare gli ammalati, la tenerezza verso le persone anziane, la capacità di ascoltare i poveri e portare consolazione nelle zone più disperate e marginalizzate del mondo.
A livello personale, poi, mi colpisce molto la sua simpatia, la sua capacità di scherzare con leggerezza, che sono segno di una grande confidenza con Dio: una volta durante un viaggio, ero stanchissima e gli ho detto: “Santo Padre, mi dica cosa le dà il medico per essere così resistente. Che cosa prende?” E lui, mi ha risposto con grande umorismo: “Io non vado dal medico, io vado dalla strega!”.

Gaia Corrao

LA MOSTRA A PALAZZO GOTICOcaricatoMostra

"Gesti e parole. Jorge Mario Bergoglio, una presenza originale" è visitabile fino al 31 marzo a Palazzo Gotico (Piacenza, piazza Cavalli).
Orari: da lunedì a venerdì ore 17-19; sabato e domenica ore 10-12 e 15-19.
Prenotazione visite guidate:

Eventi collaterali
Venerdì 22 marzo alle ore 21 sarà proiettato il film “Un uomo di parola” di Wim Wenders, dedicato al pontificato di Francesco.
Venerdì 29 marzo alle 21 sarà presentato il libro “Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale”; interverrà l’autore, Massimo Borghesi, docente di filosofia morale all’Università di Perugia.

Pubblicato il 14 marzo 2019

Ascolta l'audio

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente