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Mons. Delpini in Cattolica: la Chiesa? Una piramide rovesciata

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Il 6 aprile, in visita per la prima volta al campus piacentino dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, l'arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini ha tenuto una lezione inserita nel corso di diritto canonico nell'ambito del Dipartimento di scienze giuridiche della Facoltà di economia e giurisprudenza. Si è trattato di una giornata di grande importanza, essendo mons. Delpini presidente dell'Istituto Giuseppe Toniolo, l'ente fondatore dell'Ateneo.

“Sinodalità: una procedura necessaria e una parola inflazionata”, il tema dell'incontro del pomeriggio all’Auditorium Mazzocchi presieduto dal direttore del dipartimento di Scienze giuridiche dell’ateneo prof. Antonio Chizzoniti, che ha introdotto l’Arcivescovo ricordando l’etimologia delle parole “sinodo” e “sinodalità”, derivanti dal verbo greco “syn-odèuo”: “andare, camminare, viaggiare insieme”. Parole che non possono essere appannaggio di una cerchia ristretta di addetti ai lavori, in quanto indicano una caratteristica fondamentale di tutta la comunità cristiana, ma che oggi sono talmente diffuse e utilizzate da rischiare di perderne il contenuto.


Il Sinodo, una delle eredità più preziose del Concilio

Mons. Delpini esordisce ricordando che papa Francesco, celebrando nel 2015 il cinquantesimo di istituzione del Sinodo, l’ha definito “una delle eredità più preziose dell’ultima assise conciliare” e ha dichiarato di volerlo valorizzare.
“La complessità del Concilio Vaticano II, che si era appena concluso, e la complessità delle questioni che la società contemporanea pone alla Chiesa cattolica presente nel mondo - ricorda l’Arcivescovo - hanno indotto Paolo VI a definire uno strumento più agile, più praticabile, che affrontasse magari un tema alla volta, ma in maniera orientativa. Così è nato il Sinodo dei vescovi, che dovrebbe essere un’abituale forma di condivisione della riflessione dei vescovi su alcuni temi”.
L’Instrumentum laboris, frutto di un’ampia consultazione e poi oggetto della discussione in aula, la votazione di un documento conclusivo, l’assunzione da parte del Papa del documento stesso per stendere un’Esortazione apostolica da offrire all’intera Chiesa cattolica. Questa la procedura. Sulla cui buona riuscita, però, due sono gli atteggiamenti fondamentali da assumere: la disponibilità all’ascolto e l’affidamento senza alcuna riserva all’azione dello Spirito Santo.

Una Chiesa che nasce dall'ascolto

“Nel discorso di papa Francesco datato 17 ottobre 2015, il Pontefice - continua mons. Delpini - riferendosi al sinodo dei Vescovi ne amplia il discorso parlando di un’attitudine della Chiesa: «Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire. È un ascolto reciproco, in cui ciascuno ha qualcosa da imparare: popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma, l’uno in ascolto degli altri e tutti in ascolto dello Spirito Santo per conoscere ciò che Egli dice alle Chiese». Parole che esprimono l’idea che i cristiani hanno un contributo da dare ai vescovi e al Papa per capire ciò che lo Spirito sta dicendo alla Chiesa di oggi”.

L'inflazione del termine sinodale

Dalla definizione della sinodalità come “dimensione costitutiva della Chiesa” è nata secondo mons. Delpini l’inflazione del termine negli ambienti ecclesiastici. A questo proposito cita il prof. Melloni: “C’è il rischio che anziché in una primavera sinodale si entri in una faciloneria per la quale qualsiasi proposizione, procedura, azione o strumentazione può essere reiterata identica aggiungendovi l’aggettivo «sinodale», e così diventare una parola nuova”.

Tre domande aperte

Contro tale rischio l’Arcivescovo parla di sinodalità come “procedura per decidere” e invita a definire il campo di applicazione. Tre le domande “aperte” che pone: “Chi sono coloro che hanno qualcosa da dire alla Chiesa? Qual è la procedura per prendere decisioni nella Chiesa, che non sia né democratica né monarchica, ma tipicamente ecclesiale? Qual è lo stile con cui questa procedura ecclesiale può essere promettente per il bene della Chiesa?”.
A proposito di quest’ultima domanda, indica le condizioni per l’esercizio della sensibilità sinodale, e parla di umiltà e dialogo: “I cristiani partono da una fiducia radicale che è lo Spirito che guida la Chiesa, quindi l’atteggiamento fondamentale da assumere non è di chi rivendica diritti e doveri, o una posizione di comando, ma di chi si mette in ascolto”.

Il metodo di lavoro sinodale

A questo proposito ricorda che papa Francesco “riferendosi al papato immagina il suo ministero non in maniera verticistica, ma come quello di un servo a servizio dell’unità della Chiesa, in una sorta di piramide rovesciata”.
Cosa si intende quando si dice che la Chiesa deve ascoltare? “Ascoltare vuol dire innanzitutto avere stima per chi parla. Io ti ascolto perché mi aspetto qualcosa da te su ciò che interessa a me, che tu sia un fedele praticante, un fedele che ha dimenticato di esserlo, un cristiano di un’altra confessione o un appartenente a una diversa religione. L’ascolto è fatto dunque da una stima previa, ma anche dalla certezza che, nel confronto, emerga una verità più alta rispetto alle singole opinioni. Perché ciò accada ci vuole disponibilità a prendere il tempo necessario al dialogo: questo - conclude mons. Delpini - è lo stile sinodale”.

Lucia Romiti

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Nella foto: in alto, mons. Delpini in visita alla sede piacentina dell'Università Cattolica; sopra, mons. Delpini insieme al prof. Antonio Chizzoniti.

Pubblicato l'8 aprile 2022

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