Bardi ha ricordato la devota Margherita
Ci sono dei luoghi che racchiudono tracce di storie accadute diversi secoli fa. Luoghi che rimarrebbero muti nel loro segreto se queste storie non fossero state impresse nella memoria orale. Sulla montagna emiliana, nella parrocchia di Costageminiana, provincia di Parma, diocesi di Piacenza-Bobbio, gli abitanti si sono trasmessi di generazione in generazione la storia di Margherita Antoniazzi, la Devota della Costa. Vissuta nel XVI secolo, questa piccola grande donna è stata oggetto di due tentativi di beatificazione nel 1618 e nel 1621, interrotti, e un processo in corso, aperto nel 1999 dal vescovo Luciano Monari.
Recentemente è uscito presso la Libreria editrice fiorentina l’ultimo libro che riprende la figura e le azioni di Margherita Antoniazzi, autore il presbitero Sandro Lagomarsini, da 54 anni parroco in val di Vara (La Spezia). “La Devota della Costa. Il genio di Margherita Antoniazzi (1502-1565)” è stato presentato a fine settembre nella Sala Lituania della Casa della Gioventù di Bardi. Hanno organizzato l’incontro, animato dalle musiche rinascimentali eseguite alla chitarra classica del maestro Emilio Arfaras e seguito da un folto e attento pubblico, la parrocchia e il comitato “Devota Margherita Antoniazzi”.
Ha esordito Giuseppe Conti, degli Amici della parrocchia di Bardi, con una premessa storiografica sul contesto dello Stato Landi nel periodo in cui vissero la Devota e il principe Agostino Landi, scomparso dieci anni prima della Devota. Agostino era un uomo di corte, potente, dedito alla cultura e all’amministrazione di uno Stato. Il suo nome figura come mandante dell’assassinio di Pier Luigi Farnese. Margherita, figlia maggiore di contadini poveri, aveva lavorato da bambina come pastorella presso due famiglie a Varese ligure e a Sarizzuola, e dopo essere guarita dalla peste che le aveva sottratto la madre, fece della propria vita una risposta a Dio nella preghiera e nella carità. Due persone così diverse, appartenenti a due ceti diversi, si incontrarono: davanti ad Agostino, che cercava di dissuaderla per compiacere il parroco che temeva una competizione, Margherita seppe restare ferma nel suo proposito di costruire un’altra chiesa a fianco della parrocchiale, nella quale si ritirò con altre giovani, e la sua straordinarietà ottenne il consenso e l’aiuto del conte per edificarla. Il quale in seguito, così come la povera gente del tempo, ricercò la Devota per avere una benedizione sui propri figli.
Lagomarsini, incuriosito dai luoghi margheritini ai quali è stato indirizzato da alcuni amici, si è messo sulle tracce delle fonti - documenti, testimonianze, biografie, articoli - che ricordano il passaggio di questa piccola grande donna nella montagna piacentina. Ha inquadrato la vita nella Devota nella storia delle donne cristiane di ogni tempo e nella riforma dal basso di alcune esperienze di carità del 500. Dietro ai fatti ha cercato di scorgere il loro valore simbolico e di fare emergere ciò che caratterizza la testimonianza cristiana di Margherita Antoniazzi: l’esercizio della carità e la creazione di una scuola popolare per i bambini poveri. L’essere illetterata non le ha impedito di provvedere un’istruzione, attraverso le sue compagne scolarizzate, ai figli e alle figlie dei contadini che al povero ma generoso monastero trovavano benefici per le loro molteplici necessità. Un altro aspetto sottolineato dall’autore è il carattere laico della nuova famiglia creata da Margherita che dal segno del battesimo ricava la partecipazione di tutti i credenti all’opera di Dio.
Don Mario Cappelletti, parroco di Costageminiana e moderatore dell’unità pastorale di Bardi, ha rilevato che Margherita Antoniazzi è una figura ancora poco nota al di fuori del territorio. Perciò per divulgarne la storia sono state organizzate alcune conferenze a Parma e a Bardi e altri interventi di diversa natura. “Ho notato – ha continuato il parroco - che ogni ricercatore, sulla base delle fonti, si è costruito una lettura particolare della storia di Margherita. Questo può essere a vantaggio di ognuno di noi. Una figura come la sua dovrebbe aiutarci a camminare, a costruire un mondo che valga la pensa di essere vissuto e donato a chi viene dopo di noi. Il miracolo di Margherita è stato quello di esistere e operare in un periodo storico difficile e drammatico. Anche il nostro ha le sue ombre, sta a noi cercare di intercettare nella sua storia quanto può esserci di aiuto. Margherita ci ha donato di saper guardare all’altro, che è lo specchio di ognuno di noi: davanti a chi mi sta di fronte so di esistere. Quel qualcuno lo devo amare, non giudicare. Margherita non ha mai giudicato ma ha sempre donato se stessa. Questo è un grande insegnamento per noi oggi. Ringrazio don Sandro perché ci richiama l’attenzione a figure che noi dimentichiamo se non sull’altare. Stiamo lottando per mettere un’ulteriore statua sugli altari delle nostre zone. Ma non ci serve. Ci serve invece capire, conoscere, e amare questa figura al di là che poi diventi una santa, una beata o una venerabile. Al momento è una serva di Dio come ognuno di noi che segue il cammino del vangelo”.
Pubblicato il 30 ottobre 2019
Laura Caffagnini
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