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Acli, il presidente nazionale Manfredonia: il lavoro si è impoverito. Servono misure coraggiose

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In un'epoca in cui il lavoro instabile, povero e dispari sembra essere diventato la triste realtà di molte persone, è necessario alzare la voce e cercare soluzioni concrete per affrontare questa ingiustizia sociale, e le ACLI provinciali di Piacenza, su questo tema, hanno organizzato un incontro, il 30 maggio, nell’aula magna del Seminario Vescovile di via Scalabrini. L'evento è stato introdotto da Alessandro Candido, presidente provinciale delle ACLI di Piacenza (nella foto sopra, a destra, insiema al presidente nazionale Emiliano Manfredonia). Con le sue parole, Candido ha aperto la strada alla riflessione e al dibattito intorno alle sfide del lavoro precario e alle prospettive future per coloro che sono costretti a sperimentarlo, ricordando l’articolo uno della Costituzione. Sottolineando l’importanza del lavoro, Candido ha poi messo in evidenza la centralità della persona umana, che si ricollega al magistero sociale della Chiesa, ed ha accennato ai nuovi scenari che si prospettano legati all’intelligenza artificiale.

Speranze e frustrazioni in un mondo del lavoro instabile

Al centro della serata la relazione di Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle ACLI. Con la sua esperienza e conoscenza approfondita delle dinamiche del lavoro e delle politiche sociali, ha offerto una panoramica esaustiva del fenomeno, evidenziando le cause profonde e le conseguenze devastanti che il lavoro instabile, povero e dispari può avere sulla vita delle persone. Il presidente nazionale delle Acli ha fatto riferimento, nella sua esposizione, al libro “Lavorare dispari - Un’indagine sulla disparità salariale di genere” realizzato in collaborazione con ACLI, Area Lavoro - Coordinamento Donne. Un libro di 64 pagine che affronta con dati alla mano la differenza di genere negli stipendi.
L’intervento di Manfredonia si è fondato sui dati raccolti dagli sportelli sociali ACLI di CAF e Patronato sparsi in tutta Italia che sono diventati sempre più centri di ascolto, raccogliendo speranze e frustrazioni relativamente al mondo del lavoro sempre più instabile, povero e con disparità. Le ACLI quindi - per Manfredonia - vogliono portare a conoscenza queste situazioni ed essere di pungolo alla politica perché se ne faccia carico. Certamente esiste un’economia virtuosa e di successo che si apre alla partecipazione di lavoratrici e lavoratori, offre contratti solidi e stabili e punta alla formazione e all’innovazione, tuttavia negli ultimi anni la sfida della globalizzazione ha portato ad una inversione di tendenza, puntando su un’occupazione all’insegna del lavorare peggio pur di lavorare. Non cala il numero degli occupati, ma al prezzo di un lavoro grigio o nero, di part-time involontario, di salari in calo, di scarsa occupazione femminile, di giovani sottopagati (anche tra le false partite IVA).

Disparità tra uomo e donna

In particolare le ACLI nazionali hanno svolto una ricerca sulla disparità di trattamento tra uomo e donna. “Il divario retributivo di genere - ha sottolineato Manfredonia - è una delle tante penalizzazioni a carico delle donne. Ma non si tratta solo di differenza remunerativa, anche se il fatto che una donna percepisca meno di un uomo, ancora nel 2023 a parità di mansione e di livello, è immorale. Parlare di lavoro al femminile significa prima di tutto garantire un lavoro buono, un lavoro che restituisca la dignità. In questo senso - ha proseguito Manfredonia - l’analisi elaborata dalla nostra Area Lavoro, in collaborazione con il Caf Acli e con il nostro Iref (l’Istituto di Ricerca delle Acli) sui dati di oltre 760.000 modelli 730 presentati presso gli sportelli del Caf, ci restituisce una fotografia che, anche se non generalizzabile e relativa ai redditi individuali, ci colpisce nel profondo. Un dato tra tutti: quasi la metà delle donne sotto i 35 anni ha un reddito da povertà assoluta o che le colloca in una situazione vulnerabile e a rischio povertà, soprattutto di fronte ad un avvenimento familiare come un anziano che si ammala in modo significativo, un divorzio o la nascita di un figlio (considerato anche che quasi metà delle mamme di bambini 0-6 anni non lavora o smette di lavorare). Tra i 30 e i 34 anni, l’età media delle mamme dei neonati, sono il 40% le donne in questa situazione.

