Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Cattolica: Bertoni e Tabaglio
“in missione” in Congo e in India

Prosegue il progetto sperimentale dell’Ateneo di Piacenza nel quale sono coinvolte le Facoltà
di Scienze agrarie, alimentari e ambientali. L’obiettivo è produrre cibo sufficiente, sicuro e sostenibile

BertoniTabaglio Megahalaya

“Produzione di cibo appropriato: sufficiente, sicuro e sostenibile” è il titolo del progetto che vede in questi giorni in Repubblica Democratica del Congo gli studiosi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza Giuseppe Bertoni e Vincenzo Tabaglio. Nelle prime settimane di marzo 2016, infatti, Bertoni, responsabile del progetto, già ordinario di Zootecnica speciale e dal 1996 al 2012 direttore dell’Istituto di Zootecnica, e Tabaglio, professore associato di Agronomia e coltivazioni erbacee presso il Dipartimento di Scienze delle produzioni vegetali sostenibili, saranno nel Paese africano. Nel periodo aprile-maggio, raggiungeranno poi, nell’ambito della stessa iniziativa, l’India.

I due viaggi sono una delle periodiche visite che gli studiosi stanno compiendo da quando il progetto sperimentale, finanziato dalla Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi, è stato avviato nel 2011 per sei anni. L’iniziativa coinvolge diverse realtà della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali: il Dipartimento di Scienze delle produzioni vegetali sostenibili, l’Istituto di Zootecnica, l’Istituto di Chimica agraria e ambientale, l’Istituto di Microbiologia, il Dipartimento di Economia agro-alimentare e l’Azienda sperimentale Cerzoo.
“L’obiettivo - spiegano i due accademici - è individuare nuovi modelli di sviluppo agricolo e sociale sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo”.


“Non basta 
ridurre gli sprechi”

“Il progetto - riferiscono - ha portato alla creazione di tre Centri Pilota: uno in un Paese a basso sviluppo, nella Repubblica Democratica del Congo, a Kabinda, dove opera don Roger Nyembo Nyembo, già parroco di Muradolo e laureato nella nostra Facoltà; un secondo in un Paese a medio sviluppo, in India, nel piccolo stato del Meghalaya; un terzo in un Paese sviluppato, cioè in Italia, presso l’Azienda sperimentale Cerzoo, in località San Bonico, a Piacenza”.
“Il dato di partenza - spiegano - è che oggi la popolazione mondiale è più di 7 miliardi e nel 2050 sarà di oltre 9 miliardi. Compito etico dell’agronomo è dare cibo a tutti in modo sostenibile. Ma come fare? E come farlo in maniera sostenibile? Il problema coinvolge sia i Paesi sviluppati sia quelli in via di sviluppo. La riduzione degli sprechi nel cibo, infatti, è un obiettivo da perseguire, ma è illusorio pensare che questo risolva i problemi di alimentazione del mondo. Anche perché alcuni sprechi sono connaturati al sistema produttivo: nei Paesi in via di sviluppo si localizza, in maggior parte, nella fase della produzione di campo e della conservazione delle derrate, nei Paesi sviluppati in quella di post-raccolta, a livello di distribuzione e casalingo”.
Ecco, quindi, il perché di un progetto così articolato, con la creazione dei tre centri, intesi come poli di sviluppo locali, interfacciati in modo permanente con la Facoltà e nati in realtà diverse tra loro. “In tutti e tre - dicono gli studiosi - la parola d’ordine è: revisione dei sistemi agrari verso un’intensificazione sostenibile delle produzioni. In ognuna delle tre differenti situazioni, tuttavia, le azioni messe in atto sono state diverse”.


