Chi siamo noi?
Quel pomeriggio Luca aveva finito i compiti prima degli altri. L'insegnante, per evitare che passasse il resto del tempo a disturbare parlando ininterrottamente come era il suo solito, lo aveva affiancato a un compagno di un anno più piccolo per aiutarlo nel suo studio.
Alla fine del pomeriggio l'insegnante chiede a Luca come è andata.
“Prof. mai più con lui! Con tutti ma non con lui!”
“Perché?”, chiede incuriosita la professoressa.
“Come perché? È insopportabile: parla ininterrottamente!”.
La ricerca nell'ambito della psicologia sociale indica che di solito le persone tendono ad avere un'opinione positiva di sé. Quando guardano se stesse è come se indossassero degli “occhiali con le lenti rosa”.
Se infatti quando vediamo qualcuno sbagliare siamo più portati a motivare l'errore altrui attribuendolo alla persona e al suo carattere (in pratica, “è molto semplice: la colpa è sua”), quando a sbagliare siamo noi ecco che per giustificare il nostro errore spuntano tutta una serie di fattori esterni e cause indipendenti da noi, che sembravano totalmente irrilevanti quando sotto giudizio c'era un altro (in pratica, “la situazione è più complessa di quella che sembra e la colpa non è tutta mia”).
Siamo disonesti? Usiamo “due pesi e due misure”?
I nostri meccanismi di difesa
Il modo in cui guardiamo a noi e agli altri è decisamente diverso, e sì, usiamo proprio “due pesi e due misure”, ma non per disonestà. Si tratta di meccanismi di difesa del sé che più o meno tutti utilizziamo, spesso senza nemmeno rendercene conto.
Questa tendenza a pensare bene di noi stessi, talvolta anche illudendoci di avere qualità che magari nessuno di quelli che ci vive accanto ci riconosce, in realtà è psicologicamente adattiva. Infatti secondo la ricerca, le persone che non hanno questi sostegni psicologici sono più predisposte alla depressione e ad altre forme di disturbi mentali.
E allora? È bene continuare ad illuderci di essere ciò che in realtà non siamo?
A ben guardare anche l'eccessiva ostentazione di sé è poco adattiva: essa infatti non corrisponde alla verità e quindi ci ostacola se vogliamo sinceramente crescere e lavorare su noi stessi.
Nel nostro desiderio di diventare profondamente ciò che siamo, di vivere nell'autenticità, è invece importante avere un senso preciso del proprio sé.
La verità su noi stessi è il punto di partenza
In ciò, chi ci può dare una grossa mano per capire chi siamo sono proprio gli altri. Può essere utile infatti chiedere alle persone che ci sono più vicine quali siano secondo loro le nostre qualità e i nostri difetti.
I difetti probabilmente ce li hanno già detti: di solito ci vengono spiattellati in faccia, senza troppi riguardi, durante liti e discussioni. Purtroppo però, in quei momenti, l'aggressività che sentiamo verso di noi ci impedisce di cogliere la verità che può celarsi nelle parole di chi ci sta davanti. La nostra amigdala ci dice che di lì bisogna uscirne sani e salvi e che se non puoi fuggire allora è bene contrattaccare: “Ah, io sarei egocentrico! Io? E tu invece? Che da quando ti conosco non fai altro che pretendere di essere al centro dei pensieri di tutti?”.
La verità, detta con aggressività, non arriva al cuore di nessuno, anzi; tuttavia essa resta il necessario punto da cui partire per iniziare a lavorare su di sé, per modificare i nostri aspetti negativi e sviluppare quelle virtù e qualità che desideriamo siano parte di noi.
Un trucchetto per eludere le difese
Un fatto curioso è che quando sotto la lente d'ingrandimento non ci siamo noi ma il comportamento altrui, solitamente gli scudi difensivi restano abbassati. Quegli atteggiamenti e comportamenti negativi che, per i nostri meccanismi di difesa, facciamo fatica ad individuare in noi stessi, diventano immediatamente evidenti e lampanti quando spostiamo il nostro sguardo sugli altri.
Come per Luca: di tutti i difetti che poteva individuare nel suo compagno più piccolo, ne aveva trovato insopportabile solo uno: il fatto che questi non smettesse mai di parlare. Come faceva lui.
Il fastidio che proviamo per certi atteggiamenti altrui allora non potrebbe diventare un prezioso segnale per scoprire quelle aree in cui forse siamo chiamati a cambiare anche noi?
45 - Continua
La prossima tappa sarà online lunedì 7 dicembre
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L'Autore
Letizia Capezzali è pedagogista. Laureata presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con una specializzazione in Pedagogia Clinica, lavora da oltre 15 anni in ambito educativo. |
Pubblicato il 3 dicembre 2020
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12. Tu sei prezioso
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16. Trovare il bene anche nelle difficoltà
19. Amare sé per amare gli altri
20. Mettere in sicurezza il cuore
24. "Io mi arrabbio perché io..."
25. Le nostre "spie" interiori
30. Il diritto di vivere le emozioni
33. Quando i sentimenti cercano di dirci qualcosa
35. La libertà nostra e degli altri