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Cottarelli: l'Italia è un Paese estremamente vulnerabile

cottarelli

La facoltà di economia e giurisprudenza dellUniversita Cattolica di Piacenza, insieme alla corso di laurea magistrale in Banking e Consulting e al Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali in collaborazione con Ucid, Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, hanno ospitato presso l’Universita Cattolica di Piacenza il professor Carlo Cottarelli per parlare sullo stato dell’economia italiana dopo il Covid. Cottarelli è stato introdotto da Stefano Monferrà, ordinario di economia degli intermediari finanziari e direttore di Banks, il centro studi dell’Universita Cattolica, ed intervistato dai numerosi studenti presenti e dal presidente Ucid Giuseppe Ghittoni.
Questo l’intervento di Carlo Cottarelli.

Il Covid: shock sanitario, sociale, ma anche economico 

“A seguito della crisi sanitaria nel 2020 - ha detto Cottarelli- il Pil in Italia cade del 9%, ma succede qualcosa di molto diverso dalle precedenti crisi del 2008/2009 e del 2011/2012, il rimbalzo è stato molto più rapido per diversi motivi, sia perché le crisi economiche legate ad una pandemia durano meno rispetto a quelle create da crisi finanziarie, sia perché il nostro paese, essendo legato ad una produzione prevalentemente manifatturiera di piccole e medie imprese, è riuscito a riorganizzarsi con maggior facilità, ma prima di tutto perché l’Italia nelle precedenti situazioni si è trovata a dover affrontare le crisi con vincoli finanziari molto stingenti anche in ragione del forte debito pubblico, rendendo impossibile realizzare politiche di sostegno all’economia. Nel 2020 però le cose sono cambiate: grazie ad un massiccio acquisto dei titoli di stato da parte della BCE, si sono potuti realizzare programmi di aiuto per le famiglie e per le imprese, oltre ad investimenti sulla sanità ed a favore dell’occupazione ed alla concessione di numerosi bonus. Una marea di soldi a famiglie ed imprese a sostegno del reddito e della capacità di spesa degli italiani per rafforzare la fiducia del consumatore con politiche espansive, che hanno permesso una forte ripresa dell’attività produttiva nel corso del 2021”.

L’Inflazione un problema macroeconomico

“A seguito dell’inflazione i prezzi sono cresciuti più rapidamente che nei precedenti venti anni, un aumento associato a differenti eventi come la guerra in Ucraina, il rincaro delle materie prime e politiche macroeconomiche forse troppo espansive. Nessuno però aveva mai visto una crisi come quella creata dal covid, la necessità di politiche espansive era indubbia ma probabilmente si è esagerato con le conseguenze oggi visibili. L’aumento del costo delle materie prime - ha proseguito il relatore - è stato il primo sintomo dell’inflazione, dovuto ad una massiccia domanda che ha creato fenomeni speculativi, ma l’eccesso di domanda ha interessato poi un po’ tutti i prodotti. In una prima fase le banche centrali hanno negato il problema, ma via via che diventava evidente e che i prezzi non scendevano la Fed e la BCE si sono viste costrette ad aumentare i tassi d’interesse in maniera moderata”.

Crescita italiana ed incertezze

“Il pil italiano ha avuto un rimbalzo molto forte nel secondo trimestre 2022, la crescita seppur moderata continua e la disoccupazione è sotto la media storica, con i livelli di occupazione più alti mai registrati, seppur bassi se paragonati a quelli di altri paesi e comunque in parte influenzati anche da una riduzione della forza lavoro. Le prospettive di crescita e di occupazione sono dunque buone ma quali sono le incertezze? Fondamentalmente sono quattro - ha specificato il professore - in primo luogo bisognerà capire come evolveranno i tassi d’interesse, è importante che le banche centrali non si facciano prendere la mano, penso però che questo sia un problema lieve poiché BCE e FED temono la recessione molto più dell’inflazione, anche se quest’ultima sarà destinata a perdurare ancora per qualche tempo. La crisi di alcune banche americane ed elvetiche ha creato sintomi di squilibri finanziari, ma oggi il sistema bancario, sopratutto quello europeo, è molto più solido e le banche sono maggiormente capitalizzate, quindi ritengo che anche questo rappresenti un rischio minimo. Poi c’è il problema Ucraina ed il rischio dell’interruzione totale del gas russo, che copre in Italia ancora il 13% del suo fabbisogno. Infine in Italia c’è il rischio di eventi imprevisti, siamo un paese estremamente vulnerabile, sia per il debito pubblico sia per la bassa crescita, la nostra fragilità ci rende legati alla necessità d’interventi esterni come quello europeo”.

Una buona crescita per l’Italia 

“L’Italia sta crescendo bene, più della Francia e della Germania, anche grazie alla solidarietà europea che ha privilegiato gli stati del sud Europa. Ma quanto durerà tutto questo?, ha concluso. Anche il mercato del lavoro sta andando bene, grazie all’aumento dei prezzi che creano alti profitti, ma il tasso di risparmio delle famiglie di lavoratori dipendenti è diminuito, anche perché i salari sono molto più bassi rispetto alla media degli altri paesi europei. Il debito pubblico italiano resta sempre molto elevato, fortunatamente la quota maggiore oggi è detenuta dalle istituzioni europee, non soggette ad interessi speculativi o a suggestioni del mercato”.

Stefania Micheli

Pubblicato il 29 maggio 2023

Nella foto,  l'incontro in Cattolica con il professor Cottarelli.

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