La festa di San Giovanni Scalabrini: un momento di fede e un richiamo alla santità
La città di Piacenza è stata avvolta da una gioiosa e solenne atmosfera, il primo giugno, nella festa liturgica di San Giovanni Battista Scalabrini, celebrata per la prima volta dopo la sua canonizzazione. Nella cattedrale i fedeli e le autorità civili e militari, si sono uniti per onorare il fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo. La messa solenne, concelebrata da numerosi sacerdoti diocesani e da altri provenienti da diverse parti del mondo, è stata presieduta dal vescovo mons. Adriano Cevolotto insieme al vescovo emerito mons. Gianni Ambrosio, al Superiore Generale degli Scalabriniani padre Leonir Chiarello e a padre Sandro Gazzola, Superiore della casa madre di Piacenza.
Pregare sulla tomba del fondatore
Un saluto particolare è stato rivolto, nell’introduzione alla liturgia, da padre Gazzola alla dozzina di giovani padri scalabriniani di varie nazionalità, giunti la prima volta a Piacenza, per un mese di formazione in casa madre. “Pregare - ha affermato padre Sandro - sulla tomba del fondatore in questa sua cattedrale, ripercorrere i territori della diocesi, è un momento di grande emozione per questi novelli sacerdoti. Dopo la proclamazione e riconoscimento della santità di Scalabrini è la prima volta che lo veneriamo come santo Vescovo, come santo fondatore e come padre dei migranti”.
Infine Gazzola ha chiesto l’intercessione di san Scalabrini per tutti i migranti che, in ogni parte del mondo, lo sentono vicino e lo pregano, ed ha presentato due giovani confratelli Filipus e Thomas che hanno rinnovato la consacrazione a Dio nella famiglia scalabriniana.
L’opera instancabile del Vescovo Santo
Mons. Cevolotto, nell’omelia, ha richiamato alla santità con le parole di Scalabrini che in una sua lettera scriveva di non trascurare la vita interiore e l’esercizio dell’apostolico ministero: “Se non ci facciamo santi - diceva - l’opera nostra cadrà”.
Queste parole, il Vescovo le ha messe in sintonia con la prima lettera di San Paolo ai Corinti dove si delinea il volto missionario del testimone del Vangelo, che non si vanta di annunciare, perché ha una forza interiore che lo spinge.
“Si rimane sorpresi - ha affermato mons. Cevolotto - davanti all’opera instancabile del nostro Vescovo santo. È riuscito a tenere insieme vicini e lontani anche geograficamente, curando ambiti diversi senza tralasciare nessuno. Il segreto di questa opera, secondo San Paolo, è la forza del Vangelo.
Scrivere con la vita il quinto Vangelo
Il secondo atto missionario che scaturisce dalla Scrittura - ha proseguito il Vescovo - è la gratuità, cioè l’essere solo dei servi. Spesso tra le pieghe del nostro servizio si nascondono ricerche di gratificazione e di consenso. Il Vangelo non è politicamente corretto, espone senza riserve e sempre e trova resistenze. Nella liberta di quel farsi “tutto a tutti”, nell’abbassarsi perché l’altro emerga, si legge la vita di San Scalabrini. Il “tutto io faccio per il Vangelo” - sintetizziamo le parole di mons. Cevolotto - manifesta l’anima di San Paolo, le sue parole, le sue vittorie e sconfitte che sono la realtà di quella buona notizia che interpella a decidersi. È questo il nuovo Vangelo secondo i nostri nomi e cognomi che siamo chiamati ad incarnare. Siamo invitati a diventare il quinto Vangelo che si aggiunge a quelli canonici e nasce dalle nostre vicende di uomini e di donne, confermando la presenza del Risorto che continua nella nostra sequela, chiamandoci ad andare per portare il Vangelo nelle strade, nelle citta, nelle vie del nostro tempo”.
Il fuoco vivo di Scalabrini
Al termine dell’omelia Filipus e Thomas, hanno rinnovato, nelle mani di padre Leonir Chiarello, Superiore generale della Congregazione dei missionari di San Carlo, la Professione temporanea di seguire Gesù, nel carisma scalabriniano, per diventare anche loro nuovo Vangelo.
Dopo i riti di Comunione, padre Chiarello ha ringraziato i presenti per l’intensa celebrazione che si è vissuta in onore di San Scalabrini ed ha ricordato il suo impegno missionario, il suo amore per i poveri ed i sordomuti.
“Nel recente viaggio in Sudamerica - ha affermato - nei luoghi visitati da Scalabrini, ho toccato con mano, dopo la sua canonizzazione, il fuoco vivo da lui lasciato, un dono che va ravvivato e che invita alla comune santità battesimale, alla missionarietà e a lavorare insieme come chiesa”.
Una celebrazione significativa
Infine il Vescovo e alcuni sacerdoti concelebranti, unitamente ad alcuni membri della famiglia scalabriniana, si sono recati davanti all’urna di San Giovanni Battista Scalabrini per un atto di venerazione.
La celebrazione, sostenuta dai canti del coro internazionale di San Carlo, ha segnato un momento significativo nella storia della diocesi di Piacenza-Bobbio e della comunità scalabriniana. È stato un momento di gratitudine per il lavoro compiuto da Scalabrini e un'occasione per rinnovare l'impegno nel servizio verso i migranti e le persone in situazioni di vulnerabilità. Ha ricordato a tutti che, anche in un mondo sempre più globalizzato e complesso, seguire l'esempio di San Giovanni Battista Scalabrini, significa costruire una società più giusta, equa e accogliente.
Riccardo Tonna
Pubblicato il 3 giugno 2023