Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

«Guardiamo la vita con gli occhi di un innamorato»

 monari1 bis

Il mezzo espressivo tipicamente usato da Isaia è l'oracolo, un responso divino espresso dal profeta con immagini di notevole bellezza e potenza che rivelano sensibilità poetica, unita ad una piena padronanza della scrittura come mezzo di comunicazione. Infatti in molti definiscono Isaia come il Dante dell’Antico Testamento. “Sentinella, quanto resta della notte?” (Isaia 21,11) è la frase commentata da mons. Luciano Monari, Vescovo e biblista, nell’incontro, del 9 aprile, in diretta streaming sul canale Youtube Piacenzadiocesi.tv, organizzato dalla Pastorale Scolastica della diocesi di Piacenza-Bobbio. Il meeting, coordinato dalla giornalista Barbara Tondini, è stato introdotto dai docenti di religione Claudio Ferrari e Francesco Luppi, membri dell’equipe della Pastorale Scolastica, che hanno messo in evidenza l’intenzione del progetto, realizzato con una serie di incontri, di essere strumento di dialogo per vedere, scoprire, seminare oltre la pandemia.

ORACOLO AFFASCINANTE

“Un oracolo che affascina - ha affermato mons. Monari - perché gioca sull’attesa, sul desiderio, sul bisogno di aprirsi al futuro e di vedere degli spiragli di speranza, di vita e di gioia. Anche noi spesso siamo nella notte non vediamo bene la situazione in cui ci troviamo, non conosciamo gli esiti possibili. Però il futuro ci attira e, nello stesso tempo, ci impaurisce perché non riusciamo a decifrarlo. Vorremo ci fosse una sentinella, qualcuno messo in alto, al di sopra dell’oscurità e della tenebra che possa ricevere il messaggio della verità e del futuro e che ce lo possa trasmettere”. In questo modo il Vescovo emerito di Brescia ha sottolineato il fondamento di speranza che accomuna ogni uomo ponendosi l’interrogativo: “In che cosa speriamo?”.

LA SPERANZA MARGINALE

“Lavoro otto ore in una giornata - ha messo in evidenza mons. Monari - nell’attesa di arrivare a casa e mettermi comodo davanti alla televisione o collegarmi in rete sul computer. Lavoro cinque giorni alla settimana per avere due giorni di week end in cui posso finalmente liberarmi dall’oppressione del lavoro quotidiano e vivere quello che desidero. Lavoro undici mesi all’anno per arrivare a godermi le ferie del dodicesimo mese, perché posso andare negli atolli dei miei desideri e vivere un mese in piena libertà… Vivo quarant’anni di lavoro per arrivare finalmente alla pensione, quando potrò fare quello che mi pare e voglio, con zero padroni e zero responsabilità, trovando finalmente un tempo in cui respirare…” Tutto questo - secondo il Vescovo - è una speranza molto sentita oggi, però marginale, che non coglie la sostanza della vita. È una fuga per avere dei sollievi, più che speranza è distrazione.

LA SPERANZA CHE RAGGIUNGE OBIETTIVI

C’è poi, per mons. Monari, un’altra speranza nella vita dell’uomo che è quella della performance, del successo, della carriera e dei soldi. “Performance significa – ha sottolineato il Vescovo - dare il meglio di me negli affari, nell’impresa, nello spettacolo per avere successo, cioè la gioia di essere conosciuto, applaudito e invidiato. Nella carriera conquisto dei posti di rilievo nel gioco infinito della società e i soldi sono la misura del successo, danno l’impressione di diventare onnipotenti”.
La speranza come realizzazione di sogni e progetti è - per mons. Monari - da guardare con tutto rispetto, ma è ancora marginale e non è degna dell’uomo.

LA SPERANZA DEL CUORE INNAMORATO

“Tutto è vanità e un correre dietro al vento. Non c’è nessun guadagno sotto il sole” (Qoèlet 2,11). È l’altro brano proposto dal vescovo Monari in cui si vede l’uomo, nel contesto culturale odierno molto ammirato, che ha fatto l’esperimento della vita con grandi progetti e realizzazioni. Colui che ha realizzato i suoi sogni, ma in cui rimane una durezza della vita che anche l’impegno più grande non riesce a cancellare. Tutte queste cose, secondo Qoèlet, sono una speranza vana.
“Alla fine quando si tira un bilancio - ha aggiunto Monari - ci si accorge che il risultato è in rosso. A meno che non guardiamo la vita con gli occhi dell’innamorato. Uno fa le stesse cose, ma con un cuore diverso. Sono innamorato, voglio bene a me stesso, sono sincero, fedele, coerente e creativo. Sono innamorato voglio beneficare gli altri, desidero il meglio per le persone e le aiuto a vivere. Voglio bene al mondo e mi impegno politicamente, culturalmente, nell’arte, nelle responsabilità, per migliorare la società in cui vivo”.
Questa è la vera speranza del cuore innamorato.

Riccardo Tonna

Pubblicato l'11 aprile 2021

Ascolta l'audio

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente