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Don Borghi e le proposte per un nuovo stile di catechesi

borghi 

“Fare pastorale integrata significa cambiare prospettiva, guardare da un’altra direzione”: sono le parole di don Stefano Borghi, direttore dell’Ufficio Catechistico della diocesi di Reggio Emilia Guastalla, intervenuto, il 13 novembre, nella parrocchia di San Giuseppe Operaio a Piacenza, al convegno dei catechisti con la consegna del mandato. I recenti orientamenti offerti dall'episcopato italiano indicano la direzione di una pastorale integrata: “Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una pastorale integrata in cui, nell'unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda delle situazioni [...] si cerca di mettere le parrocchie in rete”.
In questa prospettiva si è svolto il convegno diocesano degli operatori della catechesi: per vivere un momento di comunione e di confronto.

Artigiani di comunità

“Il rinnovamento non è sulla catechesi, ma sui catechisti”: ha evidenziato don Simone Tosetti, direttore dell’Ufficio Catechistico della diocesi di Piacenza-Bobbio, introducendo l’incontro. “Quale conversione dobbiamo vivere? In che modo concepirsi catechisti?”: sono le domande rivolte ai presenti da don Tosetti per far cogliere l’importanza di essere “artigiani di comunità”, il tema scelto per il convegno.

Cambio di prospettiva

La riflessione di don Borghi è partita dal brano della lettera di san Paolo agli Efesini dove si presenta, per avere una visione più ampia, la chiesa corpo di Cristo.
“L’immagine della terra dallo spazio, - ha affermato don Borghi - vista dall’astronauta, è l’esempio di un cambio di prospettiva, di una osservazione da un’altra visuale. Così la pastorale integrata deve essere vissuta non come un’assemblea di condominio, dove si cerca di ottenere qualcosa, ma un momento che permetta di osservarci dall’esterno, come un decentramento, come un guardare al punto di vista delle persone. Significa passare da un bisogno di riconoscimento alla riconoscenza di essere dentro al corpo vivo di Cristo”.
Si tratta - per il direttore dell’Ufficio catechistico di Reggio Emilia - di mettere al centro la vita delle persone attraverso un percorso da inventare con creatività.

Mettere al centro i ragazzi e le loro storie

“Nella diocesi di Reggio Emilia - ha sottolineato don Borghi - facciamo corsi di formazione annuali a catechisti ed educatori insieme per maturare un linguaggio comune, e questo ci ha aiutato a superare la dicotomia tra iniziazione cristiana e gli altri cammini di annuncio catechistico”.
“Levare gli ormeggi” è lo slogan scelto, nella diocesi di Reggio, per accompagnare l’età della preadolescenza. “Cerchiamo di mettere al centro i ragazzi, - ha evidenziato il relatore - prendendo sul serio quello che stanno vivendo.
Anche il periodo della pandemia - ha aggiunto don Borghi - è stato come un terremoto e ci ha costretto a fare le cose in modo nuovo, un momento di frammentazione per ripartire diversamente, facendo scaturire, dalle fratture, nuovi germogli”.
Narrativo e kerigmatico - per don Stefano - deve essere il nuovo stile della catechesi, significa un annuncio che vada al cuore, partendo da una storia più che insegnare contenuti. “Per questo - ha commentato - abbiamo preferito coinvolgere, in nome della pastorale integrata, anche altre persone della parrocchia che portano ai ragazzi le loro testimonianze, consegnando dei pezzi di vita cristiana. Quindi non una sola persona che fa catechismo, ma il coinvolgimento di una comunità”.
In sintesi - per don Borghi - bisogna imparare a guardarsi intorno, non ricercare una ricetta, ma costruire, nella realtà che si vive, il corpo di Cristo per crescere insieme nella carità.

Riccardo Tonna

Nella foto, da sinistra don Stefano  Borghi e don Simone Tosetti.

Pubblicato il 15 novembre 2022

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