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«Ci sentiamo parte di una famiglia più grande»

coppie festa della famiglia Piacenza

Come da tradizione, spazio alle esperienze di vita nella domenica della Grande Festa della Famiglia, affidato alla conduzione di Giovanni Botti.

Il pomeriggio è stato aperto dalle danze popolari e dai canti del gruppo ecuadoregno Aliança Latina, che ha scaldato la piazza con le sue coinvolgenti coreografie e portando sul palco anche un giovanissimo cantante in erba.

I due  richiedenti asilo e il sogno ostinato di formare una famiglia

La parola è poi passata alle testimonianze, tutte con il filo conduttore della comunità come ambiente che accoglie, non lascia sole e valorizza le famiglie. O, almeno, dovrebbe farlo.
La presidente della Protezione della Giovane Giuseppina Schiavi ha raccontato il lungo e travagliato percorso di una coppia di richiedenti asilo africani. Si sono conosciuti a Piacenza, alla chiesa evangelica che entrambi frequentano, e poco alla volta hanno maturato il desiderio di formare una famiglia. La donna - un figlio in Africa, arrivata in Italia incinta - alla Protezione della Giovane ha trovato un rifugio sicuro, dove far nascere e crescere la sua bambina. “L’abbiamo accompagnata non solo a livello burocratico, ma anche insegnandole a fare la mamma”, spiega Schiavi. Pur essendo una grande lavoratrice, ha faticato a trovare un’occupazione. E quando con il nuovo compagno ha messo al mondo un altro figlio, la conciliazione famiglia-lavoro è diventata ancora più complessa. Senza contare che la coppia ha faticato a trovare una casa. La Protezione della Giovane ha ospitato dunque la giovane mamma con i due bambini, dandosi da fare anche per trovare una scuola dell’infanzia che li accogliesse. “Dobbiamo dire grazie al Sant’Eufemia che li ha accolti: riteniamo importantissimo, per l’integrazione, che i bimbi sin da piccoli possano frequentare la scuola con i coetanei. Questo li aiuta anche nell’apprendimento dell’italiano. Però non sempre alle mamme immigrate è data quest'opportunità, perché non lavorano. In realtà è un circolo vizioso: non lavorano perché non sanno a chi lasciare i bambini, ma i bambini non rientrano in graduatoria perché le mamme risultano a casa, quindi sembra che non ne abbiamo il bisogno”. Le volontarie e le suore congolesi presenti alla Protezione della Giovane hanno fatto da sorelle e da nonne, senza far mancare nulla, dormendo anche con i bimbi quando la mamma era impegnata nei turni di notte per la campagna del pomodoro.

Restava però incompleto un sogno: quello di sposarsi con il compagno e andare a vivere insieme. La Casa del Fanciullo ha messo a disposizione un proprio appartamento, vuoto e sfitto. La casa è stata sistemata ed arredata e il 20 agosto finalmente il matrimonio è stato celebrato. “Mi ha mostrato con grande orgoglio la sua fede - racconta Giuseppina Schiavi -. Questa storia ci dà una lezione di coraggio: questi due ragazzi hanno voluto fortemente metter su famiglia, nonostante il futuro incerto. Adesso lavorano entrambi e si danno il cambio, a seconda dei turni, per i bimbi. Lui ha iniziato anche a lavorare di notte, per poter stare di giorno con i bambini”. Schiavi ha citato un ulteriore esempio, tra i tanti, delle difficoltà che hanno dovuto affrontare: la bimba è nata l’11 febbraio 2020 e il papà - vivendo a Bobbio - ha potuto vederla solo a maggio, quando è finito il lockdown.

Giuseppina Schiavi è una donna realista: sa quanto sia difficile introdurre ragazze con un background culturale così diverso nella nostra realtà. “Ho perfino dovuto insegnarle ad usare l’orologio, perché solo così poteva essere puntuale ai turni di lavoro. Vanno accompagnate e ci vuole un percorso per insegnare le regole e le pratiche da svolgere anche quando iniziano a camminare in autonomia". Vuole però lanciare un appello, ai piacentini: "Spesso abbiamo pregiudizi: con il giusto accompagnamento, questa coppia ci mostra che integrarsi è possibile”.

schiavi giuseppina

Giuseppina Schiavi, presidente della Protezione della Giovane, durante il suo intervento alla Grande Festa della Famiglia.

Di ritorno da Roma, con due intuzioni

Stefania Boccenti e il marito Tullio Tiberio hanno invece raccontato della loro scelta di partire per Roma per partecipare all’incontro mondiale delle famiglie con il Papa a giugno. “Una decisione last minute, che ci ha visti viaggiare sul bus di notte”, ricorda Boccenti, presidente della cooperativa Città-Bambino. Partiti senza sapere più di tanto del programma, sono rimasti colpiti dalla forza delle testimonianze alle quali anche papa Francesco ha assistito in silenzio, come tutti. “Il conduttore Amadeus con la moglie Giovanna, i giovani artisti de Il Volo che hanno evidenziato quanto l’appoggio delle famiglie sia stato importante nella loro carriera...”. Tra le esperienze più forti, quella di Zakia, la moglie dell’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in Congo. “Ha raccontato del loro matrimonio, vissuto senza censurare le  diverse fedi, ma valorizzandole: al centro della casa tenevano la Bibbia e il Corano, perché lì avevano imparato l’amore per Dio e l’amore per gli altri. Festeggiavano il Natale con le loro tre bimbe, ma pure il Ramadan, come tempo di digiuno per essere  vicini ai poveri”. Alle bimbe che chiedevano a mamma Zakia chi fosse quell’uomo vestito di bianco, se per caso era un medico, la giovane vedova ha risposto: “È il Papa, un medico particolare: cura le anime e dà a tutti la speranza”.

