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«Pensare richiede confronto, la solitudine è pericolosa perché impedisce la discussione»

Adriano Cevolotto Katia Tarasconi Mario Magnelli

“È un festival che anima i luoghi della cultura di una vitalità nuova. Nulla di statico né di precostituito, ciò che verrà detto in questi quattro giorni non è da prendere come oro colato, ma può essere uno spunto per crearsi una propria idea. Viviamo in un mondo veloce, in cui tutto corre, senza lasciarci il tempo di entrare nel merito: allora fermiamoci, parliamo, elaboriamo, apriamo la mente senza preconcetti. Piacenza ha l’occasione per volare alto”. Così Katia Tarasconi, sindaca di Piacenza, ha aperto la prima edizione del Festival del pensare contemporaneo davanti a una piazza Cavalli gremita nel tardo pomeriggio di giovedì 21 settembre. La rassegna, che porta oltre cento ospiti in undici diversi luoghi della città nel corso di cinquanta appuntamenti, è stata fortemente voluta dal Comune di Piacenza e dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, insieme a tutta la Rete Cultura Piacenza, di cui fa parte anche la diocesi di Piacenza-Bobbio. Gli appuntamenti andranno avanti fino a domenica 24 settembre.

Stimolare il pensiero critico

In apertura, oltre alla sindaca Tarasconi, hanno preso la parola il presidente del comitato promotore Mario Magnelli, il vescovo mons. Adriano Cevolotto, il curatore Alessandro Fusacchia e il direttore filosofico Andrea Colamedici. “L’idea è far parlare a Piacenza grandi esperti su sfide del contemporaneo in circostanze insolite: dialogheranno persone con prospettive diverse. L’auspicio – afferma Alessandro Fusacchia – è che questi ideali siano originali, leggeri e profondi allo stesso tempo. Non è il festival del «pensiero», ma del «pensare», che è un verbo, e dunque ha in sé l’idea dinamica dell’azione. La speranza è che chi decide di passare quattro giorni a Piacenza torni a casa con qualche piccola conoscenza in più, ma soprattutto con una consapevolezza in più. Trasformiamo Piacenza in una piccola capitale della cultura per quattro giorni. La scommessa è che nessuno venga passivamente al Festival per ascoltare perché c’è «qualcuno che parla», ma attivamente: per capire e completare il ragionamento bisogna aggiungere il pensiero critico personale. Il successo del Festival non possiamo crearlo da soli: dunque, chiediamo tutta la vostra gentilezza. Auguro di assistere a un Festival divertente, che rispetti le aspettative e crei nuove attese”.

In prima fila Angelo Manfredini Paola Pedrazzini Manuel Ferrari Christian Fiazza

Nella foto, da sinistra, Angelo Manfredini, Paola Pedrazzini, Manuel Ferrari e Christian Fiazza.

“Non cadere nelle pigrizie mentali”

Per monsignor Cevolotto “la sfida è non cadere nelle pigrizie mentali. Tutti noi – osserva – siamo persone che pensano, ma il pensare richiede anche il confronto, il mettersi in dialogo, essere disposti a essere messi in discussione. È così che il nostro pensare matura, altrimenti assume una forma solitaria. E la solitudine è pericolosa perché impedisce la discussione. Questo festival è già un successo: raramente vediamo una quantità simile di giovani a un evento, è il segno di una domanda che vorremmo intercettare. Cosa chiedete alla nostra città e al nostro territorio? Insieme cerchiamo le risposte”. Andrea Colamedici evidenzia come “abbiamo dimenticato la funzione del pensiero collettivo. Dobbiamo esercitarci a pensare insieme – dice – quando si pensa insieme si perde l’abitudine a darsi costantemente ragione. Il pensiero è la dimensione comunitaria per eccellenza, in questi giorni ci eserciteremo a pensare tutti insieme”.

“Il rap dà spazio per approfondire temi e scavare nella psicologia”

A salire per primi sul palco di piazza Cavalli nell’evento inaugurale, the “Thinking Show”, i rapper Rancore e Willie Peyote. A seguire, il poeta Guido Catalano, la cantautrice Cristina Donà, lo scrittore-narratore Roberto Mercadini e la cantante Giua, che hanno risposto alle domande “filosoficheggianti” di Andrea Colamedici. Sul rap, Willie Peyote sostiene sia “un genere musicale in cui c’è spazio per la parola, vincolata dal ritmo ma con più libertà di approfondire i temi e scavare nella psicologia. La sua forma gli consente di avere più parole a disposizione. Il ritmo è un vincolo, ma anche un vantaggio: farei molta più fatica a scrivere in prosa, senza musica”. Rancore nota che il rap ha “sdoganato argomenti del mondo «giornalistico» ma anche tematiche introspettive. Il genere nasce come mezzo di denuncia politica e sociale, ma anche per raccontare e sfogare i propri problemi personali: pensiamo a Eminem quando parla del rapporto con la propria madre. Quando iniziai a fare il rapper amavo lo skateboard: per saltare c’era un movimento specifico dettato dalla fisica. La stessa cosa l’ho ritrovata nel rap, che definirei come uno sport estremo, ma in musica”.

Francesco Petronzio

Nella foto, l'apertura del Festival con mons. Adriano Cevolotto, Katia Tarasconi e Mario Magnelli.

Pubblicato il 22 settembre 2023

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