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Come i profughi, alla frontiera

Caritas, un gioco di ruolo per capire

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Frontiera. In fila c’è l’anziano eritreo, diabetico. C’è una coppia siriana con un bimbo; l’altro è morto nel viaggio. La nigeriana sopravvissuta al rapimento di Boko Haram. Il minorenne pachistano. L’uomo della Costa d’Avorio che ha casa ha moglie e figli.
Alcuni ufficiali devono decidere se farli entrare o no nel Paese. Gli osservatori dell’Unhcr - l’organismo dell’Onu che si occupa di rifugiati - sorvegliano che tutto si svolga secondo le convenzioni internazionali.

“Posso entrare?”: è un gioco di ruolo che Rita Casalini, operatrice della Caritas diocesana del “Servizio giovani, emergenze e mondialità” porta nelle scuole e che aiuta i ragazzi a calarsi dentro la realtà dei richiedenti asilo da più prospettive. “Sono tutte storie vere, di persone che abbiamo incontrato”.
È un modo originale per riflettere sul fenomeno migratorio che colpisce gli studenti. “Ma più a livello di informazione, che di coinvolgimento emotivo”, non nasconde l’operatrice Caritas, che ha lavorato nelle classi di terza Media e delle Superiori.
“Emerge quanto poco si conosca delle situazioni di certi Paesi: nonostante siamo invasi di canali di informazione, c’è chi non ha mai sentito parlare di Boko Haram o del regime eritreo”. 

E le parrocchie? Le richieste finora non sono molte. Ma la proposta è aperta anche a loro.

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Pubblicato il 12/2/2018

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