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Mons. Viganò a Roveleto: alla Chiesa manca un uomo di strategia

vigano

“Alla Chiesa di oggi manca un uomo come il card. Martini: un uomo non di tattica ma di strategia, che sapeva sognare e osare parole di profezia”. Parole di mons. Dario Edoardo Viganò, ospite eccezionale a Roveleto, dove ha conversato con don Umberto Ciullo di fede, Chiesa e cinema.
Viganò dal 1998 vive a Roma prima impegnato con la Cei, poi l’Università Lateranense, l’incarico come direttore del Centro Televisivo Vaticano con papa Benedetto XVI, dal 2015 al 2018 Prefetto della Segreteria per la comunicazione (con il mandato di accorpare e riorganizzare i mass media vaticani, rendendoli più efficienti e più moderni) e dal 2018 è assessore del Dicastero per la Comunicazione.

La passione per il cinema

“Ti occuperai di cinema mi disse l’allora vescovo di Milano, il card Martini - racconta mons. Viganò- e così feci un dottorato di ricerca. Cinema che mi ha cambiato in due aspetti: saper ascoltare chi non appartiene al mio mondo ecclesiastico e imparare ad affinare lo sguardo”. Cinema che è anche il tema del suo ultimo libro, “Lo sguardo, porta del cuore”, che pone al centro quello neorealista, una cultura cinematografica cara a papa Francesco che ha poi coltivato e arricchito nel corso del tempo e di cui il suo pontificato è nitida testimonianza: non sono rare, infatti, le occasioni in cui il Papa ha fatto riferimento a questo o quel film perfino nei grandi testi del suo magistero.
“Il neorealismo è nato dopo la Seconda guerra mondiale, un conflitto che aveva lasciato distruzione, bambini senza famiglie, mariti e figli dispersi. La guerra ha lasciato un’Italia ferita in modo radicale, lo stesso ha fatto il Covid. La pandemia ha ridotto il lavoro e per alcuni non c’era più, affetti cari sono stati sottratti nella solitudine. Ora è importante riallenare lo sguardo perché non si radichi nel presente tragico ma possa indicare una prospettiva”.

Uomo di comunicazione di ben due Papi

“Quando papa Benedetto XVI diede le dimissioni ero appena arrivato – prosegue mons. Viganò-, c’era grande confusione e tante richieste da parte delle tv internazionali, così decidemmo di girare noi il viaggio del Papa. Ben 19 camere a riprendere, un elicottero che registrava il passaggio del Papa dal Vaticano a Castel Gandolfo”. Emozionante la ripresa del carrello dell’elicottero che si stacca da terra e che “con un’immagine racconta che un pontificato è finito” ma anche la ripresa che mostra Benedetto XVI in volto quando entra a Castel Gandolfo, “segno di accoglienza”.
“Quando Francesco diventa Papa  tutti volevano fare un film con lui, sono arrivate in Vaticano oltre 200 richieste. Così ho pensato:  se c'è questo interesse, perché il film non lo facciamo noi?”.
Così grazie alla caparbietà di mons. Viganò ha preso vita il docufilm "Papa Francesco - Un uomo di parola", produzione del regista tedesco Wim Wenders in cui Bergoglio affronta i temi a lui più cari dalla giustizia sociale alla crisi ecologica, e che presto sarà disponibile su Netflix.

Erika Negroni 

Pubblicato il 10 novembre 2021

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