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E' il cuore che fa
la differenza

Dal Vangelo secondo Matteo (22, 1-10 - forma breve)
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole
[ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze
per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare
gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati:
“Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati
sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.

Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo,
chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono
e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe,
fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi:
“La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni;
andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi
radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni,
e la sala delle nozze si riempì di commensali»

La nostra vita e la Parola
vg10ott23Le nozze. Come fa notare qualche comico, in certe famiglie ricevere un invito a una cerimonia di nozze suscita la stessa reazione che si verifica quando arriva un’ingiunzione di pagamento per un’infrazione al codice stradale. Ed in effetti quando non si ha un legame bello, sincero e profondo con gli sposi per molte persone andare a una festa di nozze significa solo dover spendere soldi per acquistare un abito che sia adatto al contesto e per dover fare un regalo alla nuova famiglia che nasce, significa dover rinunciare al proprio tempo libero o ai propri programmi e prendere parte a un evento che sarà certamente una festa, ma è tale solo per coloro che davvero partecipano alla gioia di chi si sposa. A dire il vero, nella parabola raccontata da Gesù, la reazione di alcuni invitati è davvero molto aggressiva: addirittura alcuni dei servi che portano l’invito alle nozze vengono insultati ed uccisi.
Da dove nasce questa reazione di violenza in alcuni e indifferenza in altri? Da dove nasce questo malessere, questa ostilità e rifiuto, da dove ha origine questa insofferenza e fastidio? Nasce da un sospetto sul re, quindi su Dio: “tu dici di invitarmi alle nozze ma il tuo invito è solo una scusa per farmi fare un sacrificio, per sottrarmi alla mia vita, per togliermi la mia libertà. Io ho i miei affari e i miei campi e avessi il dono dell’ubiquità verrei volentieri, ma siccome non posso essere in due posti nello stesso momento io non vengo: ho altro da fare ed è più importante di quello che tu mi proponi”.
L’invito. Il re avrebbe potuto spostare la festa ad una data più comoda per tutti o ad un orario che non si sovrapponesse con altri impegni inderogabili, ma la sua scelta è diversa. Manda altri servi e, mentre i primi invitati continuano a fare i loro affari e a sudare nei loro campi, gli inviati del re escono lungo le strade e chiamano tutti ad entrare, buoni e cattivi. I primi invitati non erano degni e paradossalmente entrano gli indegni, coloro che stanno ai crocicchi delle strade, ma almeno sono aperti a ricevere, sono disposti a provare questa novità che è la festa del re. Chi è degno dunque di partecipare al banchetto del re? Chi accoglie l’invito con gioia. Non è questione di meriti.
La parabola riserva però un’altra sorpresa. Il re si accorge che tra gli invitati c’è un uomo che non indossa l’abito nuziale. Ha accolto l’invito ma, in realtà, non ha cambiato l’abito, cioè la disposizione del cuore. È entrato nella sala delle nozze con il vestito vecchio. I primi cristiani, prima di essere immersi nell’acqua del fonte battesimale, si spogliavano dei propri abiti e, dopo il battesimo, indossavano una veste nuova, bianca, segno della vita nuova in cui erano stati introdotti. Stare nella comunità cristiana rimanendo attaccati alla propria mentalità, ai propri progetti, alla propria idea di giustizia, di amore è come andare in spiaggia d’estate con la tuta da sci. È il segno che non abbiamo compreso quello che ci è stato donato.
Don Andrea Campisi

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