Se Gesù mette
a soqquadro la vita
Dal Vangelo secondo Matteo (24,37-44)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo.
Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano
e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno
in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne
il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo.
Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via
e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola:
una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno
il Signore vostro verrà.
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte
viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
La nostra vita e la Parola
Accorgersi. È possibile vivere senza accorgersi di nulla: “non si accorsero di nulla finché venne il diluvio”. Vivere e non accorgersi di come sta andando la mia vita, il mio cuore. Vivere senza accorgersi che un figlio sta soffrendo, che il padre o la madre stanno attraversando un momento difficile. Vivere e non accorgersi che sta accadendo qualcosa di nuovo, di grande: non accorgersi che un seme sta germogliando, che una luce si sta accendendo.
Accorgersi non vuol dire semplicemente vedere ma anche comprendere: saper leggere il senso di quello che avviene anche quando è imprevisto e sconvolge i nostri progetti o previsioni.
C’è nel brano evangelico di questa prima domenica di Avvento il richiamo al pericolo di vivere incoscienti, senza coscienza, sia la nostra vita quotidiana, il nostro mangiare e bere, sia le nostre grandi scelte, come prendere moglie e marito. C’è il rischio di dimenticare che tutto quello che viviamo sono i giorni che precedono qualcosa di grande che ci viene incontro. Tutte le esperienze che viviamo sono attesa di un compimento, per questo, come scriveva Emily Dickinson, “non sapendo quando l’alba possa venire, lascio aperta ogni porta”.
L’attesa. Per Noè l’attesa significò concretamente costruire un’arca per poter affrontare l’avvenimento del diluvio: in mezzo a una generazione corrotta e piena di violenza Noè era uomo giusto e integro e camminava con Dio. Quello che ci preserva dal vivere da incoscienti è proprio il rapporto con colui che ha fatto ogni cosa e per il quale tutto è stato fatto.
Quando Dio esce dall’orizzonte della nostra vita, quando smarriamo la consapevolezza di come siamo fatti e di chi ci ha fatti la vita diventa un automatismo e un susseguirsi di cose da fare che divorano il tempo che scorre. Il Figlio dell’Uomo, il Signore Gesù, non è un ladro che viene di notte per portarci via quello che noi riteniamo sia nostro. È qualcuno a cui conviene lasciare aperta la porta. Il ladro scava una breccia per penetrare in un’abitazione, il Figlio dell’uomo bussa alla porta di chi lo attende. Vegliare è quindi un’attesa amorosa. Chi deve difendere la propria vita mette allarmi dappertutto, chi aspetta la visita di un amico già pregusta il suo arrivo. Certo, lo sappiamo, Gesù non è un amico qualunque, è un amico impegnativo: quando arriva mette a soqquadro il nostro ordine e ci disinstalla, ma siamo certi che ci ama.
Don Andrea Campisi
Pubblicato giovedì 27 novembre 25
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