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Maddalena è uscita dalla prostituzione

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“Nel 2014 siamo intervenuti con 21 unità di strada e circa un centinaio di volontari. Attraverso esse abbiamo avuto circa 10.000 contatti con 3.500 vittime di tratta. Ad ognuna di esse abbiamo offerto la possibilità di essere immediatamente liberate e denunciare i loro sfruttatori. Abbiamo accolto quasi 200 vittime di tratta, con esse anche 25 figli. In 25 anni di attività la Comunità Papa Giovanni XXIII ha liberato più di 7mila persone vittime di tratta”.
Sono parole di Paolo Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da
 don Oreste Benzi.


Maddalena ce l’ha fatta!

E tra queste 7mila c’è Maddalena, un nome di fantasia legato però ad una storia vera, quella di una donna dell’est d’Europa con una figlia di tre mesi, arrivata in Italia con la promessa di una vita migliore e un lavoro.
Tanti sogni inghiottiti da quella strada che sembra non finire mai, ma che grazie ad un incontro, inaspettatamente si apre.

L’INCONTRO. Inverno 2014, sembra una sera come tante, ma non la è: Maddalena viene avvicinata a Piacenza dai volontari dell’unità di strada della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Nei suoi occhi tanta paura ma anche un filo di speranza; la ragazza è tenuta sotto controllo, ma il desiderio di trovare una via d’uscita traspare dai suoi gesti: il numero verde antitratta digitato furtivamente sul suo cellulare e un bacio alla coroncina del Rosario che riceve in dono.
Ma non tutto fila liscio: quando i volontari stanno per andarsene un’auto blocca loro la via d’uscita, un uomo, connazionale di Maddalena, molto minaccioso scende, urla e se ne va.

SOTTO STRETTO CONTROLLO. Trascorre una settimana, Maddalena è ancora in strada, ma non è più sola e finge di non conoscere i volontari.
Con lei un’altra donna, atteggiamento sprezzante e un fare indagatorio: “Dove vengono portate le ragazze che decidono di lasciare la strada?”.
Quella donna è lì per sorvegliare Maddalena e a controllare la situazione non c’è solo lei; poco dopo un uomo a bordo di un’auto pedina i volontari.

UN SMS DI SPERANZA. “Ciao sono Maddalena ragaca che lavora strada... obizionio x tuo aiutooo... x mia figlia”.
Maddalena ha finalmente trovato il coraggio di fidarsi, un breve sms lo rivela.
Basta solo fissare un appuntamento e l’occasione si presenta il giorno dopo: Maddalena accetta di incontrare una volontaria.

L’ORA DELLA VERITÀ. Maddalena ha 25 anni e una figlia di 3 mesi.
Il padre della bimba è del suo Paese, ma la piccola è stata riconosciuta da un italiano che si è prestato a riconoscerla in cambio di 800 euro.
Ora il padre naturale è tornato e vuole stare con loro. Maddalena gli crede e vuole dargli un’altra possibilità.
È arrivata in Italia ingannata da una ragazza che le aveva offerto un lavoro come baby sitter o cameriera in pizzeria. Ma non è stato così: una volta in Italia, questa l’ha costretta a “lavorare” sulla strada, a vivere insieme e a consegnarle tutti i soldi che guadagna.
La sua “sfruttatrice” (nome improprio per definirla, perché anche lei a sua volta viene sfruttata ed è molto probabilmente vittima del racket), non è una sconosciuta: era la sua vicina nel Paese d’origine.

L’OCCASIONE. Maddalena è decisa a tornarsene a casa, cerca aiuto per sistemare i documenti della figlia e poter rimpatriare.
Sembra disposta a fare il salto, ad accettare la proposta di aiuto: i documenti per la piccola e un posto protetto dove stare.
Tutto è pronto, ma non Maddalena.
La paura la paralizza, chiede tempo, poi si racconta: il padre di sua figlia è tornato da una settimana e lei vuole provare a stare con lui.
Sembra impossibile farle cambiare idea.

