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Una mostra su Mochi nei 400 anni di Piazza Cavalli: inaugurazione il 13 dicembre

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Piacenza celebra l’artista che scolpì i “suoi” cavalli: nel 400esimo anniversario dall’inaugurazione della piazza più rappresentativa della città, il 13 dicembre verrà inaugurata la mostra “Piacenza e i suoi cavalli. Francesco Mochi e il genio equestre 1625-2025”, organizzata e ospitata dalla Banca di Piacenza al PalabancaEventi di via Mazzini. L’esposizione, evento inserito nella Rete Cultura Piacenza, resterà attiva fino al 18 gennaio 2026 con l’obiettivo di celebrare l’arte e il genio di Francesco Mochi, lo scultore toscano che nel 1612 fu incaricato dai Farnese di erigere le statue equestri di Ranuccio e Alessandro.

In mostra anche un “pagamento” al Mochi

Tra le opere in mostra ci sarà anche un documento originale che attesta un pagamento allo scultore toscano, alcuni quadri raffiguranti esponenti della famiglia Farnese e due opere del Mochi, una delle quali particolarmente interessante. Le statue dei cavalli saranno raccontate con un gioco immersivo. L’iniziativa è stata presentata in conferenza stampa venerdì 7 novembre nella Sala Ricchetti della Banca di Piacenza dal curatore scientifico Antonio Iommelli, direttore dei Musei Civici di Palazzo Farnese, insieme al presidente della Banca di Piacenza Giuseppe Nenna e alla sindaca di Piacenza Katia Tarasconi. Presenti, per la Banca, anche il vicepresidente Domenico Capra e l’amministratore delegato e direttore generale Angelo Antoniazzi, oltre all’assessore comunale alla cultura Christian Fiazza, al presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Roberto Reggi e all’architetto Franco Rolle per la società milanese Neo, curatrice dell’allestimento.

Verso la Capitale europea della cultura

La mostra racconta perché fu decisa la costruzione dei due cavalli a Piacenza e il motivo che portò alla scelta dello scultore toscano, presente in mostra con l’esposizione di altre sue importanti opere. Non solo, la rassegna vuole promuovere la conoscenza dell'arte barocca e del contesto storico-artistico di Piacenza nel XVII secolo. I contenuti della mostra (non solo espositiva) saranno accessibili attraverso diverse modalità di fruizione. Nei loro interventi in conferenza stampa, il presidente Nenna e la sindaca Tarasconi hanno sottolineato il legame della mostra con la candidatura di Piacenza a Capitale europea della cultura 2033. “La mostra non è della Banca, ma della città di Piacenza”, ha detto Nenna. Tarasconi ha ringraziato la Banca che “ogni anno ci offre eventi culturali di altissimo livello” e ha sottolineato l’importanza di ricordare il Mochi a 400 anni dall’inaugurazione di Piazza Cavalli. Il curatore Iommelli ha offerto un excursus storico per inquadrare nel tempo la mostra, “che vuole raccontare la storia di Piacenza attraverso i Cavalli del Mochi, chiamato dai Farnese per portare un po’ di Roma a Piacenza”, ha spiegato. L’assessore comunale alla cultura Fiazza ha annunciato che l’assetto delle casette natalizie, che tradizionalmente vengono allestite in occasione del Natale, verrà modificato per permettere la miglior fruizione possibile delle statue di Piazza Cavalli.

Chi era Francesco Mochi

Formatosi a Firenze con il pittore manierista Santi di Tito, Francesco Mochi passò nella bottega di Camillo Mariani. I suoi principali modelli furono i grandi scultori attivi a Firenze nel Rinascimento, come Donatello, Michelangelo e Giambologna. Il suo primo capolavoro fu l’Annunciazione per il Duomo di Orvieto (1603-1608). Nel 1612 si trasferì a Piacenza (arrivato nella città emiliana tramite un cugino legato alla famiglia Farnese) dove realizzò i due monumenti equestri per Ranuccio e Alessandro Farnese per la piazza principale della città, oggi nota come Piazza dei Cavalli proprio per la presenza delle due sculture. Dal 1629 tornò a Roma e completò la splendida statua, iniziata in gioventù, della Santa Marta per la Cappella Barberini in Sant’Andrea della Valle. Nel 1634 realizzò il bellissimo Battesimo di Cristo, nato per San Giovanni dei Fiorentini, ma mai collocatovi; fu in seguito posto su Ponte Milvio (oggi è a Palazzo Braschi). Nel 1640 terminò la Santa Veronica per uno dei pilastri della cupola di San Pietro in Vaticano, da considerare il suo capolavoro della vecchiaia.

Francesco Petronzio

Nella foto, da sinistra Antonio Iommelli, Giuseppe Nenna, Katia Tarasconi.

Pubblicato l'8 novembre 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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