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Lupi o pecore?

umiltà scegliere se siamo lupi o pecore

«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno, daranno falsa testimonianza, vi consegneranno, ma non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora lo Spirito del Padre vostro che parla in voi».
La nostra partita per vivere degnamente queste parole è riconoscere se siamo l’una o l’altro.
Se siamo pecore, abbiamo Cristo come pastore e affronteremo la vita con qualcuno che ci indica la via.
Se siamo lupi invece, ci dimostreremo incapaci di accettare il minimo rimprovero, sordi ai messaggi del Signore, troppo reattivi a causa dell’orgoglio ferito mascherato da eccessiva sensibilità.
Una parola allora diventerà una montagna da scalare.

Il Signore ci dà una cura: essere semplici come colombe, retti. Il nostro parlare sia chiaro, prudente, il nostro comportamento sia selettivo per non ricadere nell’idolatria cercando aiuti diversi da Dio Padre.
Il rischio è inciampare nelle proprie iniquità, nel peccato, nella propria cecità che nasconde la nostra vera identità e non ci consente di accogliere l’aiuto dal Cielo.
Quando incontriamo ostacoli dall’esterno, prima di accusare gli altri, analizziamo noi stessi.
Noi siamo la causa della nostra caduta e anche questo ci fa essere lupi, portandoci a diventare aggressivi.
Se si è pecore invece, in qualsiasi difficoltà reale o faticosa che ci colpirà, il Signore sarà al nostro fianco e noi lo permetteremo.

L’umiltà ci difende prima di tutto da noi stessi e poi dagli altri, ci fa riconoscere le nostre tenebre e le nostre ombre.
Ognuno ha un morto sulla propria coscienza, tra parole e sguardi cattivi, giudizi espressi malamente, bugie celate; il Signore può liberarci dal sangue versato, ci offre il suo aiuto per vedere i segni che lasciamo per strada perché prima di tutto noi siamo attori, anche perfidi e colpevoli.
Rivediamo la nostra vita e guardiamo il nostro peccato, senza temere chi ci calunnia, ma avendo cura del male che noi possiamo fare ma che non sappiamo vedere.
Il Signore di fronte alla morte fisica ci dona vita eterna e Paradiso, il nostro dovere è vigilare sulla morte della nostra anima.

Estratto dalla Lectio mattutina
di madre Maria Emmanuel Corradini,
abbadessa del Monastero benedettino di San Raimondo,
del 10 luglio 2020, Matteo 10,16-23

a cura di
Gaia Leonardi


Pubblicato il 29 luglio 2020

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