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«Sono uno spacciatore, mi assolva»

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In una parrocchia di Piacenza in confessione un giovane si pente. Il prof. Antonio Chizzoniti dell’Università Cattolica interviene sul segreto confessionale in rapporto alla legge italiana.
Il parroco di Borgotrebbia, don Pietro Cesena, si è ritrovato davanti un pusher che, in confessione, ha mostrato il suo pentimento e a dimostrazione di questo ha lasciato al presbitero, consapevole di essere protetto dal segreto del confessionale, tutta la droga in suo possesso: un chilo e mezzo di marijuana del valore di 20mila euro. Don Cesena ha consegnato, senza fare il nome del giovane, la sostanza stupefacente alla polizia che ha aperto un fascicolo contro ignoti.
Al prof. Antonio Chizzoniti,
direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università cattolica di Piacenza, abbiamo chiesto delucidazioni sull’inviolabilità del segreto confessionale.
“La norma 983 del Codice di Diritto canonico - afferma Chizzoniti - sostiene con chiarezza che il sigillo sacramentale è inviolabile, pertanto non è assolutamente lecito al confessore tradire anche solo in parte questa
regola”. Un divieto espresso con grande forza dal Diritto ecclesiastico che, per la violazione di questa disposizione - aggiunge il prof. della Cattolica -, prevede la pena più pesante che ci possa essere: la scomunica “latae sententiae”, cioè che scatta in maniera automatica, riservata alla Santa Sede. “Anche lo Stato Italiano tutela questa clausola; infatti l’articolo 200 del Codice di Procedura Penale - continua il Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche - prevede che i ministri di culto non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero nella confessione. Il ministro di culto così come altre professioni - avvocati, notai, farmacisti e medici -, hanno questa tutela perché si vuole salvaguardare la professione da un lato e la situazione di debolezza messa in evidenza dai soggetti che vanno trattare con questi professionisti. Per i ministri di culto cattolici il Concordato rafforza questa disposizione con l’articolo 4 dell’Accordo di Villa Madama del 1984.
A proposito di questa tutela il prof. Chizzoniti cita il caso di quanto avvenuto in relazione alla vicenda di un calciatore che ha deciso di confessare, tramite una lettera invitata ad una rubrica di un noto settimanale cattolico, di aver venduto una partita molto importante. A tale lettera, firmata “Un calciatore” ha risposto un giornalista al contempo ministro di culto. Quest’ultimo, invitato dall’autorità giudiziaria a rivelare il nome del calciatore, ha eccepito il diritto al segreto a norma dell’Art. 200 del C.p.p.
“Quando lo Stato vuole interferire - ha aggiunto il docente della Cattolica - sul diritto a questa tutela, come è stato richiesto da Cile e Australia, accade qualcosa di molto discutibile. Si tratta di salvaguardare prima di tutto uno dei sacramenti della Chiesa cattolica e favorire, per chi si confessa, un atto di pentimento e un reale cambiamento di vita”.
Il costringere a parlare un ministro di culto in nome della giustizia, che oggi tende molto al giustizialismo, è, per il prof. Chizzoniti, qualcosa di semplicistico e banalizza l’impegno di persone che hanno dato la loro vita per un valore trascendente.

Pubblicato il 30 ottobre 2019

Riccardo Tonna

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