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L’umano oltre la pandemia

 lumano oltre la pandemia

La fatica di vivere, la fragilità, l’angoscia sono state esperienze che hanno colpito un po’ tutti durante il periodo del Covid. Parlare dell’umano oltre la pandemia è stato il tema dell’incontro del 30 aprile, inserito negli appuntamenti “Sentinella, quanto resta della notte?”, organizzati dall’Ufficio Pastorale Scolastica diocesano, e trasmessi dal canale Youtube di Piacenza Diocesi Tv.
All’incontro hanno partecipato il prof. Pierpaolo Triani, docente di Pedagogia presso l’Università Cattolica di Piacenza e Milano, mons. Pierangelo Sequeri, collegato da Milano, teologo, già Preside del Pont. Istituto “Giovanni Paolo II”.
Ha moderato il dott. Daniele Bisagni, psicologo e psicoterapeuta. Gli ospiti in studio: Simona Rossi, docente scuola primaria, il prof. Mauro Monti, dirigente scolastico e Maria Ferrari, studentessa.

LA STORIA DI CARLA

Per entrare nel discorso il dott. Daniele Bisagni ha narrato la storia di Carla, una sua paziente.
“È il racconto di una persona - ha commentato lo psicologo - come me, come una delle tante che ho avuto la fortuna di ascoltare, che ha vissuto il dolore e la fragilità di questo periodo”.
“Ero convinta - sono le parole di Carla - di essermi costruita, in 49 anni, piano piano, pezzo dopo pezzo, affrontando tutto ciò che la vita mi aveva regalato soffrendo, certo lottando anche, ma fiera e contenta di quello che ero diventata. Ma poi, quasi in un soffio, mi sono sentita sgretolare, così sbriciolata con la fatica a rialzarmi e la confusione del non sapere da dove partire. Ho messo e sto mettendo tutto in discussione. Da chi sono a quello che faccio, a quello che voglio e ciò che più mi ha spaventato, e ancora mi spaventa, è mostrarmi fragile. Mi sono sentita nuda, impotente a trattenere le lacrime e ancora più impotente a gestire un dolore che era più grande di me. E così mi sono ritrovata a farmi asciugare le lacrime da chi pensavo non le dovesse mai vedere e a confrontarmi con chi credevo non poterlo mai fare”.

PRESUNTUOSI DELLE NOSTRE CERTEZZE

“Non diamo tanta soddisfazione a questo corpuscolo microscopico che ci ha messo in ginocchio”. ha sottolineato mons. Pierangelo Sequeri, collegato da Milano. “Siamo stati sempre presuntuosi delle nostre certezze - ha aggiunto. Certezze dogmatiche nella religione, certezze politiche nella vita sociale, certezze scientifiche con i progressi e le nuove conoscenze ed ora abbiamo perso delle sicurezze. Per quale ragione una bestiolina malefica, che non so da dove viene, mi deve costringere a prendere distanza da qualcosa che ho costruito con passione e anche lacrime e sangue?”. Si è interrogato Sequeri che ha evidenziato come si cerca una via d’uscita dalla costrizione in cui ci si trova oggi. Si tratta di rimettere in discussione quello che si è vissuto fino a d’ora. “Cerchiamo di capire, attraverso la costrizione, proprio quello che di buono abbiamo costruito”.

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Nelle foto: in alto, da sinistra, il prof. Pierpaolo Triani, il dott. Daniele Bisagni, Maria Ferrari, studentessa, il prof. Mauro Monti, Simona Rossi, docente; sopra, collegato da Milano mons. Pierangelo Sequeri.