Le strade da intraprendere

Questi dati ci dicono - ha evidenziato il presidente nazionale - che, in questi ultimi tre decenni, il lavoro si è impoverito e questo impoverimento, non solo materiale, ha contribuito a bloccare il Paese dal punto di vista sociale, rendendolo più diseguale soprattutto verso i giovani e le donne. Ma a perderci è l’economia del nostro paese, sia perché dietro questo impoverimento del lavoro c’è pochissimo gettito fiscale e pochissimi contributi per pagare le pensioni, sia perché, al tempo stesso, cresce il lavoro nero, “grigio e trasandato”, che produce consumando e bruciando risorse del nostro Paese, bloccandone la crescita.
Servono misure coraggiose, - ha affermato Manfredonia - e noi, come ACLI, abbiamo provato a indicarne alcune, tra cui:

- un salario minimo che non sia imposto da una legge, ma derivi dall’obbligo di tutti i datori di lavoro (incluse le catene di produzione e le PA) al rispetto dei minimi retributivi previsti dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative;

- un indice che misuri l’esistenza libera e dignitosa che, a norma di articolo 36 della Costituzione, le retribuzioni dovrebbero garantire, per stimolare il confronto ad ambire a condizioni che permettano non solo di sopravvivere;

- una penalità come la reintroduzione della scala mobile solo per i ritardi dei rinnovi dei contratti collettivi, per i quali non è più sufficiente la pur importante indennità di vacanza contrattuale.

- Investimenti nella scuola e nella formazione professionale, in un ruolo non più secondario o diradato nel territorio;

- una soglia di Guadagno Massimo Consentito, perché abbiamo un problema di troppa esagerata ricchezza, non del tutto guadagnata, portata a casa da tanti manager, da speculatori e multinazionali, che spesso danneggiano le nostre piccole imprese”.

Dal lavoro alla cura

Le ultime considerazioni di Manfredonia si sono infine soffermate sul passaggio dal lavoro alla cura perché come dice papa Francesco: “prendersi cura è un linguaggio nuovo, che va contro i linguaggi dell’egoismo”. “Inoltre - ha aggiunto - curare ci rende degni di abitare la terra. La cura non è solo un “lavoro umile”, ma deve attraversare la nostra esistenza deve interrogare le nostre azioni. Dobbiamo - ha concluso il presidente nazionale - sentirci più umani e rivestire di umano le nostre azioni verso gli altri e il creato”. La relazione di Manfredonia ha toccato le corde emotive dei presenti che hanno mostrato grande interesse alle sue parole. La riflessione del presidente nazionale ha sottolineato come il lavoro precario non solo minacci la sicurezza economica e sociale delle persone, ma abbia anche un impatto negativo sulla loro salute mentale e sul loro benessere generale. Manfredonia ha richiamato l'attenzione sul fatto che la lotta contro il lavoro precario non riguarda solo gli individui direttamente coinvolti, ma l'intera società, poiché mina la coesione sociale e alimenta l'ingiustizia.

Svergognare le differenze

Dopo la relazione di Manfredonia, è stato il turno di Paolo Rizzi, presidente dell'ENAIP Piacenza, che ha messo in evidenza come la cura scalda il cuore e porta alla felicità. Inoltre ha sottolineato lo scandalo della disuguaglianza degli stipendi dei mega manager rispetto a quelli medi: una questione etica di dignità. Secondo Rizzi bisognerebbe svergognare queste differenze ed ha sottolineato l'importanza di un approccio multilaterale per affrontare la questione del lavoro instabile. Il presidente dell’Enaip ha proposto l'implementazione di politiche che promuovano l'equità e la dignità nel mondo del lavoro, come la tutela dei diritti dei lavoratori, l'accesso a una formazione adeguata e la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti. Ha sottolineato inoltre l'importanza di favorire la collaborazione tra i diversi attori interessati, al fine di creare un'agenda comune per un futuro del lavoro più giusto e inclusivo.
L'incontro ha suscitato un grande interesse nei presenti che hanno sollecitato i relatori con diverse domande. L'atmosfera carica di speranza e determinazione ha dimostrato che, nonostante le sfide che il lavoro precario impone, esiste una volontà di cambiamento e una voglia di costruire un futuro migliore.

Riccardo Tonna



Pubblicato il 1°giugno 2023

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