Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

La vera libertà
è un rapporto

Dal Vangelo secondo Luca (15,1-32 - forma breve 15,1-1)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori
per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo:
«Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola:
«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una,
non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?

Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle,
va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me,

perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”.
Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore

che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno
bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una,
non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente
 finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine,
e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo
perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio
per un solo peccatore che si converte».

La nostra vita e la Parola

La spiegazione del Vangelo si riferisce alla forma lunga del brano con la parabola del Figliol prodigo.

vg11922Dove sono?  Ascoltando la celeberrima parabola dei due figli possiamo porci una domanda: “oggi dove mi trovo?”. Sono nella casa del Padre, oppure mi trovo in un paese lontano, sto pascolando i porci oppure sono sulla via del ritorno, mi trovo alla festa preparata dal padre o sono fuori dalla gioia del perdono, arrabbiato e indignato? Sappiamo che Gesù racconta la parabola come risposta alle mormorazioni dei farisei e degli scribi, indignati per la bontà che egli mostrava verso i peccatori: fa loro capire che ricevendo i peccatori e mangiando con loro non sta facendo altro che rivelare, rendere visibile, il cuore del Padre che lo ha inviato nel mondo come “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1,3).
La vera libertà. Entrambi i figli manifestano di avere la medesima idea di libertà: il più giovane lo dimostra andandosene da casa, il secondo con le parole risentite che rivolge al padre: “io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando”. Dall’amarezza che traspare da queste parole si capisce che il figlio maggiore non ha mai compreso la grazia di poter abitare nella casa paterna, ha vissuto come un servo e non come un figlio, forse pensando che la vita vera fosse fuori da quelle mura in cui aveva sempre abitato. Gesù, che ha vissuto la sua esistenza da Figlio, parlando del rapporto con il Padre celeste dice nel vangelo di Giovanni: “Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie” (Gv 17,10). Sono le stesse parole che il Padre rivolge al figlio maggiore: “tutto ciò che è mio e tuo”. Qui sta la radice della libertà. La libertà senza limiti e senza legami è falsa, conduce alla schiavitù e alla insoddisfazione. La vera libertà l’uomo la vive nel rapporto filiale con Dio: il sospetto che Dio voglia limitarci per gelosia e invidia è radicato profondamente nel cuore dell’uomo. Solo l’esperienza del peccato, del pentimento, della conversione e della misericordia può svelare all’uomo il vero volto di Dio.
Entrare nella festa. Paradossalmente è più lungo il cammino che deve fare il figlio maggiore che si trova a pochi metri dalla festa del perdono, rispetto a quello che ha fatto il figlio minore. Quest’ ultimo è stato “in un paese lontano” e ha toccato con mano l’amarezza e l’umiliazione del peccato. L’abbraccio del padre al suo ritorno lo ha certamente sorpreso ma è entrato nella gioia e nella festa del perdono e della riconciliazione. È il figlio maggiore che non riesce ad entrare, che non conosce la musica e le danze. È il padre stesso che si muove verso di lui perché anch’egli possa divenire partecipe della gioia della resurrezione, perché egli possa finalmente vivere da figlio e non da servo.

Don Andrea Campisi

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente