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In missione per costruire relazioni nuove

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"Tessitori di fraternità": è il tema della Giornata missionaria del 18 ottobre, al centro anche della veglia guidata dal vescovo mons. Adriano Cevolotto nella chiesa di San Giuseppe Operaio a Piacenza il 16 ottobre. La celebrazione, introdotta dal parroco don Federico Tagliaferri, è stata preparata dal Centro missionario diocesano.


Una Chiesa dal volto missionario
Anche la Chiesa piacentina-bobbiese ha un volto missionario. Durante la celebrazione è stata sottolineata la presenza in diocesi di sacerdoti e di religiose provenienti da altri Paesi; ed ancora l’opera della Caritas, della Migrantes diocesana, delle Suore Scalabriniane nate 125 anni fa e di quei sacerdoti, religiosi e laici piacentini in missione nel mondo. In alcuni, poi, hanno raccontato durante la serata la propria storia di servizio o di migranti giunti in Italia dall’estero.
“In queste storie che abbiamo ascoltato – ha detto il Vescovo - Dio ci ha provocato. Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata missionaria non tace sulle particolarità del tempo che stiamo vivendo. Il più grave problema, oggi come ieri, è che questo nostro tempo sia muto, senza parole; e allora – ha aggiunto -  accade che noi riempiamo il silenzio e il vuoto con le nostre voci, con parole che avvolgono le paure che ci paralizzano quasi per nasconderle”.


Capire il messaggio di questo nostro tempo
“Capire invece che cosa Dio ci sta dicendo in questo tempo di pandemia – ha detto ancora mons. Cevolotto - è una sfida anche per la missione della Chiesa. Questo tempo contiene domande che sono rivolte a ciascuno di noi e alla comunità ecclesiale. L’interrogativo che ci consegna il Papa è tratto dal libro del profeta Isaia: «Chi manderò? Chi andrà per noi?». Dio ci affida un mandato, quelle di ricostruire relazioni nuove senza cadere nella paura dell’altro”.
“Ogni tessuto - ha proseguito il Vescovo - è fatto di fili intrecciati tra loro. Nell’ordito – i fili verticali – è rappresentato simbolicamente il nostro essere figli di Dio; la trama, invece, è l’intreccio di quello che siamo con gli altri. E in questo articolato intreccio si rende visibile l’opera di Dio”.


Dall’io pauroso all’io dono di sé
“Questo legame con Dio (i fili, ndr) - ha concluso - ci rende figli e quindi fratelli e sorelle in Cristo. La vita di nessuno di noi ha senso se pensata in modo individualistico. Dall’io pauroso e chiuso occorre passare all’io dono di sé. E se è vero che siamo tutti sulla stessa barca, come ha detto il Papa nella preghiera in tempo di pandemia a fine marzo in piazza San Pietro, solo ritrovando legami fraterni possiamo non affondare nella nostra vita. Ciascuno di noi potrà rispondere alla chiamata di Dio come il profeta Isaia: «Eccomi, manda me!»”. 

Pubblicato il 16 ottobre 2020

      

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