UNA GRANDE SCUOLA FORZATA

“Abbiamo vissuto la prima fase del Covid in maniera più adrenalinica e abbiamo risposto con la forza di chi si trova improvvisamente a dovere fare squadra”. Sono le parole prof. Pierpaolo Triani che poi ha evidenziato come c’è stata una fase di leggera spensieratezza estiva, in una illusoria speranza di ritorno alla normalità, e il tempo della cronicità che stiamo vivendo.
“In questo mi sembra di aver colto - ha proseguito -, anche da alcuni risultati di ricerche fatte in università, che nella prima fase si sono registrati, da parte dei ragazzi e dei giovani, sentimenti più negativi che andavano verso lo sconforto, accanto alla noia e alla paura. Nella seconda fase, che ancora stiamo vivendo, sono prevalse la rabbia e l’ansia. Nelle ricerche fatte sui maturandi si è scoperto che il periodo del Covid è stato una grande scuola forzata, dove si è imparato a cogliere il valore dell’interdipendenza, l’essenzialità e, soprattutto nei ragazzi, non è venuto meno il desiderio di futuro. Si diceva che sarebbero crollate le iscrizioni universitarie invece ci sono state: la forza del vivere, della vita, è stata più forte di una scossa così devastante”.

LAVORO DOVEROSO

“Inizialmente la nostra occupazione era di riempire organizzare il tempo della giornata dei nostri figli, abbiamo dedicato più tempo allo stare insieme, al cucinare, al gioco, al fare ginnastica, alla lettura che sono diventati abitudini quotidiane”. Ha evidenziato Simona Rossi, mamma di tre figli e anche docente. “Poi i nomi di persone che si ammalavano - ha aggiunto - nostri conoscenti iniziavano ad aumentare, quindi abbiamo iniziato a dedicare un momento della giornata, alla preghiera insieme. I nomi aumentavano e anche di chi purtroppo ci lasciava… Vedevo nei miei figli insinuarsi la paura, interrogativi sulla morte. Sono stati momenti difficili e abbiamo provato a filtrare l’ansia, ma c’è stata anche l’opportunità di vivere certe tematiche e provare a capirle, un lavoro faticoso però doveroso”.

LA BUTTO DENTRO…

“Una mia docente, nell’ultimo mese di scuola dello scorso anno, mi ha raccontato una sua esperienza”. In questo modo
“Mi sono detta, uscendo di casa, - così narrava la prof. - oggi “la butto dentro”, cioè che gli studenti mi seguano o non mi seguano, che abbiano telecamera accesa oppure no, non voglio combattere… Poi sono andata a scuola ho fatto l’appello e non ce l’ho fatta a non dire ai ragazzi come andava e, tra la sorpresa generale, uno che non parlava mai, ha cominciato a raccontare l’anno complicatissimo che aveva vissuto, tra mille disgrazie che gli erano capitate, e ha concluso il suo intervento dicendo che voleva ringraziare proprio la docente perché lei nei suoi riguardi non l’aveva buttata dentro… L’insegnante si è commossa perché ha capito che, nella sua lotta quotidiana tra il cedere alla fatica e la tenuta rispetto ad uno scopo, ha vinto l’amore nell’educare”. In questo senso - per Monti - non si deve fare finta che non ci siano difficolta, ma come adulti, bisogna misurarsi con le fatiche, aiutarsi a leggerle per trovare le risorse possibili, per affrontare i problemi in un modo nuovo e costruttivo.

LA SCOPERTA DI SÈ

“Tutti i nostri sogni erano limitati alle quattro mura di casa e ci siamo trovati con un sacco di tempo e niente da fare”. Sono le parole della studentessa Maria Ferrari, studentessa.
“Mi sono resa conto che noi adolescenti abbiamo una voglia di fare, una potenza che, prima del Covid, non avevo mai realizzato. Le energie abbiamo deciso di canalizzarle nella cosa più complicata che è la scoperta di sé e gli adulti che diventeremo. È stato un lavoro personale che ci ha rapportato con i temi della vita, della morte, dello scorrere del tempo. Un periodo colmo di sensazioni, vuoto di interazione, che però ci ha fatto crescere”.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 3 maggio 2021

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