Boccenti nel suo lavoro di insegnante incontra tante famiglie immigrate, di culture e fedi differenti. L’esperienza di Zakia e Luca Attanasio l’ha confermata nella convinzione che un dialogo vero è possibile. Così come il racconto di una coppia di conviventi che ha iniziato il cammino di preparazione al matrimonio cristiano perché colpiti da altri amici credenti: il Vangelo più che con  le parole si annuncia con i fatti concreti. “Far vedere quel che Cristo opera nella nostra vita, poi il Signore, con lo Spirito Santo, fa da solo”.

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Da sinistra, Giovanni Botti che ha condotto il pomeriggio con Stefania Boccenti e il marito Tullio Tiberio.

Perdono, preghiera, Provvidenza

Di amore per sempre hanno infine parlato Francesco Porcari ed Elisa Romanini e Paolo Sebastiani e Silvia Mercati.
Francesco ed Elisa, 30 e 34 anni, della parrocchia cittadina della Santissima Trinità, sono sposati da quattro anni e hanno un bimbo di dieci mesi, Giacomo. Hanno respirato la bellezza della fede vissuta in famiglia dai genitori, per lui entro il Cammino neocatecumenale, per lei attraverso l’esperienza scout. “Prima che essere padre, per me è ed è stato fondamentale riconoscermi figlio - sottolinea Francesco -, prendere coscienza che non mi sono autogenerato, che vengo da una storia. Elisa per me è come uno specchio: mi fa presente i miei limiti, le situazioni in cui non so amarla come vorrei. Perdonarsi è un punto essenziale nella vita di una coppia, perché i contrati ci sono, come è normale”. Elisa viene da una precedente esperienza matrimoniale: è rimasta vedova giovanissima, dopo due anni di vita insieme. “Il matrimonio per me è una scuola d’amore. Nonostante il dolore vissuto, ho capito che il matrimonio è la mia vocazione”. Pregare insieme dà forza, unisce. Elisa e Francesco recitano le Lodi ogni mattina, prima di andare al lavoro. La preghiera li ha sostenuti anche nel desiderio - a lungo rimasto incompiuto - di un figlio. “Abbiamo visto anche lì la Provvidenza all’opera: appena ho scoperto di essere incinta, Francesco ha trovato un lavoro a tempo indeterminato ed io sono entrata in ruolo come insegnante in una scuola Media”.

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Da sinistra, Francesco Porcari ed Elisa Romanini e Silvia Mercati e Paolo Sebastiani.

Quegli incontri con i fidanzati ospitati in casa

La famiglia Mercati-Sebastiani - Silvia 47 anni, Paolo 49, sposati da 19, tre figli - getta le radici in due piccole comunità del Comune di Carpaneto. “Lì, seguendo l’esempio delle nostre famiglie, abbiamo iniziato a darci da fare per la parrocchia. Ci hanno trasmesso valori semplici, l’importanza di essere aperti all’accoglienza”. A Carpaneto seguono i gruppi giovanili, crescono in oratorio (allora c’erano le suore di Maria Ausiliatrice) assorbendo lo spirito salesiano. Si conoscono, si innamorano, si mettono insieme e si sposano. “Il matrimonio per noi è stata una festa condivisa con tutte le persone a cui volevamo bene. Diciamo sempre che ci siamo sposati in tre: noi due e il Signore. Non abbiamo mai voluto chiuderci. Ma non è tutto semplice: abbiamo due caratteri molto diversi, la vita ti mette davanti a tante prove, impegni, anche i figli continuamente chiedono di rivedere gli equilibri”. Una delle esperienze che più hanno segnato la vita matrimoniale di Paolo e Silvia è l’aver accolto in casa loro gli incontri per il cammino di preparazione al matrimonio. “Pur avendo una casa piccola, ospitare è stato bello e speriamo, se la pandemia lo consentirà, di riprendere presto. Le coppie hanno la possibilità di vedere il bello, ma anche le difficoltà della vita ordinaria di una famiglia: magari c’è la casa in disordine perché non sei riuscita a sistemare, un gioco è rimasto in giro, o i ragazzi sono nel mezzo di una discussione... Per noi, è sempre un’occasione per ritrovare le motivazioni del nostro sì. E anche per i nostri figli è una gioia: anzi, con i social i legami continuano. «Guarda hanno avuto un bambino...». Insomma, è una gioia condivisa. Ci si sente parte di una famiglia più grande, che è la Chiesa”.

Barbara Sartori

Pubblicato il 19 settembre 2022

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