LA FINE DI UN INCUBO. La segnalazione fatta da parte dell’unità di strada della Comunità Papa Giovanni XXIII al Comando della Polizia Municipale di Piacenza porta ad una retata e Maddalena e la figlia di tre mesi vengono portate via dall’appartamento in cui vivevano con la donna che le teneva in scacco.
Maddalena accetta volentieri la proposta di accoglienza per lei e la figlia presso una Casa-famiglia della Comunità.

“L’amore disarma: quando uno si sente amato del tutto, sempre, ovunque, a qualsiasi costo, non teme più - così diceva don Oreste Benzi -, lascia cadere le armi e al posto dell’odio subentra l’amore, al posto della menzogna subentra la verità, al posto della morte entra la vita”.

Erika Negroni

Da “Oltre la strada”
al Tavolo della Tratta

Che cosa si fa a Piacenza per contrastare la prostituzione

(E. N.) “Nessuno libera nessuno, nessuno si libera da solo: ci si libera insieme”.
Parole di Paulo Freire, noto pedagogista brasiliano, estrapolate dalla sua “Pedagogia degli oppressi”; parole che calzano a pennello al territorio di Piacenza, che nella lotta al fenomeno della tratta di donne schiavizzate per fini sessuali ha un’unica, seppur complessa, parola d’ordine: lavorare in rete.

La protezione sociale, un’occasione per abbandonare la strada 
Il Comune di Piacenza da quasi vent’anni aderisce al progetto regionale “Oltre la strada”, un sistema integrato di interventi socio-sanitari dedicato a persone che si prostituiscono sul territorio comunale, vittime di grave sfruttamento e tratta a scopo sessuale, di lavoro e accattonaggio.
Una delle aree di intervento, è la protezione sociale, un percorso che si occupa di accoglienza e progetti finalizzati all’autonomia personale, economica e abitativa.

“Ogni anno abbiamo in carico circa 20-25 ragazze, provenienti da diverse nazionalità - ha sottolineato Martina Colledani, operatrice del progetto “Oltre la Strada” -. Un aspetto ostico è certamente la questione lavorativa: cerchiamo di far rete con il territorio, grazie alle agenzie di formazione, per esempio”.
Un lavoro ma anche un luogo dove vivere: le ragazze solitamente vengono ospitate in strutture del territorio, ma anche in regione o addirittura fuori regione, a seconda della pericolosità della situazione. “Negli anni abbiamo fatto diversi rimpatri assistiti con OIM, questo accade soprattutto quando le ragazze riescono a recuperare le relazioni nei paesi d’origine”.

L’unità mobile in strada, non solo presidi sanitari
Seconda aera d’intervento è la riduzione del danno. Un’attività di sportello che si occupa di tutela della salute, sostegno psico-sociale, accompagnamento ai servizi territoriali e consulenza legale; ma anche l’intervento in strada, a fianco delle donne schiavizzate, grazie all’Unità Mobile che fornisce supporto diretto nei luoghi di prostituzione.
“Con l’Unità mobile si punta in primis alla tutela della salute ma non solo -ha aggiunto l’operatrice del Progetto -. Si desidera creare relazioni di qualità, creare rapporti di fiducia e permettere alle vittime della tratta di uscire dalla strada”.

Il Tavolo della Tratta, uniti per abbattere la schiavitù in strada
Molte Province non sono ancora riuscite ad organizzarlo, ma questo non è il caso di Piacenza.
Convocato dall’Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Piacenza, “il Tavolo della Tratta” è uno spazio di confronto e progettazione che vede tra i presenti istituzioni e associazioni che a Piacenza si occupano del fenomeno prostituzione.
Prefettura, Procura, Comando Provinciale dei Carabinieri, Polizia Municipale, Ausl e diverse associazioni territoriali, sono gli attori di un “Tavolo” che desidera arginare, comprendere e trovare azioni risolutive alla tratta delle donne.
Un lavoro di rete in cui più competenze e ambiti d’intervento si incontrano e dialogano tra loro.
“In questo ultimo periodo abbiamo indetto un incontro mirato ad affrontare un fenomeno a cui dobbiamo dare una concreta risposta: il fenomeno delle ragazze nigeriane vittime della tratta, richiedenti asilo politico”, ha ricordato la Colledani.

Servizio pubblicato sull'edizione de "il Nuovo Giornale" di venerdì 6 novembre 2015

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