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Anche Mons. Lanfranchi
tra gli Amici della Mietitrebbia

A un anno dalla morte del Vescovo di Modena un nuovo volume della collana “Il centuplo quaggiù
e l’eternità”. Antonio Marchini: attorno alla Mietitrebbia sono cresciute amicizie vere

lanfranchi marchini

Portano lo stesso nome e la strada della vita li ha fatti incontrare: sono Antonio Marchini, il patron dell’associazione “La Mietitrebbia” e del Premio Cuore d’oro, e Antonio Lanfranchi, vicario generale a Piacenza e poi vescovo a Cesena-Sarsina e a Modena, morto il 17 febbraio di un anno fa a 68 anni. Nell’ottobre 2011, sotto il Tendone di Mortizza, mons. Lanfranchi aveva ricevuto anche lui il Premio Cuore, un riconoscimento consegnato a medici di primo piano a livello nazionale e internazionale, assegnato in quell’occasione a un Pastore, perché, spiega Marchini, l’uomo è fatto di corpo e di anima.
Oggi il nostro settimanale ricorda mons. Lanfranchi con una nuova pubblicazione della collana “Il centuplo quaggiù e l’eternità” scritta da Lucia Romiti e realizzata grazie alla collaborazione di alcune aziende, del Comune di Ferriere, dell’Ucid (mons. Lanfranchi ne era il consulente ecclesiastico), dell’associazione “La Mietitrebbia” e del settimanale Corriere Cesenate. Nei giorni scorsi, il 17 febbraio, il vescovo mons. Gianni Ambrosio ha presieduto in Cattedrale a Piacenza una messa in suo ricordo.


Le relazioni che nascono dalla “terra”

Anche mons. Lanfranchi, originario di Grondone di Ferriere dov’era nato il 17 maggio 1946, proviene da quella cultura contadina che viene celebrata ogni anno nella manifestazione di Mortizza alle porte di Piacenza.
“Ricevere questo Premio per me - dichiarava alla stampa ricevendo l’onoreficenza nel 2011 - è un’occasione per stringere legami, per essere sempre vescovo tra la gente e per dare valore alle relazioni che nascono dalla terra, dal mondo contadino, relazioni che non riguardano semplicemente il corpo, ma l’integralità della persona”.
“Quando nel febbraio 2014 è morta mia moglie Giuliana - ricorda Marchini - mons. Lanfranchi è venuto al rosario da Modena fino a casa mia. Non lo potrò mai dimenticare”. Le amicizie vere sorprendono sempre.


Sette fratelli e la licenza elementare a 17 anni

Ma come è nata l’esperienza del Premio Cuore d’oro che ha così segnato la vita di Antonio Marchini?
Marchini è nato a Muradolo il 4 luglio 1933, festa del patrono S. Antonino. L’anno dopo la sua famiglia si spostava a Roncaglia, paese che diventerà con Gerbido e Mortizza il centro della sua attività. Il padre Ernesto lavorava con l’impresa Rizzi nel settore edile, la madre Delfina Zilioli seguiva da vicino i sette figli.
Nel ‘44-’45 la scuola di Roncaglia chiude a causa dei bombardamenti sempre più pericolosi. Marchini non ha ancora concluso gli studi, ma, terminato il conflitto mondiale, il padre lo spinge a rientrare sui banchi di scuola. Prenderà la licenza elementare a 17 anni.
Nel ‘62 avviene il matrimonio del 29enne Antonio con Giuliana Groppi. “Iniziava - racconta - l’avventura della mia famiglia alla Riazza Piccola, a poca distanza da Gerbido. Lavoravamo 70 pertiche di terra, ma negli anni siamo arrivati a seguirne addirittura 1500. Con mia moglie non abbiamo mai litigato - racconta commosso -, si discuteva solo su piccole questioni di lavoro”.


Polenta e coniglio

Nel ‘65, un incontro che segna una svolta. Marchini viene ricoverato all’ospedale di Borgonovo. In quegli anni seguiva il trasporto del latte; una strana febbre lo perseguitava tanto da spingere i medici al ricovero in ospedale. A curarlo è il dott. Leopoldo Celli, pioniere dell’endoscopia, primario al Niguarda di Milano e medico a Borgonovo.
Celli, classe 1912, originario di Roncaglia, non vuole essere pagato ma accetta una cena a base di polenta e coniglio a casa Marchini. La cena diventa così un appuntamento fisso, tutte le settimane, e in casa dell’agricoltore Antonio passano fior di medici dall’Italia e non solo. Addirittura avrebbe dovuto arrivare il grande Christian Barnard, il sudafricano autore del primo trapianto di cuore, ma Celli venne a mancare prima del fatidico incontro.

