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«Lasciamoci affascinare dallo stile di vita di San Colombano»

colombano

La celebrazione della Novena ogni anno predispone spiritualmente la nostra comunità alla celebrazione del Patrono. È un tempo prolungato di lode al Padre per il dono del Santo monaco, ma anche di riflessione sulla Parola di Dio e sulla parola di Colombano che si fa eco e risonanza della Parola per sostenere il cammino del credente del tempo. Il canto dell’Inno al Patrono scandisce la celebrazione serale sintetizzando in sei strofe la figura del Santo, docile colomba che al cenno del Padre apre le ali sul Continente invocando la pace e lavorando per la libertà e la dignità di ogni persona umana.

Il Transito

Da sempre la nostra comunità si raccoglie, la vigilia della festa, per celebrare il “Transito”, per fare memoria del “passaggio” di Colombano da questo mondo al Padre. È un passaggio proces- sionale suggestivo sotto il porticato del monastero accompagnati da una scia luminosa, portando le reliquie del Patrono al canto delle Litanie dei Santi, anche di diversi monaci successori di Colombano che nella preghiera del Prefazio viene nominato come “Padre di Monaci e Maestro di Santi”. Ascolto prolungato della Parola e Liturgia di lode al Padre scandiscono il momento celebrativo. Al transito quest’anno hanno partecipato diversi giovani rappresentanti delle Comunità Pastorali del nostro territorio, quasi a rendere presente anche le comunità più lontane a questo momento di memoria e di lode.

transito

La concelebrazione eucaristica

Una lunga processione di sacerdoti concelebranti si è snodata dall’Istituto Gianelli verso la chiesa e ha attraversato la navata centrale della Basilica gremita al canto d’ingresso del Coro della Cattedrale che, sotto la guida solerte e competente del maestro Roberto Bulla, ha reso solenne la celebrazione. Con il Vescovo diocesano Adriano Cevolotto concelebravano anche diversi “moderatori” delle Comunità Pastorali della nostra diocesi. Numerose le autorità presenti civili e militari che insieme al prefetto e diversi sindaci della zona hanno voluto onorare con la loro presenza la festa del Santo. Sempre presente in modo significativo la comunità di San Colombano al Lambro insieme a sindaco, al parroco e a Mauro Steffenini instancabile animatore e promotore del culto di San Colombano in Europa.

L'omelia del Vescovo

La liturgia della parola della solennità di San Colombano indica in Abramo, quale padre nella fede, la figura che inter- preta la vicenda spirituale del Santo Abate. Nelle pagine della Genesi che noi conosciamo come la vocazione di Abramo c’è una parola che per ben quattro volte ritorna: “benedizione”.
Dice il Signore ad Abramo: Ti benedirò... Possa tu essere una benedizione... Benedirò coloro che ti benediranno... In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra.
Risulta essere qui la ragione per la quale Abramo è chiamato ad uscire dalla sua terra. Egli diventerà benedizione per tutte le famiglie della terra. Pensiamo a quanto sia stato vero per Colombano: quanti furono affascinati dal suo stile di vita, dalla sua fede e lo seguirono. È straordinario il fatto che questo stuolo di monaci provenisse da culture, da popoli di lingue diverse. Ma questo non ha impedito loro di riconoscere in questo monaco irlandese e nei suoi compagni la benedizione di Dio.
Allora dovremmo ricomprendere il senso della vera devozione dei santi. La devozione a San Colombano ci deve condurre a riconoscere in lui la benedizione di Dio perché solo così anche in noi rifiorisce il desiderio alla santità, la volontà di intraprendere il cammino di sequela dietro a Gesù.
Chiediamoci: cosa di quello che è avvenuto in lui desidero e cerco che accada anche a me? La devozione dei santi ci ricorda che l’offerta di salvezza ci raggiunge attraverso l’altro. E questa
è la sconfitta dell’invidia
che spinge Caino a uccidere il fratello Abele. Ogni volta che in noi si fa strada l’invidia e ci cattura, ci chiudiamo ad un’offerta di bene che il Signore ci sta donando. Il patire, piuttosto che il gioire nel vedere i doni presenti nell’altro ci induce ad eliminarlo.
La benedizione di Dio è transitiva: ci raggiunge e ci attraversa per raggiungere gli altri. Allo stesso modo di Abramo, anche Colombano esce dalla sua terra, del suo mondo per intraprendere un cammino senza una destinazione precisa, diventa pellegrino. Non girovago. In questo suo profilo spirituale possiamo e dobbiamo raccogliere un’indicazione preziosa anche per noi.
Noi siamo figli della cultura dei progetti: progettiamo di fare, di raggiungere obiettivi, luoghi, posizioni professionali e sociali. Colombano, allo stesso modo di Abramo, parte verso luoghi che il Signore gli farà vedere, gli indicherà.
Ma c’è un altro aspetto presente nella scelta di partire, di uscire dalla propria terra, casa del padre, dai legami parentali. L’«uscire» richiama una nuova nascita; ciò che si lascia ha il sapore del nido caldo e rassicurante del grembo materno. Eppure per avere un nome, perché la propria identità personale possa prendere forma, è indispensabile quella rottura, quello strappo che ha in sé qualcosa di doloroso. Ma noi sappiamo che è proprio così che avviene nella vita: quando c’è una vocazione di consacrazione, nello sposarsi, quando si intraprende un’impresa... lasciare è la condizione per crescere, per dare vita a ciò che si apre davanti a noi.
Dio opera proprio quando il credente consegna la vita nelle sue mani e si lascia condurre perché la propria presenza si intreccia con la vicenda di altri e noi possiamo ricevere benedizioni e a nostra volta possiamo diventare benedizione per tanti fratelli e sorelle, pellegrini con noi e come noi lungo le strade della vita.

Pubblicato il 24 novembre 2021

Ascolta l'audio

Nelle foto di Paolo Ghiano alcuni momenti della celebrazione di San Colombano a Bobbio.

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