Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Il Vescovo in Santa Franca: i detenuti si affidano alla vita nuova della risurrezione

statiocarcerejpg santa franca vescovo

“Il carcere non deve essere dimenticato”: ha affermato don Maurizio Noberini nell'ultima Statio, la sosta di preghiera e meditazione con il vescovo mons. Adriano Cevolotto nel percorso diocesano di Quaresima-Pasqua, che si è svolta nella chiesa di Santa Franca, il 13 aprile, con testimonianze e preghiera dedicate al mondo del carcere.

Mettersi in ascolto dei carcerati

“Quando vado nel carcere - ha evidenziato suor Anna Benigna - mi rendo conto di entrare in un luogo sacro dove trovo fratelli e sorelle, con un passato difficile, che mi aiutano a diventare più sensibile, mi donano amore, mi aprono il cuore, ed io mi metto in loro ascolto”. Suor Benigna, che aiuta il cappellano don Adamo Affri nell’assistenza spirituale dei detenuti, vive questa esperienza con grande dedizione. “Mi commuovo - ha aggiunto - quando diciamo il rosario: vedo nei loro occhi l’intensità della fede e della preghiera. Anche nella Messa sono molto attenti e partecipi: ricevo dai carcerati tanta ricchezza spirituale.” La suora ha poi sottolineato come si sente accompagnata anche dalla sua Comunità religiosa delle “Figlie di Sant’Anna”, dove aiuta le sorelle inferne e malate che seguono il suo cammino con la preghiera.

La cultura del rispetto e l’educazione al sentimento

“Il carcere sicuramente deve seminare, in chi ha trascurato l’importanza delle regole e delle leggi, la cultura del rispetto e l’educazione al sentimento”: è la parte centrale dell’intervento di Gabriella Lusi, direttrice della Casa Circondariale, che svolge il suo lavoro nel carcere di Piacenza dal 2019. Lusi, che dal 1997 lavora in amministrazione penitenziale, con un servizio svolto in nove istituti di pena, ha sottolineato che, anche grazie a questa diversificata esperienza, si sente di poter affermare che sta svolgendo una attività che l’ha molto formata come persona e come cittadina. “Il compito del carcere - ha rimarcato la direttrice - è quello di restituire persone rieducate alla società. L’aspetto principale è quello di riconoscere il singolo pur nella moltitudine, porlo al centro del nostro lavoro ed interesse. È senz’altro più semplice quando il detenuto si propone ed aderisce ai progetti, come nelle testimonianze video che abbiamo visto di Victor e di Tiziano, ma il compito più arduo è quello di intercettare tutti, anche quelli più resistenti e diffidenti”.
La direttrice ha poi sottolineato come la vita in carcere non è semplice per nessuno: ci sono detenuti che provengono da decine di etnie diverse, ci sono giovani e più anziani.
Tanti in carcere - ha rimarcato la Lusi - purtroppo continuano a sbagliare e la nostra scommessa è proprio su queste persone che rischiano di tornare reclusi. L’aspetto positivo è che qualcuno ce la fa, ma quanti detenuti abbiamo che facciamo fatica a proiettare verso la bellezza della vita…È un impegno da non condurre da soli, infatti in tanti ci accompagnano in questo servizio: oltre agli operatori penitenziali, diversi i volontari e la comunità attorno al carcere. Infatti solo insieme - ha detto la direttrice - si compie un percorso virtuoso per restituire al nostro territorio persone che, come Victor e come Tiziano, riescano a camminare a testa alta, rimpostando la vita su dei valori”.

Non sdraiarsi sopra la colpa, ma mettersi in cammino

“Recuperando immagini vissute in carcere - ha affermato mons. Adriano Cevolotto - mi sono tornati alla mente due episodi del Vangelo: la guarigione di un paralitico disteso su un lettino e il Risorto che appare ai discepoli con i segni della passione. Due immagini che evocano l’esperienza di questi nostri fratelli e sorelle detenuti con il corpo segnato dal dolore, ma che si affidano alla vita nuova della resurrezione. Il passato non è semplicemente dimenticato - ha spiegato il vescovo - l’errore commesso non si cancella rimane, appartiene alla vita dei carcerati, non devono sdraiarsi sopra, ma alzarsi e prendere il lettuccio, come il paralitico, e mettersi in cammino. Ciascuno di noi - sintetizziamo le parole di mons. Cevolotto - ha il proprio venerdì di passione, la sua situazione di fallimento, chiediamo, per i nostri fratelli e sorelle in carcere, che possa veramente realizzarsi questa Pasqua il cui frutto è la pace. Gesù porta la sua pace - ha concluso il Vescovo - che sia pace per noi, per i detenuti, affinché possano riprendere a camminare senza rimuovere il passato, ma assumendolo per migliorare sé stessi”.
È stato poi ricordato il momento di preghiera per i carcerati che si svolge ogni ultimo mercoledì nel mese, nella chiesa di Santa Franca: un momento di riflessione rivolto a tutta la città. Infine è stato donato dal Vescovo al cappellano don Affri, uno dei ceri accessi durante la celebrazione da portare ai detenuti come segno e memoria della Statio del percorso diocesano di Quaresima-Pasqua.

Riccardo Tonna

franca

Nelle foto, la Statio quaresimale in Santa Franca.

Pubblicato il 14 aprile 2023

Ascolta l'audio

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente