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Liber Magistri: un viaggio nel cuore del Medioevo

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Il Liber Magistri un antico libro medievale è tornato a parlare alla città, grazie all’impegno e alla passione di Tiziano Fermi, responsabile dell’Archivio Biblioteca Capitolare della Cattedrale, che ha raccolto in un agile volume, dal titolo “Liber Magistri, un’enciclopedia del sapere medievale” (Franco Cosimo Panini Editore), dieci anni di studio appassionato su uno dei manoscritti più preziosi della tradizione piacentina: il codice 65 dello scriptorium della cattedrale. Nel magico contesto della sala degli Affreschi di Palazzo Vescovile di Piacenza, gremita di pubblico, il 25 novembre, mons. Adriano Cevolotto ha dato avvio all’evento, definendo il Liber Magistri, un’opera suggestiva ricca di cultura e spiritualità. Nei suoi ringraziamenti, ha riconosciuto l’impegno di Fermi e dei collaboratori, sottolineando come questo libro sia un vero dono alla città, un invito a riscoprire il Medioevo con occhi nuovi.

Le voci degli studiosi

A coordinare gli interventi è stato Manuel Ferrari, direttore dell’Ufficio beni culturali della diocesi. Primo tra i relatori, Anna Riva - direttrice dell’Archivio di Stato di Piacenza e autrice della prefazione - che ha accompagnato il pubblico dentro il Liber Magistri ed ha mostrato come il codice, già dal XII secolo, fosse considerato un tesoro: un libro “fatto di libri”, contenente testi, citazioni, fonti spagnole, materiali eterogenei che raccontano una città colta, vivace, inserita in una rete culturale ampia. Le miniature, da lei descritte in modo vivido, emergono come chiavi d’accesso a un mondo in cui l’immagine non decorava: insegnava. Sant’Antonino come crociato, Santa Maddalena cortese, la nascita di Maria bambina, gli strumenti musicali: un repertorio iconografico in grado di istruire e commuovere anche chi non sapeva leggere. “Guardare con gli occhi di un uomo medievale - ha ricordato Riva - è l’unico modo per cogliere l’immaginario dell’epoca e la raffinata intelligenza culturale di chi realizzò il manoscritto”.

Poi è stata la volta di Matteo Al Kalak, professore ordinario Università di Modena e Reggio Emilia, che ha definito il volume di Fermi “un’operazione culturale intelligente ed efficace”. La sua riflessione si è allargata oltre il codice: dai libri come testimoni delle comunità del passato, alla “civitas” che vive attraverso cultura e memoria condivisa. Ha insistito sulla necessità di rendere accessibili questi patrimoni - attraverso studi, divulgazione e digitalizzazione - soprattutto ai giovani. Ha sfatato i luoghi comuni sul Medioevo, non età oscura ma crocevia luminoso di saperi, e ha ricordato come allora il sapere fosse unitario, integrale, lontano dalla frammentazione odierna. Le miniature, ha detto, tenevano insieme trascendenza e vicinanza, spiritualità e quotidianità. Un modello da cui forse abbiamo ancora da imparare.

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Il cuore del manoscritto: la lezione dei “magistri”

L’intervento di Tiziano Fermi ha attirato il pubblico dentro le fibre materiali del codice: 452 pergamene, quasi cinquecento miniature, testi liturgici e musicali, calendari astronomici, trattati di computo e musica. Una sorta di “enciclopedia medievale” costruita per formare i giovani canonici, ma anche per guidare la vita liturgica della chiesa piacentina. Fermi ha restituito la complessità di un’opera pensata dai magistri come uno strumento di apprendimento totale: per insegnare a leggere i salmi, cantare i tonari, calcolare la data della Pasqua, comprendere tropi e sequenze. Ha messo in luce la varietà delle fonti - dai testi del VI secolo al trattato di computo andaluso - e la circolazione di idee e modelli artistici, forse anche non locali, che emergono dalle miniature. Sono pagine risalenti al XII secolo che risaltano un’opera usata, vissuta: il calendario obituario ricorda nomi, volti, lasciti…

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Un ponte tra passato e futuro

Il Liber Magistri, che emerge dal lavoro di Fermi, non è semplicemente un prezioso oggetto da museo, ma un ponte. Un ponte tra Piacenza e il Mediterraneo medievale, tra liturgia e scienza, tra immagine e musica, tra il sapere dei magistri e la nostra ricerca di senso. Una storia che continua a interrogare studiosi e comunità, chiedendo nuove indagini filologiche, paleografiche, iconografiche; ma soprattutto chiedendo di essere guardata, ascoltata, capita.

Riccardo Tonna

Nelle foto, dall'alto,Tiziano Fermi con Matteo Al Kalak, il Liber Magistri e l'intervento del vescovo mons. Adriano Cevolotto.

Pubblicato il 27 novembre 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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