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La TV, compagna di questi giorni di coronavirus

Siamo noi, con la mente e con il cuore, a dover alla fine decidere cosa vedere e cosa credere

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Il coronavirus ha travolto le nostre vite costringendo realtà diverse a cercare delle risposte, in verità non sempre efficaci, univoche o tempestive. Tra le parti chiamate a questo difficile compito i mezzi di comunicazione di massa, ormai imprescindibili in condizioni normali e ancor più importanti in situazione di emergenza: fin troppo ovvio pensare a come internet permette di superare, almeno in modo virtuale, la lontananza dagli altri. Allora spostiamo lo sguardo sulla televisione - in passato medium dominante, poi offuscata dalla diffusione crescente dei nuovi media – e ci accorgeremo che anch’essa ha saputo svolgere alcuni ruoli rilevanti durante la crisi.

L’informazione

Che il dover stare in casa si traduca, almeno per una parte degli italiani, in maggior tempo passato davanti alla tv è comprensibile.
Più interessante invece è scendere nel dettaglio dei generi che compongono l’offerta televisiva e vedere che dati d’ascolto come il numero di spettatori sembrano premiare i programmi di informazione.
Ecco il primo ruolo della tv: informare. Le emittenti propongono telegiornali e approfondimenti che in un mondo abituato alla velocità della rete possono sembrare ridondanti.
La tv però filtra le notizie, semplifica, offre percorsi e collegamenti già pronti in un linguaggio accessibile a tutti e praticamente in ogni zona d’Italia.
A testimonianza della capacità di presa del piccolo schermo pensiamo all’uso che ne fanno i politici per guadagnarsi il favore della platea e non è strano quindi che Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, abbia chiesto diritto di replica alle parole pronunciate da Giuseppe Conte in conferenza stampa.

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L’informazione non è neutra

Dobbiamo del resto capire che l’informazione non è neutra.
Le notizie che vengono date e il loro tono possono suscitare molteplici reazioni: una serie di fatti negativi può generare tristezza in chi ascolta mentre un episodio lieto regala un raggio di luce.
Oltre alle emozioni, la tv può indicare anche percorsi d’azione o linee guida di comportamento. È su questo punto che fanno leva gli appelli di personaggi famosi o rappresentanti delle istituzioni che invitano a stare in casa o a lavarsi le mani come difesa dal virus.
La televisione assume quindi un ruolo educativo, che si esprime ovviamente anche nell’offerta di prodotti culturali veri e propri, magari dedicati agli studenti vista la situazione delle scuole.

La tv di evasione

Da sempre però guardare la tv è anche un piacere e la componente di evasione è centrale nel consumo televisivo: game show, talent, fiction e film possono portarci altrove, in un mondo diverso, forse migliore, dove affrontare sfide nei panni dei nostri eroi preferiti, distendere i nervi, stimolare la mente, trascorrere una manciata di minuti in serenità.
L’uomo ha bisogno di uno spazio simile, un luogo dove inseguire e soddisfare passioni, interessi e necessità; la televisione offre una via per raggiungere questo luogo.
Penso ai casi di Harry Potter – di recente i film sono stati nuovamente trasmessi da Italia 1 – e di DOC.
Nelle tue mani, serie in onda su Rai1: due opere differenti (una già nota e di stampo favolistico, l’altra inedita e vicina a temi di grande attualità come l’ambiente ospedaliero) ma entrambe molto apprezzate dall’audience del piccolo schermo.

I film, ma non solo

Per mettere a fuoco il quarto e ultimo ruolo di cui desidero parlare, devo confessare di essere un discreto fan di Harry Potter, abbastanza da avere l’intera saga in Blu-ray. Eppure ho rivisto i film in tv nonostante l’inferiore qualità video, le pause pubblicitarie e le attese tra i giorni di programmazione, perché sapevo che altri miei amici stavano facendo esattamente lo stesso in quei momenti.
In altri termini, la tv ha contribuito a creare un senso di comunità.
Altri strumenti come i social media offrono in tal senso possibilità di interazione infinitamente superiori, ma il piccolo schermo in determinate occasioni sa stabilire degli appuntamenti che diventano significativi per gruppi più o meno ampi e che acquistano un valore quasi rituale.
Nel passato, quando la tv era “il” mezzo di comunicazione di massa, non è difficile trovare programmi che rappresentino questo concetto, ma per citare un caso più vicino nel tempo pensiamo alle celebrazioni per l’ultima Pasqua, come la Via Crucis. Una Piazza San Pietro deserta, il Papa e pochi altri a portare la Croce... eppure così tanta gente a condividere il momento, a riempire spiritualmente tutto quello spazio vuoto, a far sentire al Papa stesso ed agli altri fratelli “Sì, ci sono anch’io!”.

Dove non c’è nessuno ci siamo tutti e attraverso la tv quest’immagine dal doppio significato arriva nelle case, esattamente come Bergoglio che prega ai piedi di un crocifisso: possiamo vedere solitudine o fraternità, sofferenza o speranza.
La televisione offre la possibilità di condividere ma lascia la porta aperta ad entrambe le interpretazioni.
Siamo noi, con la mente e con il cuore, a dover alla fine decidere cosa vedere e cosa credere.

Paolo Pizzamiglio

Pubblicato il 25 aprile 2020

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