L’amicizia ha vie impreviste e grazie al prof. Mario Valentino, primario di urologia all’ospedale di Piacenza, Marchini incontra nel 1990 il cardiochirurgo Mario Viganò. “Nasceva un’amicizia sincera che un contadino come me non avrebbe mai pensato di avere”, sottolinea nel libro di Mauro Molinaroli “La mietitrebbia e il cuore d’oro”.

Nel 1975 Marchini con altri agricoltori decide di acquistare una mietritrebbia. Non vogliono più essere penalizzati perché, nei loro campi, la mietitrebbia arrivava dopo aver concluso il lavoro nelle aziende più grandi. “Eravamo una ventina quelli interessati. La settimana dopo, per la stesura del contratto, la metà si era dileguata. In dieci decidemmo di procedere all’acquisto al Consorzio agrario la mattina dopo. Ci siamo presentati in cinque!”.
L’acquisto va comunque in porto e nel ‘76 al ristorante “I cacciatori” di Castione di Pontedell’Olio, va in scena la prima cena della mietitrebbia, all’insegna della solidarietà e del lavoro insieme.

A tavola si stringono legami e il dott. Viganò propone alcuni anni più tardi a Marchini di dar vita a una manifestazione organizzata, con un suo valore anche sul piano scientifico. E così è.
Sarà un autentico successo in cui Marchini, con la sua indomabile verve, dà compattezza al gruppo in un clima di festa popolare.
Nasce l’associazione che darà vita al Premio Cuore d’oro il primo venerdì di ottobre con il sostegno in particolare della Fondazione di Piacenza e Vigevano, e ogni anno a giugno alla benedizione dei trattori a Mortizza.

Tra i suoi maestri, Marchini non può dimenticare mons. Pio Marchettini e don Luigi Bearesi. Mons. Marchettini, storico direttore del Collegio Morigi, ha dato man forte a Marchini quando venne raggiunto dalla notizia della nomina a Cavaliere da parte del Presidente della Repubblica. “Inizialmente pensai a uno scherzo, ma il sindaco Vaciago e il presidente della Provincia Squeri mi rassicurarono. Don Pio scrisse e mandò il mio curriculum a Roma: «laurea a 17 anni in quinta elementare senza raccomandazioni!». Don Bearesi è stato più che un amico. Con lui mi ritrovai a studiare il dialetto e a declamare poesie. Sapeva cogliere la vera anima della nostra cultura contadina. Quanti amici sul mio cammino che non potrò mai dimenticare!”.

Davide Maloberti

La poesia di mons. Bearesi dedicata a mons. Lanfranchi
L’altalena

La poesia è stata composta da don Bearesi alla fine del 2003 quando mons. Lanfranchi venne nominato vescovo.
Si fa riferimento all’impegno dell’allora vescovo mons. Monari nella ricerca di un nuovo vicario generale, scelta che poi cadde su mons. Lino Ferrari.

Don Antonio Lanfranchi, Vicario,
ha già scritto sul piccolo diario.
Dondolavo, ma poi l’altalena
da Piacenza m’ha spinto a Cesena.
Sarò Vescovo, un giorno, a gennaio:
sarà festa oppur sarà un guaio?

Il Monari mi dice e non tace:
“Son contento, però mi dispiace...
Farai strada, successo e carriera,
t’accompagna la nostra preghiera.
Ma quel vuoto che lasci a Piacenza
or diventa la mia penitenza;
ho provato a sfogliar l’annuario,
per scoprire un novello Vicario,
ma arrivato che sono alla «zeta»
ho finito per dire Compieta!”

Don Antonio, non dar grattacapi
ai canonici, ai vescovi, ai papi.
Entrerai trionfante a Cesena,
ma si muove a zig-zag l’altalena:
chi sarà quel prelato modello
a sedersi sul sacro sgabello?
I canonici dicon l’Ufficio,
ma balbettano con sacrificio:
l’occhio scorre sul vecchio breviario,
ma la mente va al nuovo Vicario!

Don Antonio, il tuo dolce sorriso
fa brillare l’episcopo viso:
sarà sempre la tua calamita
per salvar la persona smarrita.
Sei l’Eletto, vai pure a Cesena,
ma ricorda la dolce catena
della quale non puoi fare senza:
il tuo cuore rimane a Piacenza.

Don Luigi Bearesi

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