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Garelli: «la comunità cristiana assomiglia oggi ad un albero»

garelli 

Atei, non credenti, increduli: è la rappresentazione che sempre più spesso viene data delle nuove generazioni. In effetti la negazione di Dio e l'indifferenza religiosa tra i giovani sta crescendo sotto forma di un "ateismo pratico". Tuttavia, la domanda di senso è vivace e tenendo presente questo profondo mutamento, l’ultimo libro del sociologo Franco Garelli mette in luce il "nuovo che avanza" a livello religioso. Queste riflessioni sono emerse nell’incontro online, su piattaforma Zoom, il 18 gennaio, nel percorso per educatori e sacerdoti, organizzato dall’Ufficio della Pastorale giovanile della diocesi di Piacenza-Bobbio sul tema “Accompagnare gli adolescenti”.
Nell’introduzione le parole di don Alessandro Mazzoni, responsabile del Servizio diocesano per i giovani, che ha presentato il relatore Franco Garelli, professore ordinario di Religioni nel Mondo Globalizzato e Sociologia delle Religioni all’Università di Torino con numerosi studi e libri dedicati al mondo giovanile e ai fenomeni religiosi nella società contemporanea.

I GIOVANI DEL MUSCHIO

Secondo un'efficace immagine ripetutamente usata dal cardinal Martini, la comunità cristiana - ha affermato Garelli - assomiglia oggi a un albero: “Ci sono i cristiani della linfa, i cosiddetti impegnati, coloro che partecipano abbastanza da vicino alle iniziative della parrocchia. Ci sono i cristiani del midollo, che frequentano la messa con qualche regolarità, che però non collaborano direttamente alla costruzione della comunità. Ci sono poi i cristiani della corteccia, che vivono marginalmente rispetto alla comunità cristiana e quelli del muschio, attaccati solo esteriormente...".
“I giovani italiani che si dichiarano non credenti rappresentano il 28 per cento del totale”. Tanti? Pochi?
“Se si guarda a dati di ricerche comparabili, la percentuale risulta in crescita: negli anni ’ 80 e ’90 non superava il 10-15 per cento; nel 2007 era del 23 per cento. Se si confronta questa rilevazione con lavori simili realizzati in altri Paesi si scopre che l’ Italia ha livelli di ateismo inferiori. Svezia, Germania, Olanda, Belgio e Francia, ad esempio, contano al loro interno una quota di giovani non credenti oscillante tra il 50 e il 65 per cento. L’Italia ha un profilo che richiama la Spagna (37 per cento di giovani non credenti) e il Portogallo (20 per cento)”.

GIOVANI E DIO

“Molti atei - ha sottolineato il sociologo - non nascono tali. Lo diventano, anche se nella loro storia hanno vissuto esperienze positive in parrocchia, in movimenti, in casa. Non hanno alla base una socializzazione negativa o un confronto problematico su certi temi, sembra piuttosto che non avvertano più la necessità del trascendente.
Tra i giovani, il mondo della fede e quello della non fede appaiono piuttosto articolati. Colpisce che il 36,3 per cento si dichiari cattolico per tradizione ed educazione: si pensava che una certa religiosità di facciata appartenesse alla mia generazione o a quella che mi ha preceduto, non a quella dei figli o dei nipoti che si pensava più propensi a schierarsi o di qua o di là. Un altro aspetto tutto sommato inedito è il rispetto reciproco, impensabile o quasi qualche anno fa, segno della definitiva caduta degli steccati ideologici. Fa riflettere il fatto che molti giovani che si professano atei ritengano plausibile credere in Dio anche nella società contemporanea, negando quindi l'assunto che la modernità avanzata sia la tomba della religione e al tempo stesso che molti credenti sono consapevoli di quanto sia plausibile non credere di fronte alle difficoltà che si incontrano”.
“Tanti giovani - ha affermato Garelli - hanno citato come esperienze positive gli oratori e i preti conosciuti in parrocchia, mentre la pedofilia e la ricchezza della chiesa sono individuate come il male, ma più per quel che è diventato un sentire diffuso, frutto di tanta insistenza dei media, che per esperienza diretta. E questa è una ambivalenza interessante, conta il positivo sperimentato ma allo stesso tempo pesa il negativo dell’opinione pubblica”.

TESTIMONIANZE

Una ragazza di 24 anni, in una delle interviste di Garelli, asserisce di non avere mai avuto esperienze religiose significative, ma l’unica cosa che ricorda è quando, in un viaggio, si trovava in Cina e ha avvertito, nel giorno di Natale, una forte crisi nostalgica ed ha cercato l’unica chiesa di tutta la città e li afferma di essersi sentita bene. Un altro giovane ha evidenziato come nella famiglia sono grandissime le differenze tra le generazioni e ha dichiarato: “I miei nonni credono ciecamente in Dio pregano e vanno a messa, i miei genitori si dichiarano cristiani, ma non hanno tempo o voglia i dedicare alla religione, noi nipoti non ci dichiariamo più cristiani però accompagniamo i nonni in chiesa perché vogliamo lor bene”.

UN TEMPO DA DECIFRARE

In questo quadro - ha concluso Garelli - non dobbiamo pensare che siamo in un tempo di scristianizzazione. È un periodo particolare dove l’esperienza religiosa giovanile deve essere compresa e decifrata. Per quanto riguarda la chiesa piacciono di più gli aspetti sociali che quelli spirituali e il dato di fede, quando c’ è, è vissuto più a livello individuale che collettivo.

R.T.

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Pubblicato il 20 gennaio 2021

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