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La dottrina sociale della Chiesa, un perno del magistero di Wojtyla

 karol

 

“Un uomo, un santo, che ha fatto la storia del ‘900”. Così don Celso Dosi ha definito Giovanni Paolo II nell’incontro, avvenuto su piattaforma Meet Google, mercoledì 8 luglio, organizzato dalla sezione dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti di Piacenza.
“È ancora vivo nel nostro ricordo - ha proseguito - l’invito ad aprire le porte a Cristo, di Giovanni Paolo II, all’inizio del suo pontificato. Un appello ad essere coraggiosi nel testimoniare il Vangelo a tutti”. I suoi viaggi nel mondo intero, ha visitato 127 paesi e alcuni più di una volta, ne sono un prova.
La dottrina sociale della Chiesa, secondo don Celso, è stato un perno del suo magistero e nell’enciclica Sollicitudo Rei Socialis del 1987, Karol Wojtyla, riprendendo l’accezione di chiesa «esperta in umanità» afferma che essa “ha una parola da dire oggi, come venti anni fa, ed anche in futuro, intorno alla natura, alle condizioni, esigenze e finalità dell'autentico sviluppo ed agli ostacoli, altresì, che vi si oppongono”. Inoltre “ La dottrina sociale della Chiesa non è una «terza via» tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un'ideologia, ma l'accurata formulazione dei risultati di un'attenta riflessione sulle complesse realtà dell'esistenza dell'uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e del la tradizione ecclesiale”.
La prospettiva su cui si fonda l’argomentare di Giovanni Paolo II è essenzialmente antropologica e - secondo il relatore - si coglie chiaramente nell’enciclica Redemptor Hominis del 1979, al n.10, in cui il papa afferma che la Chiesa deve dirigere “lo sguardo dell'uomo e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo” e “ aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù”.

Le questione economiche e sociali affrontate  in maniera antropologica e teologica

Nella Centesimus Annus, enciclica del 1991, ci sono molti cenni - secondo don Dosi - all’economia di mercato che si fonda sulla libertà dell’uomo, ma anche sulla sua responsabilità in campo economico. Ne risulta quindi che il profitto è legittimo, è un buon indicatore dell’andamento dell’impresa, ma non deve essere il criterio unico. Giovanni Paolo II valuta positivamente l’economia di mercato, però mette in guardia contro certe concezioni, estremamente liberiste, che tendono a schiacciare la persona umana.
Nella Laborem Exercens, enciclica del 1981, si evince chiaramente questo pensiero perché “nel lavoro, mediante il quale la materia viene nobilitata, l’uomo stesso non subisca una diminuzione della propria dignità...Tutto ciò depone in favore dell'obbligo morale di unire la laboriosità come virtù con l’ordine sociale del lavoro, che permetterà all'uomo di «diventare più uomo» nel lavoro”.
Infine don Celso ha sottolineato il tema del benessere dell’intera umanità, citando il n. 15 della Sollicitudo Rei Socialis, dove si afferma che “il sottosviluppo dei nostri giorni non è soltanto economico, ma anche culturale, politico e semplicemente umano, come già affermava l'Enciclica Populorm Progressio. Sicché, a questo punto, occorre domandarsi se la realtà così triste di oggi non sia, almeno in parte, il risultato di una concezione troppo limitata, ossia prevalentemente economica, dello sviluppo”.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 12 luglio 2020

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