Ascolta il dolore
Per tanti anni, quando qualcuno mi raccontava di sue sventure o fatiche, quando mi condivideva la sua sofferenza o le sue difficoltà, quasi in automatico la mia mente iniziava a lavorare per cercare di tirar fuori quella persona dal suo stato. Era quasi una missione.
Smettevo di ascoltarla per trovare una soluzione o una parola da dire per darle un po' di speranza. L'intenzione era davvero buona: volevo sinceramente cercare di sollevarla dal suo dolore.
Finché un giorno, una persona a me cara mi disse ciò che probabilmente avevano pensato tante delle persone che avevo tentato di tirar su di morale e che nessuno aveva mai avuto il coraggio di dirmi: “Non ho bisogno che mi dai le tue soluzioni, ho bisogno che stai con me nel mio dolore”.
Dolori da cui non si scappa
Stare con l'altro nelle sue emozioni, stargli accanto nelle sue fatiche, senza cercare di consigliarlo, senza cercare di indirizzarlo dove crediamo sia meglio che vada: ne siamo capaci?
Io personalmente faccio ancora molta fatica.
“Non ho bisogno che mi dai le tue soluzioni, ho bisogno che stai con me nel mio dolore”. Quando questa persona mi fece questa richiesta, lì per lì rimasi sorpresa. Non capivo come si potesse desiderare di rimanere nel dolore. In fondo le mie proposte e le mie soluzioni volevano essere una mano tesa per tirarla fuori proprio da quello stato d'animo che la appesantiva.
Più tardi, col tempo, mi resi conto che nessuno vuole rimanere nella sofferenza, ma ci sono dolori da cui semplicemente non puoi scappare: la morte di una persona cara, una grave malattia, l'abbandono o il rifiuto da parte di chi si ama... Sono sofferenze enormi che purtroppo non puoi fuggire. Le puoi solo affrontare. Ci devi entrare dentro. Se qualcuno che ami e che ti ama è lì con te, a volte possono diventare un po' più sopportabili.
Anche Gesù vive questa esperienza. Nell'orto degli Ulivi la sua anima è in preda all'angoscia, Gesù “è triste fino alla morte” (Mt 26, 36-46).
“Padre, se vuoi allontana da me questo calice”: anche Gesù non desidera rimanere nel suo dolore. Vorrebbe esserne sollevato, ma capisce che non è possibile. Anche il suo è un dolore da cui non può scappare. In preda all'angoscia allora chiede ai suoi amici, a Pietro, Giacomo e Giovanni, di rimanere con lui e di vegliare insieme a lui.
“Il suo dolore non è il mio”
Rimanere accanto a chi soffre. Ascoltare il dolore di chi ci sta accanto. Spesso impotenti. Come fare?
Quando quella persona mi chiese di stare con lei nella sua sofferenza, senza fare niente, solo standole vicino, mi resi conto che per me la cosa non era affatto semplice. Provavo un forte disagio. Avrei voluto scappare.
“Perché? - mi chiesi – in fondo il suo dolore non è mio”. E fu lì che mi si accese la lampadina: come avevo vissuto i miei dolori fino ad allora?
Fu sconvolgente accorgermi che semplicemente non li avevo vissuti. Non mi ero permessa di viverli: avevo messo a tacere il sentimento di tristezza ogniqualvolta si era affacciato in me.
Nel pensare al modo in cui avevo affrontato i miei dolori – scappando – mi resi conto che stavo semplicemente applicando agli altri il trattamento che riservavo a me.
Come non ascoltavo i miei sentimenti di tristezza e li fuggivo, allo stesso modo provavo un forte disagio se mi sentivo costretta a rimanere in quelli di chi mi stava accanto.
Lasciati amare
Nella Lettera ai Romani, San Paolo invita i cristiani a rallegrarsi con quelli che sono nella gioia e a piangere con quelli che stanno nel pianto (Rm 12, 15). Li invita a rimanere con il fratello nelle sue emozioni. È una grande forma di amore. È il modo per costruire relazioni profonde con le persone che abbiamo accanto. È riempire il loro dolore con una presenza di amore.
Tuttavia, ancora una volta, “Ama il prossimo tuo come te stesso” ci dice che noi possiamo dare agli altri solo quello che abbiamo prima ricevuto.
È l'esperienza alla base del cristianesimo. Come afferma don Luigi Maria Epicoco, “il cristianesimo sembra l'imperativo dell'amore: “ama”. Ma il cristianesimo non è innanzitutto “ama”. Il cristianesimo è “lasciati amare”. Perché Dio ci precede nell'amore”.
È l'esperienza di un dono sovrabbondante, prima ricevuto e poi condiviso.
44 - Continua
La prossima tappa sarà online giovedì 3 dicembre
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L'Autore
Letizia Capezzali è pedagogista. Laureata presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con una specializzazione in Pedagogia Clinica, lavora da oltre 15 anni in ambito educativo. |
Pubblicato il 30 novembre 2020
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Le tappe già pubblicate
1. Un percorso per scoprire come imparare ad amare
3. «Non sei abbastanza», una grande bugia
4. «Mio padre è il padrone del mondo»
5. Amàti sempre. Così come siamo
11. Profugo e ricercato a 2 anni
12. Tu sei prezioso
15. Amàti nelle nostre miserie
16. Trovare il bene anche nelle difficoltà
19. Amare sé per amare gli altri
20. Mettere in sicurezza il cuore
24. "Io mi arrabbio perché io..."
25. Le nostre "spie" interiori
30. Il diritto di vivere le emozioni
33. Quando i sentimenti cercano di dirci qualcosa
35. La libertà nostra e degli altri