Castità, una scelta controcorrente
La parola "castità" sembra ormai un termine di altri tempi, suona come una gabbia che soffoca la libertà, ma in realtà quella che ci offre la Chiesa è una proposta di pienezza.
Ne parliamo con Gaia Corrao. Sposata e mamma di quattro figli, insegnante, dopo la laurea in Giurisprudenza ha conseguito il Master in Teologia del matrimonio e della famiglia al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II di Roma.
Sgombriamo subito l’orizzonte da un dubbio originario: la castità che il Magistero della Chiesa ci propone da sempre, non è una forma di castrazione del desiderio. Comunemente crediamo che essere casti si riduca ad una lista di cose da non fare: un freddo elenco delle cose proibite.
Messa così la questione, viviamo l’idea della castità con un senso di rivolta interiore, come una prigione dei sensi, una gabbia che frustra i nostri desideri.
Non è così. Questa è una visione riduttiva e superficiale di una realtà che invece, nel cuore di Dio, dovrebbe essere liberatoria, ispiratrice di cose alte e fonte di gioia. Se siamo nati tutti sessuati, ci sarà un motivo.
Il Signore ci ha creati per la gioia.
Detto questo, occorre chiarire un altro punto cruciale: castità non è semplicemente non avere rapporti sessuali.
Castità è qualcosa di molto più grande.
La Chiesa propone la castità come un cammino per la vita, non solo qualcosa che ci accompagna fino alla soglia delle nozze.
Castità è un atteggiamento della persona: la castità è negli occhi, in quello sguardo limpido e pulito che non riduce l’altro ad una merce da usare per il proprio godimento; la castità è nelle mani, nella carezza con cui ci si conosce; la castità è nell’abbraccio che non vuole possedere l’altro, ma che lo accoglie come parte di sé, della propria vita, dei propri sogni.
Non è pura poesia, questo. È una forma di amore che si può e si deve costruire, basata sul rispetto, sull’attesa dei tempi dell’altro, sulla pazienza.
Ma la castità non è immediata.
È un cammino. Un cammino scomodo. Oggi più che mai.
Ormai siamo abituati ad avere tutto e subito.
Non solo. L’era delle immagini in cui viviamo non ci aiuta a costruire un sano desiderio sessuale dell’altro.
Ci viene sbattuta in faccia una sessualità “prêt-à-porter” sempre in agguato: dalla pubblicità del profumo o del telefonino, al telefilm per ragazzi.
Vedere dei rapporti sessuali consumati in tv sotto i nostri occhi è la cosa più normale di questo mondo ormai. E questo a tutte le età. I nostri figli crescono così. Credono che la sessualità si riduca a quello.
È difficile convincerli che c’è di più, che vale la pena conoscersi a poco a poco, che l’attesa ha un valore in sé ed è anticamera della gioia.
Bisognerebbe avere il coraggio di tornare a parlare della castità e farlo come qualcosa di positivo, di costruttivo: una proposta possibile e raggiungibile.
I giovani sono sensibili alla bellezza, sanno ancora sognare, cercano la felicità.
Ma come fanno a credere nell’amore che gli proponiamo noi, che siamo spesso delusi, stanchi, appiattiti da anni di un matrimonio che si trascina senza slanci e senza entusiasmo?
Sta a noi additare una meta alta al cammino dei nostri figli, aiutarli a sognare in grande, a non consumare tutto subito e a credere che nel conoscersi poco a poco c’è un rispetto che cresce giorno dopo giorno e che farà del loro amore qualcosa di grandioso, capace anche di spirito di sacrificio... altra parola ormai in disuso, ma senza la quale tutto l’edificio dell’amore - prima o dopo - è destinato a tremare.
Gaia Corrao
Pubblicato il 20 luglio 2020
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