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In Camoteca si racconta il tempo dal punto di vista dei libri

camoteca incontro libri 

In Camoteca, lunedì 29,  si è parlato di tempo. “Nel frattempo” è il titolo della serata, seconda e ultima del ciclo “LuneDìLibri”. Ma, a essere sinceri, i racconti de “La Camoteca” non meritano frattempi; in quella piccola saletta che sa di salotto di casa, fra l’odore dei cinquemila libri del “Camo”, il tempo passa lento e intenso. Fra le righe di Silvio D’Arzo, Emanuele Spinelli ha trasportato i circa 40 presenti, raccolti in un meditativo silenzio, in “casa d’altri”. Un luogo in sé poco familiare che racconta una storia di redenzione e, al tempo stesso, di una libertà limitata. Siamo costretti ad avere “un rapporto col tempo”, sta a noi decidere di renderlo “bonario e paziente”, per questo Spinelli ha scelto e messo insieme libri “che possono aiutare a migliorare il nostro rapporto col tempo”. Silvio D’Arzo, nato a Reggio Emilia, dove muore a soli 32 anni, “ricerca la pace narrando di quando lo stare al mondo quella pace la toglie”. E lo fa ambientando la vicenda a Montelice, un minuscolo paese inventato che, secondo alcuni indizi, potrebbe essere in val Trebbia. Il tempo della storia si svolge nella mente del curato, percorre la psiche di un uomo colto e insoddisfatto, che vive nello stesso paese di Zelinda, impegnata ogni giorno nel solito tragitto casa-torrente per lavare i suoi stracci, coi quali convive.

Calvino, Krakauer e Barenboim

Alla chitarra, le note di Gianni hanno legato i tempi della serata da un libro a un altro. Ben diversi da quelli del prete di Montelice sono i ritmi rapidi di Italo Calvino, che nelle “Lezioni americane” accosta avvenimenti assurdi legati apparentemente da uno strano tema amoroso. Si scoprirà poi che il collante è, in realtà, un oggetto magico: un anello. E poi la forza di volontà di Jon Krakauer, che nel 1996 scalò l’Everest, e poi riuscì a tornare indietro – a differenza di otto compagni di avventura – per raccontare l’impresa in “Aria sottile”, uscito l’anno dopo. “Il tempo della montagna – ha commentato Spinelli – ha regole tutte sue: non puoi prendere le misure, è la natura che concede e impone i suoi tempi”. Si passa poi al tempo che si ascolta, “svegliato” dalla musica. È Daniel Barenboim che parla, spiegando il suono e l’aspetto metafisico della musica, fenomeno fisico che si propaga nello spazio, inscindibilmente legato alla durata. “L’orecchio – ha sintetizzato Spinelli –, inviando il suono al cervello, scatena un processo creativo”. Il direttore d’orchestra eleva l’udito alla stessa dignità della vista, il senso più importante e “affidabile” in una società basata prevalentemente sull’immagine.

Paolo Nori e Cormac McCarthy

Il tempo si riduce a un istante e irrompe all’improvviso per sconvolgere chi legge: “Le cose giuste e le cose sbagliate” è il titolo che Paolo Nori dà al racconto che inserisce nella raccolta “Deandreide. Storie e personaggi di Fabrizio De André in quattordici racconti di scrittori italiani”, in dialogo con “La canzone dell’amore perduto”. Nori frammenta la sua narrazione in ventidue piccoli ricordi, che a chi legge sembrano sconnessi. De André compare solo alla fine, a creare di colpo il collegamento, costringendo il lettore a rileggere tutto da capo, pensando a quel verso – “E un po’ di tenerezza” – che è quello che chiude racconto e canzone. Al termine, il tavolino del lettore si allarga, compare una nuova voce: Beatrice Prandini è il “bianco”, Emanuele Spinelli è il “nero”, è il dialogo teatrale di Cormac McCarthy fra un ex carcerato cristiano evangelico, il “nero”, e un professore ateo “bianco”, che ha appena tentato il suicidio. A casa del primo, i due discorrono del senso della vita, della sofferenza, di Dio. Il “nero”, che ha evitato al “bianco” di morire atrocemente sotto un treno, lo ospita nella propria casa newyorkese per combattere il suo nichilismo, conducendolo a un’ampia riflessione che ha al centro un grosso libro, uno dei pochi che il professore non ha mai letto. La Bibbia.

Francesco Petronzio

Pubblicato il 30 maggio 2023

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