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Suor Leonella e noi

Da Mogadiscio a Caorso, sperare contro ogni speranza

sperare

“Non resisteranno mai”: suor Leonella li chiama “profeti di sventura”. Sono quelli che non credono che riuscirà a far partire una scuola per infermieri di alto livello nell’inferno della capitale somala. Era una sfida che aveva accettato nel novembre 2011, su richiesta dell’ong “SOS Villaggio dei Bambini” che gestiva un ospedale pediatrico. Si presentano oltre cento aspiranti allievi tra i 29 e i 38 anni. Superano il test in 24, dodici uomini e dodici donne. Sfidano il pericolo di essere colpiti da un proiettile vagante pur di non perdere un’ora di lezione.
Suor Leonella, forte della fiducia nella Provvidenza, sapeva sperare contro ogni speranza. Ne ha fatto esperienza anche Arianna Beltrami, caorsana, colpita da aneurisma nell’agosto 2015. “Il vero miracolo – racconta – non è che io oggi sia qui a raccontarti dell’aneurisma e che non abbia riportato conseguenze; il vero miracolo, per me, è che non ho avuto paura e non mi sono sentita sola nel momento in cui potevo morire. Se non ho problemi a raccontare la mia storia, è perché sento che oggi le persone hanno bisogno di speranza. Io l’ho provata, senza alcun merito. Ero immobile, eppure mi sentivo in pace. Mi ha sostenuto la preghiera di tanti. In paese quando incontravo qualcuno glielo dicevo: «grazie, sono viva anche grazie a te»”.

Pubblicato il 17 maggio 2018.

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