BertoniTabaglio kinshasaUno sviluppo 
che nasce dal basso

“In Repubblica Democratica del Congo e in India - continuano Bertoni e Tabaglio - il progetto ha previsto la costituzione di un gruppo locale di setto-otto tecnici in grado di trasferire la conoscenza agricola, ma anche a livello di alimentazione, salute e socialità, alla popolazione. Noi siamo i formatori di questi tecnici, di modo che, grazie alla loro capacità di mediazione e comunicazione nel dialetto locale, essi possano impostare lo sviluppo agricolo. Abbiamo voluto, infatti, uno sviluppo che nascesse dal basso, senza grandi infrastrutture che queste persone non possono permettersi, evitando così il rischio sempre frequente che, una volta partito l’occidentale, l’iniziativa muoia. Detto in altre parole: invece di portare là il trattore, noi vogliamo che siano loro a imparare tecniche migliorate, collegate al grado di accettabilità da parte della popolazione”.
I Centri Pilota sono stati creati appoggiandosi a strutture cattoliche locali che i ricercatori conoscevano: in Congo, con la collaborazione della diocesi di Kabinda, nella parrocchia in cui opera don Roger Nyembo Nyembo; in India, in una parrocchia gestita dalla Missionary Congregation of the Blessed Sacrament. Il progetto, che fa riferimento il più possibile a collaborazioni con strutture di ricerca e università locali, prevede che il Centro Pilota operi a livello diocesano, per diffondersi progressivamente per gemmazioni periferiche.


Il coinvolgimento 
delle donne

“Siamo partiti - spiegano i professori - dall’individuazione della qualità dell’alimentazione locale e dei suoi effetti. Spesso, infatti, in queste zone non siamo di fronte a una carenza totale di alimenti, ma a una malnutrizione caratterizzata da un eccesso di amidi e una bassa quantità di proteine e grassi. A partire da questo, quindi, l’obiettivo è migliorare la produzione di cibo sufficiente, sicuro e sostenibile. In che modo? La nostra idea è stata quella di attivare, grazie ai tecnici, dei circoli di donne, in quanto, soprattutto in Congo, il lavoro agricolo è tutto a loro carico. Questi circoli sono stati chiamati ad affrontare in gruppo i problemi alimentari, igienici, di allevamento e coltivazione. E sono stati questi stessi gruppi a dare l’input dell’attività con cui, attraverso progetti di microcredito, volevano partire: qualcuno ha scelto un allevamento di pulcini, altri hanno optato per i telai per fare i vestiti, altri ancora per l’orticoltura...”.
“La bella esperienza che stiamo vivendo - continuano - è aver creato e veder crescere questo spirito di gruppo, che dovrà progressivamente dilagare coinvolgendo altre famiglie. E abbiamo avuto anche la sorpresa positiva di aver visto nascere attività teatrali, attraverso cui, nelle feste di villaggio, le persone mettono in scena messaggi di tipo educativo: ad esempio, il fatto che anche l’uomo, non solo la donna, dovrebbe lavorare in campagna, o l’importanza di qualche forma di emancipazione femminile”.


Imparare 
a camminare da soli

“Per quanto riguarda l’Italia, invece - riferiscono -, il punto è l’agricoltura vista con i problemi di compatibilità ambientale. Anche in questo caso, la parola d’ordine è revisione dell’agricoltura convenzionale, nel senso del mantenimento dell’attuale produttività, ma riducendo, se non annullando, i problemi ambientali: inquinamento, riduzione della sostanza organica nel terreno e della biodiversità, emissioni di gas serra...”.
“Per raggiungere quest’obiettivo - proseguono -, l’attività dell’Azienda Cerzoo della Facoltà è stata suddivisa in due metà, in modo da poterle comparare: in una abbiamo applicato le tecniche di agricoltura conservativa, ossia sostenibile, nell’altra continua invece quella convenzionale. Lo scopo è far vedere quale potrà essere l’agricoltura sostenibile nel futuro”.
Sul progetto complessivo è uscita da poco anche una pubblicazione, dal titolo “Produzione e uso del cibo. Sufficienza, sicurezza e sostenibilità”, a cura di Giuseppe Bertoni (2015, Egea), con i risultati del primo triennio. “Il nostro bilancio - riflettono i due studiosi - è oggi positivo. Innanzitutto, abbiamo migliorato la nostra capacità di comprensione delle situazioni, perché siamo entrati più nel vivo dei problemi, dei bisogni e di come risolverli. Stiamo vedendo, inoltre, che questo modello, basato sull’inculturazione dal basso, sta procedendo bene. Da subito, abbiamo spiegato che progressivamente i Centri Pilota devono essere in grado di camminare da soli e auto-reggersi nel tempo. E vediamo che ciò sta accadendo”.

Laura Dotti

Articolo pubblicato sull'edizione di venerdì 4 marzo 2016

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente