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Suicidio assistito, dalla sentenza della Corte Costituzionale un cambiamento epocale

Assuntina Morresi, membro del Comitato nazionale per la bioetica, ha esposto dubbi giuridici ed etici sulla non punibilità del suicidio assistito. Il 7 novembre Gandolfini a Piacenza

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Non è semplice ottenere un’informazione corretta su un tema che unisce aspetti medici, legali, giuridici ed etici, in primo luogo per la complessità, poi per le difficoltà che si incontrano nel reperire notizie e approfondimenti non macchiati da ideologie.
A provare a sgomberare questi ostacoli è stata la professoressa Assuntina Morresi, membro del Comitato nazionale per la Bioetica, invitata all’incontro “Quando la morte è davvero buona?”, organizzato dal Comitato “Difendiamo i nostri figli” e da Alleanza Cattolica, ospitato dalla parrocchia dei Santi Angeli Custodi di Borgotrebbia.


Corte Costituzionale

La necessità di comprendere bene il tema in questione nasce dalla sentenza della Corte Costituzionale che il 25 settembre scorso si è espressa sul caso di Marco Cappato che un anno fa si è autodenunciato per aver accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani (Dj Fabo) ed esser quindi punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale per aiuto al suicidio.
La Corte però, dopo aver dato inutilmente un anno di tempo al Parlamento affinché intervenisse a livello legislativo, ha dichiarato la non punibilità di “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.


Cambiamento epocale

Assuntina Morresi ha sottolineato più volte il “cambiamento epocale” che la sentenza avrà per l’Italia e per il vivere civile, per i medici e per i più fragili: “La scelta di vivere e quella di morire hanno ora lo stesso valore”.
Se prima veniva tutelato sempre il favor vitae, grazie alla consapevolezza che la vita è sempre il bene più alto, ora è la scelta che predomina, non la vita.
È in questo modo che si cambia la mentalità.
Una legge sull’eutanasia impedisce di vedere un valore nella vita, in particolare di quella più fragile.
Lo spessore di una civiltà del resto si misura nella difesa proprio del più fragile, “la solidarietà muore con il suicidio assistito”.
Quale ruolo inoltre spetterà da ora in avanti al medico, non più considerato solamente come colui che cura, ma anche formato per praticare l’atto eutanasico?


Il caso dell’Olanda

Nel corso dell’incontro è stata più volte citata l’Olanda, Paese in cui ormai da anni è permessa la pratica del suicidio assistito e dell’eutanasia.
I freddi numeri dicono che nel 2018 sono state 6.500 le persone che hanno usufruito della legge, il 4,4% delle morti complessive (in base alla proporzione della popolazione vorrebbe dire che in Italia ci sarebbero 28.500 morti). A quello va poi aggiunto il numero (735) delle persone che scelgono di morire sebbene non soffrano di patologie che rientrano nella casistica della legge olandese.
Da qualche anno, inoltre, in Olanda è in discussione l’introduzione di una legge che prevede l’eutanasia per “vita completata”, cioè per quelle persone di età superiore ai 70 anni che non hanno più motivo di vivere pur non essendo malate.
Questo è il piano verso cui porta una legge che pone sullo stesso piano la vita e la morte.


Cure palliative e ricerca

La relazione di Assuntina Morresi, esposta esclusivamente sul piano giuridico, etico ed umano, senza toccare aspetti confessionali, si è conclusa sulle possibili obiezioni di chi è per una legge a favore dell’eutanasia e del suicidio assistito, ricordando come sia già possibile e lecito interrompere le terapie e facendo appello alla necessità che le cure palliative e la sedazione profonda siano accessibili a tutti e dappertutto.
Infine una riflessione: “La medicina nasce per superare la morte. Se prevale la cultura della morte, non sei tentato a fare stare meglio”.


Per proseguire nell’approfondimento di questi temi, giovedì 7 novembre si svolgerà un altro incontro organizzato dal Comitato “Difendiamo i nostri figli” e da Alleanza Cattolica.
Ospite al Teatro President a Piacenza per parlare di “Charlie, Vincent, Alfie, Tafida... La dignità della vita dipende dalla qualità della vita?” sarà Massimo Gandolfini, presidente dell’Associazione Family Day.

Anna Valentini

Pubblicato il 15 ottobre 2019

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