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«Senza lavoro non c'è dignità»

messa lavoro daf san giorgio

“Affidando all’uomo il compito di continuare la sua opera, Dio dà al lavoro una dignità straordinaria. Solo dopo la rottura dell’ordine originario, al lavoro è associata la percezione di fatica. Anche se oggi la vera maledizione è essere nelle condizioni di non avere lavoro o di averlo in una forma precaria, sottostimata, che svilisce la persona”. Si è pregato in particolare per le persone e le realtà economiche in sofferenza per la crisi e per le vittime di incidenti sul lavoro alla messa in vista della festa del Primo Maggio celebrata oggi dal vescovo mons. Adriano Cevolotto, che quest’anno è stata ospitata dalla Daf-Al di San Giorgio. Un’azienda storica, che da quasi duecento anni è radicata sul territorio sangiorgino grazie alla capacità imprenditoriale della famiglia Fioruzzi, oggi rappresentata da Giorgio e dal figlio Agostino, sesta generazione della dinastia che avviò nel 1825 le attività in località Belfiore.
Numerose le autorità presenti, in rappresentanza dell’imprenditoria piacentina (tra gli altri, il presidente degli industriali Francesco Rolleri e il direttore di Confindustria Piacenza Luca Groppi, il presidente dell’Ucid Giuseppe Ghittoni, il direttore di sede dell’Università Cattolica Angelo Manfredini, Giovanni Struzzola, presidente dell'Opera della Cattedrale), delle forze armate e di polizia e della politica con il sindaco di San Giorgio Donatella Alberoni e la presidente del Consiglio comunale di Piacenza Paola Gazzolo.

Solidarietà, comunità, responsabilità

La messa celebrata in una azienda è la tradizionale iniziativa promossa dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro. “Oggi – ha evidenziato il responsabile, Massimo Magnaschi – sappiamo bene che le fatiche del mondo produttivo si accompagnano a una fragilità diffusa, che mina la fiducia”. Magnaschi ha indicato tre strade per contrastare questa tendenza. “Solidarietà, comunità e responsabilità, intesa anche come cura del territorio e di tutto ciò che finora abbiamo costruito. Un’azienda che chiude è una sconfitta per tutti”.

magnaschi massimo daf

Massimo Magnaschi, responsabile dell'Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro.


L’altare realizzato con i bancali. I pellet con i prodotti inscatolati pronti per la vendita a fare da abside moderna. Anche i segni hanno il loro valore. “Potrebbe sembrare un luogo profano – ha spiegato il Vescovo, riferendosi al capannone dove la messa veniva celebrata – invece ogni ambiente della vita dell’uomo è sacro. I bancali di questo altare rappresentano quell’attività che qui e altrove viene vissuta ogni giorno e dove ora il Signore si rende presente nell’eucaristia, nella quale offriamo anche le fatiche, i legami di solidarietà, il bisogno di comunità”.

Dio è il primo "lavoratore"

Nella lettura della Genesi, proclamata da Agostino Fioruzzi, stupisce vedere che il primo “lavoratore” è Dio stesso, nel momento della creazione. “Anche procurare lavoro, promuoverlo, offrirlo, è partecipare all’opera di Dio”, ha evidenziato mons. Cevolotto. Che ha però anche messo in guardia dal pericolo di perdere l’equilibrio così ben espresso nella lettura biblica: Dio crea, contempla il suo lavoro, si riposa. “Una attività, di qualsiasi genere, ha bisogno di questo equilibrio, altrimenti si rischia di diventare schiavi del lavoro, anziché viverlo in relazione armonica con se stessi, gli altri, il creato”. Così come non è semplice annotazione curiosa quella indicata nel passo di Vangelo in cui Gesù viene definito come “il figlio del falegname”. “Il lavoro conferisce anche un riconoscimento sociale: Gesù non sfugge da questa logica, anzi, la fa propria. Oggi il dramma di tanti giovani – e non solo – è che senza lavoro perdono anche questo riconoscimento sociale”. Quale è il mio posto del mondo? È la domanda che ricorre e mette in crisi. “Il lavoro, certo, serve per procurare il necessario per sé e la propria famiglia, ma è anche modo per esprimere le proprie potenzialità, le competenze. Per trovare, appunto, il proprio posto nel mondo. Ecco perché è importante assicurare un lavoro che vada di pari passo con il rispetto della dignità della persona e diventi promozione umana in ogni angolo della terra”.

fioruzzi giorgio

Il dottor Giorgio Fioruzzi nell'intervento a chiusura della celebrazione nell'azienda di famiglia.

Il legame della famiglia Fioruzzi con la comunità sangiorgina

Dopo la visita di mons. Luciano Monari, al tempo del padre Agostino, ora lo stabilimento Daf-Al accoglie un altro vescovo, mons. Cevolotto. Giorgio Fioruzzi ha voluto ringraziare la propria famiglia, le generazioni passate e future, per la passione per un’azienda che ha nel dna la sostenibilità e il rispetto per il territorio e la valorizzazione del lavoro femminile. “Le nostre collaboratrici, di fronte a certi problemi, portano quella fantasia e quel pragmatismo tipico delle donne che permettono di intravedere le soluzioni”.
Anche il parroco di San Giorgio don Claudio Carbeni ha colto l’occasione per un grazie pubblico al contributo della famiglia Fioruzzi per il bene della comunità. L’ultimo esempio, nell’emergenza Covid 2020. “Grazie a loro la nostra casa di riposo non è mai rimasta un giorno senza l’alcol, bene preziosissimo e quasi introvabile in quel periodo, ma così necessario per la tutela dell’igiene e della sicurezza degli ambienti in cui vivono i nostri anziani”.

Pubblicato il 28 aprile 2023

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