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«Esci cambiato»

 «Esci cambiato»

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Compie 18 anni la Casa della Carità

Non è una struttura sanitaria, né una casa accoglienza, né un luogo dove si risponde a dei bisogni. “Siamo un’espansione del tabernacolo della Cattedrale”, sorride suor Anna Bimbi, carmelitana minore della carità e responsabile della Casa della Carità in Vescovado che domenica 3 aprile si appresta a spegnere - il giorno della festa della Madonna del Popolo, a cui è intitolata - le 18 candeline di presenza in città.

Nell’intuizione del fondatore, don Mario Prandi - reggiano di Fontanaluccia -, la Casa della Carità altro non è che una famiglia all’interno della Chiesa che la accoglie, una palestra di misericordia quotidiana che vive, annuncia e testimonia le “tre mense”: la mensa della Parola di Dio, dell’Eucaristia e dei poveri. Spiazza il visitatore occasionale, come chi vi arriva da volontario o come ospite. “La prima volta che sono venuto è stato nel 2012, con gli amici della Santissima Trinità. Era un periodo in cui ero molto «sotto» tra gli esami al Conservatorio e gli studi, estremamente autocritico”, ricorda Giuseppe Porcari, 26 anni, oggi in seminario all’Alberoni. “Cercavo uno sfogo, un modo per sentirmi bravo. Ma loro - e guarda gli ospiti della Casa della Carità - mi hanno smascherato: non hanno paura di farsi vedere per quel che sono. La loro libertà mi ha conquistato. Davvero i poveri sono un sacramento nel quale incontri Gesù. Chi entra qui ne esce cambiato, perché è la grazia di Gesù che opera nella Casa della Carità”.

“Vengo dagli scout, ho ben presente cosa vuol dire «servizio» - è l’esperienza di Elisa Daini, professione ostetrica, che frequenta la Casa da un anno – ma quando sono arrivata qui mi sentivo inutile a passare solo del tempo con le persone. Invece ho capito che quel che conta davvero non è il fare, ma l’essere, anzi, l’esserci”.

Leggi l’articolo a pagina 13 dell’edizione di venerdì 1° aprile 2016.

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