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Dalla Siria a Piacenza

Da giugno una famiglia sarà accolta dalle suore Scalabriniane

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Da giugno prossimo Piacenza conterà una famiglia in più. Una famiglia di cui ancora non si sa nulla, se non che viene dalla Siria stremata dalla guerra e che è stata accolta a braccia aperte dalle suore scalabriniane che hanno trovato una via tutta particolare per farla arrivare fino a noi.

Giovedì 3 maggio nella casa provinciale dell’ordine, in piazzetta San Savino 29, si è svolto l’incontro “Siria, un segno di pace. Quali soluzioni, quale futuro”, in cui è stato presentato il progetto “Corridoi umanitari”, con cui la Comunità di sant’Egidio lavora per garantire che i profughi arrivino in Europa per via legale, senza rischiare di perdere la vita in mare nella tratta di migranti, e che permetterà a una famiglia siriana di trovare posto nella nostra comunità.
Riccardo Mauri e Flaviana Robbiati, della Comunità di Sant’Egidio, hanno esposto il progetto, presentati da suor Milva Caro, superiora provinciale delle scalabriniane. Fra il pubblico il vicesindaco dott. Elena Baio.

Introducendo suor Milva non ha potuto non ricordare il carisma del fondatore del suo ordine: “«Come venir loro incontro?». La domanda di Scalabrini davanti a tanti migranti in partenza per l’America oggi rimane di fronte ai profughi dalla Siria, e, cercando una soluzione, siamo venute in contatto con la comunità di Sant’Egidio. Ma che cosa sono effettivamente questi corridoi umanitari?”.
“Spesso parlando di migranti - ha risposto Riccardo - noi europei ci sentiamo in pericolo, minacciati dai flussi, ma in realtà la maggior parte dei profughi non si trova in Europa, bensì nei Paesi confinanti con le zone di guerra, come il Libano al confine con la Siria. Da qui tentano di raggiungere le nostre coste a rischio della vita”.
“La frontiera del Mediterraneo - ha continuato - è una delle più pericolose al mondo, dove è maggiore il rischio di morte, per questo abbiamo pensato eliminarla andando alla radice del problema: un corridoio è un collegamento fra due stanze, noi abbiamo cercato di crearne uno fra due stati - quello di partenza e quello di arrivo - tramite un accordo internazionale. La Comunità di Sant’Egidio ha sfruttato le conoscenze ricavate negli anni nel suo lavoro umanitario a livello internazionale e ha trovato una via legale per far arrivare i richiedenti asilo nel nostro Paese".
"In particolare - ha proseguito Riccardo - abbiamo sfruttato il Regolamento europeo sui visti, secondo cui per motivi umanitari si può procurare un visto territoriale temporaneo a soggetti in stato di bisogno. In sostanza facciamo riconoscere lo status di rifugiato a persone che non sono ancora arrivate e che abbiamo già conosciuto nei campi profughi in cui siamo presenti. All’arrivo si organizza poi un percorso di accompagnamento della durata di diciotto mesi, che prevede corsi di scolarizzazione per i minori e di alfabetizzazione per gli adulti, di ricerca di lavoro e abitazione, proprio quello che avverrà a Piacenza con la famiglia che state per accogliere”.

“È un progetto molto curato e preparato - ha ricordato Flaviana -, ma come tutte le opere di bene non è nato subito pronto, perfetto, all’inizio c’era solo il bisogno di queste persone che ha fatto muovere il lavoro di organizzazione dei viaggi e dell’accoglienza. Non si può avere subito tutto pronto, ma la Comunità di Sant’Egidio crede innanzitutto nella Provvidenza, nel duro lavoro e nel contagio di esperienze positive”.

Alberto Gabbiani

Pubblicato il 4 maggio 2018

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